Un’inchiesta condotta dai media danesi Politiken e Danwatch, in collaborazione con L’Espresso e il consorzio investigativo EIC, può rivelare come l’Unione abbia fornito oltre 80 milioni di euro ad Ankara per l’acquisto di mezzi militari blindati, apparecchi per la sorveglianza e navi per il pattugliamento delle frontiere.
Fra le centinaia di contratti legati alla gestione dei profughi siriani e all'avvicinamento del paese agli standard Ue, infatti, non ci sono solo aiuti umanitari. Ma anche il supporto tecnico per quella che si presenta ora come una frontiera invalicabile. E che rischia di diventare un monumento imbarazzante per l’Europa dei diritti.
Perché quei sistemi bellici regalati alla Turchia sono ora al centro di un fronte di guerra. Nelle mani dello stesso esercito impegnato ad attaccare i curdi, alleati dell’Occidente, in un’operazione estranea a ogni regola internazionale e che sta provocando centinaia di morti. Come ad Afrin, nella Siria settentrionale, dove le milizie appoggiate dai turchi stanno operando un massacro.

«In base alla convenzione di Ginevra è vietato respingere rifugiati», commenta Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 stelle esperta di questioni migratorie: «ma chiaramente l’Unione non lo può controllare, questo, in territorio Turco».
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Hanno contribuito all'inchiesta: Emilie Ekeberg, Danwatch - John Hansen, Politiken - Craig Shaw, The Black Sea - Zeynep ?entek, The Black Sea - ?ebnem Arsu, The Black Sea - Francesca Sironi, L'Espresso - Maximilian Popp, Der Spiegel - Hanneke Chin, NRC