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Inchieste
ottobre, 2019

L'ex segretario Fifa Jérôme Valcke, la villa di Lele Mora e i diritti tv del Mondiale al Qatar

Jérôme Valcke e due immagini della ex villa di Lele Mora (dal film Videocracy)
Jérôme Valcke e due immagini della ex villa di Lele Mora (dal film Videocracy)

Un accordo tra il manager e il potente tycoon di Doha e proprietario del Paris Saint-Germain, Nasser Al-Khelaïfi con al centro l'ex residenza in Costa Smeralda dell'agente televisivo. Nuove accuse sul torneo del 2022, già finito nelle cronache per i casi di corruzione

Jérôme Valcke e due immagini della ex villa di Lele Mora (dal film Videocracy)
La maratoneta Sara Dossena, soccombendo all’afa che incollava l’aria (umidità al 73 per cento, di notte), si è dovuta ritirare. «Sono svenuta, sono stata costretta a fermarmi», raccontava a fine gara: «Faceva troppo caldo, il mio fisico è esploso». I mondiali di atletica da poco terminati in Qatar saranno ricordati non per i record agonistici ma per le crisi degli sportivi frastornati dalle temperature e per l’energia divorata dai climatizzatori, oltre che per gli spalti vuoti.

Ma le critiche, così come l’embargo della vicina Arabia Saudita, non sembrano riuscire a fermare l’emirato fondato sulla più alta concentrazione di ricchezza al mondo. Trecento miliardi di Pil lanciati di corsa verso il prossimo mega appuntamento sportivo atteso a Doha: i mondiali di calcio del novembre-dicembre 2022. Sì, d’inverno, perché in estate (quando di solito si disputa il torneo) il termometro arriva a 50 gradi. Tifosi e calciatori saranno accolti da stadi futuristici, refrigerati a ghiaccio in mezzo al deserto, in strutture già a buon punto grazie a masse di lavoratori senza nome (quasi tutti migranti nepalesi in condizioni di sostanziale schiavitù, di cui più di 1.400 morti durante la costruzione degli stadi e delle strade, secondo le autorità di Kathmandu).

I dubbi sociali, ambientali, politici (il governo di Doha appoggia tra l’altro la guerra della Turchia contro i curdi), non riguardano però solo il Qatar. Ma l’intero sistema globale del calcio. Diverse indagini stanno cercando infatti di fare luce su come interessi e regalie sembrano aver ingolfato la sede della Fifa al momento di stabilire sedi e diritti tv dei prossimi mondiali. Fra questi, c’è anche il tabellone assegnato a Doha. Una serie di documenti esclusivi analizzati da L’Espresso con Mediapart, Der Spiegel, Tamedia, e le altre testate del consorzio investigativo europeo EIC, rivela ora nuovi elementi su una vicenda chiave di quella stagione: l’attivismo dell’ex segretario generale della Federazione, Jérôme Valcke, nei confronti di uno degli uomini più influenti dell’emirato, Nasser al-Khelaïfi, proprietario del Paris Saint-Germain e della catena televisiva beIN sports.
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Al centro della vicenda c’è una lussuosa villa di Porto Cervo: 438 metri quadri, 13 camere con piscina a vista sul mare azzurro di una delle più invidiate insenature della Costa Smeralda. Nel 2013 viene acquistata da una società dove si triangola il rapporto fra il segretario generale della Fifa e il proprietario del Psg. Sull’acquisto sta indagando la magistratura federale svizzera, che con la Guardia di Finanza di Sassari ha sequestrato la villa nel 2017. Da allora è sigillata. Alcuni documenti inediti, consultati dai giornalisti di EIC, raccontano adesso i retroscena su quel buen ritiro sardo. Una storia a cui non manca l’ironia dei ritorni: la villa in questione è la stessa dove Lele Mora trascorreva le sue estati fra tronisti e veline. L’ex re dei festini berlusconiani è stato infatti padrone e anfitrione fino al 2008. Nel pieno del suo fallimento la proprietà venne comprata da un’immobiliare di Brescia a lui vicina, la “Pleiadi” di Luigi Angelo Zavaglio (ex manager del Billionaire Beach) e di una fiduciaria di Giovanni Semeraro. Viene venduta cinque anni dopo per 5 milioni di euro a una società del Qatar.

Jérôme Valcke era un uomo potente. Da segretario generale della Fifa, le più importanti decisioni della Federazione passavano da lui, oltre che dalla scrivania dell’ex presidente Sepp Blatter. Nell’estate del 2013 Valcke è un uomo felice. Intanto perché è ricco: riceve 120 mila euro al mese di stipendio, incassa 15 milioni di bonus - e si fa prendere dai lussi. Tanto da abusarne un po’, come per i voli su jet privati a spese Fifa: uno dei motivi per cui verrà sospeso pochi anni dopo da ogni incarico. Nel luglio di quel 2013, hanno rivelato i Panama Papers, apre una società offshore, domiciliata alle Isole Vergini britanniche. Serve come porta bandiera di uno yacht di 32 metri. Costa 2,8 milioni di euro. L’anno seguente Valcke porterà la barca in un cantiere navale di Pisa per rimetterla a nuovo, spendendovi altri 15 milioni, raccontava allora Il Tirreno.

Ma è solo l’inizio dell’estate da re Mida del dirigente francese. Il 30 agosto infatti, mostrano i nuovi documenti ottenuti dal consorzio EIC e L’Espresso, Valcke avanza una proposta d’acquisto per la dimora sarda. L’offerta viene accettata dall’immobiliare bresciana ai primi di settembre. «La casa di Porto Cervo mi è stata confermata questa sera. Sono proprietario a Porto Cervo!!» scrive lui la sera stessa a un suo contatto. Sarà sua la dimora chiamata “Villa Bianca” forse per via del colore preferito da Lela Mora: che aveva voluto che gli interni, come i suoi vestiti, fossero tutti immacolati. Bianco è anche il divano da cui mostrava, in “Videocracy”, la suoneria fascista del suo cellulare, Faccetta Nera. Ma questo è il passato. Valcke sta per diventare il nuovo padrone di casa. In quei giorni dà istruzioni a un istituto finanziario su come «finalizzare l’acquisizione». Non servono prestiti, spiega, grazie «a un’entrata straordinaria di fondi che copre il costo dell’operazione, ovvero cinque milioni di euro».

Da chi arriva, quel sostegno straordinario? Documenti in possesso della procura federale svizzera mostrano che inizialmente era previsto che il supporto arrivasse da Nasser al-Khelaïfi, l’influente businessman che sta trattando con la Fifa i diritti tv dei mondiali. L’atto di vendita è datato 8 novembre. A firmare il contratto doveva essere l’allora moglie del manager francese, l’ex concorrente di Miss Italia Ornella Stocchi. Il 30 ottobre, una settimana prima di festeggiare dal notaio, Valcke redige e stampa un documento che «sembra aver consegnato a Nasser al-Khelaïfi», scrivono i procuratori federali in una nota di sintesi. Si tratta delle istruzioni perché il facoltoso qatariota si faccia carico delle spese.

«Devi firmare […] per dare mandato all’avvocato di firmare l’atto di vendita al tuo posto» scrive l’allora segretario generale della Fifa: «È tutto ok». Quindi precisa che serve «un trasferimento di cinque milioni all’inizio della prossima settimana sul conto del notaio. Devi indicare il motivo del bonifico. Causale: costo d’acquisto e tasse di una proprietà a Arzachena, Porto Cervo. Bisogna fare anche un bonifico di 200 mila euro sul conto di … per le spese d’agenzia».
Nasser Al-Khelaïfi

È tutto pronto. Ma all’ultimo momento, l’operazione viene annullata. A comprare ufficialmente la lussuosa proprietà sarà, il 31 dicembre dello stesso anno, una società con sede in Qatar, la “Golden Home Real Estate”. L’amministratore, Abdelkader Bessedik, è un avvocato francese che vive a Doha. Suo fratello Ahmed è considerato un uomo ombra di al-Khelaïfi. Non solo. Rispondendo alle domande del consorzio Eic, è lo stesso avvocato di Bessedik a spiegare: «Il titolare della società, al momento dell’acquisto, era al-Khelaïfi. In effetti, il mio cliente non poteva comprare un immobile attraverso una compagnia qatariota prima d’aver ricevuto un’autorizzazione. Questa è arrivata subito dopo la vendita; a quel punto il mio assistito è diventato proprietario della Golden Home. I fondi erano suoi».

Dall’inizio del 2014 Valcke passeggerà in terrazza: secondo Le Monde, che ha avuto accesso al contratto firmato il primo luglio del 2014, la affitta dall’aprile del 2014 attraverso la sua società offshore. Canone: 96 mila euro all’anno, da cui deducibili i costi di manutenzione e gli eventuali acquisti di mobili. L’avvocato di Bessedik spiega che ci sarebbe stato un accordo verbale, in un primo momento, che permetteva al manager di stare a Porto Cervo in cambio del pagamento delle «spese correnti e di qualche spesa di miglioramento». L’accordo venne «formalizzato» per iscritto solo tre mesi dopo, e l’ammontare dell’affitto «è stato fissato in modo da corrispondere, più o meno, a quanto avrebbe dovuto sostenere». Valcke ha risposto all’EIC di aver adempiuto ai suoi doveri e che «contesta formalmente di aver percepito un qualsiasi vantaggio indebito».

I documenti dimostrano quindi che al-Khelaïfi, il proprietario del Psg e della rete televisiva beIN, si è prodigato per il segretario generale della Federazione chiamata a decidere luoghi, regole e diritti del calcio. Il sospetto degli inquirenti è che il sostegno fosse collegato a un contratto: l’acquisto da parte di beIN dei diritti televisivi per il Medio Oriente delle Coppe del mondo 2026 e 2030. L’affidamento, deciso con largo e inusuale anticipo, vale 480 milioni di dollari. Una cifra alta, che potrebbe trovare una spiegazione sempre in quell’estate del 2013: se è un anno d’oro per le vacanze di Valcke, infatti, rappresenta invece un momento difficile per il Qatar, come mostrano i materiali ottenuti da Der Spiegel con Footbal Leaks. Nel 2013 l’emirato doveva affrontare due minacce: un rapporto del comitato etico della Fifa, guidato da Michael Garcia, sui sospetti di corruzione nell’assegnazione dei mondiali al Qatar. E il tergiversare della Federazione sullo spostamento delle partite in inverno. Indispensabile per evitare la fusione dei calciatori al caldo, ma anche una grana per il sovrapporsi con altri mega eventi sportivi come il Super Bowl, oltre che per la necessità di riorganizzare i calendari dei campionati nazionali. Insomma, spine. I partner commerciali del Qatar però, assicurava all’epoca Valcke, erano pronti a compensare economicamente il rischio dei mancati incassi per la Fifa. Le riunioni e gli incontri si susseguono.

La Federazione firma la vendita dei diritti a beIN per 480 milioni. Pochi mesi dopo, nel 2014, accetterà lo spostamento in inverno. E a settembre rifiuterà di pubblicare il rapporto Garcia. Il fronte qatariota vince insomma su tutta la linea. «Mr. Valcke ha già detto nell’ottobre del 2017 di non esser stato l’autore delle decisioni prese nel merito, e di non aver influito sulle stesse in modo contrario ai suoi doveri», ha risposto alle domande di EIC il suo avvocato, Patrick Hunziker. Sulle trattative con beIN ribadisce che il suo assistito «non influisce né sulle negoziazioni né sulle decisioni, ma ne è informato», e che «contesta formalmente d’aver ricevuto un qualsiasi vantaggio. Il procedimento giudiziario è ancora in corso». E la villa? Avrebbe voluto intestarla alla moglie perché era cittadina italiana, «ma la sua previsione di poter sostenere la spesa si era rivelata errata». Sostiene che il fatto che il padrone di casa fosse un amico di al-Khelaïfi sia una coincidenza.

Nel febbraio del 2015, in occasione di un viaggio a Doha, Valcke riceverà un altro piccolo regalo dal Qatar, un orologio Cartier da 40 mila euro. Nei mesi successivi le indagini si appesantiscono, e a settembre verrà sospeso dalla Fifa. Il successo di Mida si è offuscato. Anche per la “Golden Home”. Nel 2017 si è trasferita dal Qatar all’Italia. All’inizio i soci sono due, Bessedik e un imprenditore nato in Qatar. Poi rimane solo l’avvocato francese. Ma anche nel suo caso, la villa, sequestrata, non luccica più.

LA REPLICA: «Il nostro cliente contesta fermamente d'aver commesso la minima infrazione», ha risposto il businessman qatariota alle domande di EIC, dopo la chiusura di questo articolo: «E denuncia quella che ha i contorni di una strumentalizzazione mediatica continua. Nel merito, si limiterà a ripetere che non è ne è mai stato proprietario della villa».

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