L'ultimo mese del 2019 ha segnato un record: tre operazioni sopra il Po con big della politica coinvolti in inchieste sui clan calabresi. Governatori, assessori regionali, consiglieri comunali indagati. Ed elezioni influenzate. La conferma di quanto la mafia calabrese sia radicata nel Paese

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Finanza, affari, politica. Dal network dell'avvocato, ex senatore e massone, Giancarlo Pittelli, uomo, secondo i pm di Catanzaro, del boss Luigi Mancuso. Ai tentacoli della 'ndrangheta stretti attorno ai potenti del settentrione. Il canovaccio criminale segue le stesse regole.

Lasciando la Calabria, cambiano i cognomi dei padrini, ma non la ritualità con la quale la ’ndrangheta organizza il banchetto per sedurre il potere. A giugno scorso la procura antimafia di Bologna ha messo sotto inchiesta 80 persone: uomini della cosca Grande Aracri e anche l’allora presidente del consiglio comunale di Piacenza, Giuseppe Caruso (Fratelli d’Italia, poi sospeso). Un’indagine che segue la sentenza storica del maxi processo Aemilia, dove il pm Beatrice Ronchi ha ottenuto tra rito ordinario e abbreviato 160 condanne su un totale di 200 imputati. Alla sbarra capi clan ma anche colletti bianchi, politici e imprenditori emiliani doc.

Il 2019 sarà ricordato a lungo in Valle d’Aosta. All’ombra del Monte Bianco comandando le ’ndrine originarie di San Luca, paesino ai piedi dell’Aspromonte: pioniere nella globalizzazione della mafia calabrese, le prime a creare un network del narcotraffico mondiale con basi strategiche in Germania, Belgio, Olanda e Sud America. Nella regione alpina più piccola d’Italia hanno trovato una calorosa accoglienza. Perciò hanno puntato in alto, alla politica, seguendo il protocollo che conoscono a memoria.

Risultato? Il governatore della Regione Antonio Fosson (già Union Valdôtaine, poi Stella Alpina) è indagato per voto di scambio, si è dimesso dopo la notizia del suo coinvolgimento. L’inchiesta della procura di Torino, in realtà, rivela molto altro: non il solo Fosson avrebbe chiesto voti alla ’ndrangheta dei Nirta di San Luca, ma anche i due governatori precedenti. Nelle inchieste sulle ’ndrine in Valle spunta anche il nome di Augusto Rollandin, ras della politica locale: più volte governatore della Regione, è stato assessore e anche senatore, a capo per tre anni del partito Union Valdôtaine, a marzo scorso condannato in primo grado per corruzione. E seppure non risulti indagato, avrebbe incontrato uno degli emissari del boss Nirta.

IL PAESE DELLE 'NDRINE, TRA POLITICA E LOGGE
La mappa delle “Locali”(gruppi strutturati) della ’ndrangheta. Degli ultimi casi (2019) di politici indagati per rapporti con i boss. E degli scioglimenti dei comuni per infiltrazione dei clan calabresi. (Cliccando sui cerchi è possibile scoprire i dettagli)


Nella rete dell’antimafia sono rimasti impigliati pure pesci piccoli della politica aostana: assessori regionali e consiglieri comunali. Vista dal suo crinale oscuro, Aosta non sembra distante 1500 chilometri da San Luca.

MILANO-TORINO
I voti come i soldi non hanno odore. Regola valida anche in Piemonte. Qui, sempre a dicembre, un altro pezzo da novanta della politica è finito sotto inchiesta per i voti comprati dai boss. Per Roberto Rosso, assessore regionale del centrodestra (Fratelli d’Italia), sono scattate le manette. Secondo i pm di Torino ha acquistato un pacchetto di voti al prezzo di 15 mila euro, 7.900 già pagati. L’ormai ex assessore si è difeso sostenendo che quei soldi servivano per la campagna elettorale. Rosso è stato deputato di Forza Italia dal 1994 al 2013, è stato sottosegretario e vice presidente della Regione ai tempi della giunta leghista di Roberto Cota.

La ’ndrangheta in Piemonte ha una storia antica. Il primo Comune sciolto per infiltrazioni della mafia al Nord è Bardonecchia. A metà anni ’90 le ’ndrine si erano prese già tutto. I mercati più redditizi, gli appalti, i servizi. E anche la politica. Che finge di non saperlo. Così dopo Bardonecchia, in anni assai più recenti, sono stati sciolti due Comuni della cintura torinese.

Il timbro delle cosche è evidente pure sull’alta velocità che conduce da Torino a Milano. Inchieste di qualche anno fa hanno dimostrato l’ingerenza delle cosche nei subappalti per la realizzazione dei lavori del tratto ferroviario.

Nella capitale morale d’Italia la ’ndrangheta è la vera protagonista del crimine. In centro, come in ogni paese dell’hinterland, dove gli inquirenti e i processi hanno accertato l’esistenza di almeno due dozzine di “Locali” (gruppi radicati sul territorio). A finire nella rete sono spesso politici, accusati di complicità con le ’ndrine padane: l’ultimo a giugno scorso, un consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Enzo Misiano eletto a Ferno, provincia di Varese.