Circa 780 mila euro in 13 mesi, fino ad almeno novembre 2019. Fondi che arrivano dal contributo spettante al gruppo parlamentare della Lega e che possono essere utilizzato solo per attività dello stesso (e non del partito). Per l’antiriciclaggio si tratta di bonifici sospetti. E ci sono altri 500mila euro "anomali"

Il 7 settembre 2018 Matteo Salvini attacca frontalmente la magistratura: «Mi piacerebbe che invece di correre dietro a soldi che non ci sono e a conti correnti italiani o esteri che pure non esistono, lavorasse più rapidamente, per esempio sulla strage del Ponte Morandi». L’allora ministro dell’Interno era furioso per la decisione del tribunale del Riesame che confermava il sequestro dei 48,9 milioni di euro. Quei soldi non ci sono più, hanno sempre sostenuto i leghisti. In realtà la Lega i denari, almeno in parte, li aveva. Si tratta ora di raccontare come siano usciti dai conti del partito, di come siano stati investiti e dei sospetti dell’Uif su centinaia di operazioni bancarie, alcune delle quali inviate a due procure: a quella di Genova, che indaga sul riciclaggio del tesoretto della truffa; e a quella di Roma, dove i pm hanno chiuso l’inchiesta sulla Più Voci, l’associazione fondata dal tesoriere del partito e usata, sostiene l’accusa, per incamerare donazioni private per il movimento, come aveva scoperto L’Espresso ormai due anni fa.

Nelle stesse ore in cui Salvini paragona le toghe italiane a quelle del regime turco di Erdogan, sui conti di Radio Padania arriva il primo bonifico disposto dal gruppo parlamentare alla Camera Lega Salvini premier. È la prima tranche di denaro pubblico incassata dall’emittente, che dal 7 settembre 2018 fino almeno al 20 novembre 2019 ha ricevuto 780 mila euro dal gruppo. «Gli impieghi principali della provvista derivante dai sopra indicati accrediti sono costituiti da bonifici in favore di beneficiari diversi per il pagamento di stipendi e di fatture», scrivono i detective antiriciclaggio. Traduzione: la cooperativa Radio Padania usa il malloppo per pagare gli stipendi dei giornalisti e anche fatture a società riconducibili alla coppia Andrea Manzoni-Alberto Di Rubba e ai soliti fornitori che da quando c’è Salvini alla segreteria del partito hanno fatto affari d’oro col Carroccio. Manzoni e Di Rubba sono i due commercialisti che hanno affiancato il tesoriere Giulio Centemero nella gestione delle finanze del partito. Il primo è revisore legale del gruppo al Senato, il secondo è direttore amministrativo di quello alla Camera.

Radio Padania, tuttavia, non solo si mette in tasca 780 mila euro dal gruppo della Camera dei Deputati, ma a partire dal gennaio 2017 fino al settembre 2018 ottiene pure oltre mezzo milione dalla Lega Nord, quella stessa Lega rimasta a secco di liquidità, come ripeteva Salvini pubblicamente. A questo gruzzolo vanno aggiunti altri 187 mila euro ricevuti dalla nuova Lega-Salvini premier. Ricapitolando, in due anni Radio Padania, tra denari pubblici del gruppo parlamentare e soldi del partito, si porta a casa oltre 1,2 milioni di euro.

I sospetti dell’antiriciclaggio si concentrano soprattutto sui fondi della Camera. Che tipo di servizio ha svolto Radio Padania per ricevere una fetta così rilevante di contributo pubblico? L’Espresso lo ha chiesto ai diretti interessati, Centemero e Manzoni: nessuna risposta. Di certo quasi un milione di euro in 13 mesi non è un prezzo di favore. I detective dell’antiriciclaggio spiegano anche per cosa può essere usato il contributo che Montecitorio ha assicurato ai gruppi: «Esclusivamente agli scopi istituzionali riferiti all’attività parlamentare e alle funzioni di studio, editoria e comunicazione ad essa ricollegabili, nonché alle spese per il funzionamento degli organi e delle strutture dei Gruppi, comprese quelle relative ai trattamenti economici». In pratica, è possibile spendere il contributo onnicomprensivo soltanto per attività che hanno a che fare con la vita del gruppo e non del partito.

Che servizio ha svolto Radio Padania per i deputati della Camera?, abbiamo chiesto sempre a Manzoni e Centemero, che però hanno preferito non rispondere. Nel palinsesto della radio non c’è un programma specifico sull’attività dei deputati leghisti e non è dato sapere se i leghisti abbiano utilizzato la radio per gestire l’ufficio stampa del gruppo. Sappiamo, però, che nel corso del 2018, in soli tre mesi (settembre-dicembre) l’emittente leghista riceve i primi 292 mila euro. Nello stesso anno il gruppo parlamentare iscrive a bilancio alla voce comunicazione la cifra di 201 mila euro. Inferiore, dunque, a quella incassata da Radio Padania. E allora non resta che confrontarla con un altro capitolo di spesa, le “collaborazione professionali”, pari a 314 mila euro. In mancanza di una spiegazione ufficiale, da noi richiesta, possiamo solo ipotizzare che i fondi destinati a Radio Padania siano stati spalmati su più voci di bilancio. Forse l’emittente è stata usata come jolly del gruppo, capace di assicurare studi, piani di comunicazione e prestazioni professionali? Impossibile dirlo. La cifra incassata in un anno è sicuramente da capogiro, in grado di risollevare le sorti della radio, data per spacciata alla fine del 2015 e poi in ripresa l’anno successivo, quando furono vendute le frequenze Fm.

IL VALZER DEI BONIFICI
Un affare che avrebbe potuto risollevare il conto economico della cooperativa, se non fosse che nel 2016 raddoppiano i costi di produzione, in particolare il pagamento di “servizi”. Un capitolo di spesa centrale nella trama finanziaria del Carroccio,come rivelato lo scorso anno da un’inchiesta del nostro settimanale, che ha pubblicato un documento dell’antiriciclaggio sulla girandola di bonifici sospetti disposti dal partito e da società collegate e diretti a srl riconducibili ai commercialisti chiamati da Matteo a gestire i conti del Carroccio.

Quel documento fotografava un flusso di svariati milioni di euro, evaporati dai conti del partito e dalle società controllate dalla Lega dal 2016 ai primi mesi del 2019. E destinati sempre agli stessi protagonisti e alle stesse aziende di fornitori “amici”. Porte girevoli di una forza, che ai tempi del governo e prima dell’accordo sosteneva di non potere restituire i 49 milioni della truffa. Ecco cosa scrivevano i detective dell’antiriciclaggio: la manovra «appare finalizzata alla ricezione di consistenti fondi dalla Lega Nord e da soggetti collegati a tale partito, sotto forma di pagamento di servizi e di prestazioni professionali, e alla successiva distribuzione di una parte rilevante dei medesimi fondi in favore di beneficiari diversi.

Alcune delle suddette società si pongono come mero tramite, rendendo, conseguentemente, dubbia l’effettività delle prestazioni rese». Indizi e sospetti finiti anche sul tavolo degli inquirenti di Genova, che già da prima indagavano sull’ipotesi di riciclaggio di parte dei 49 milioni. Radio Padania è tra le realtà leghiste intercettate dal radar dell’antiriciclaggio: anche la piccola cooperativa partecipa al valzer di pagamenti e fatture a imprese collegate ai commercialisti amici del tesoriere del partito, Giulio Centemero.

Prendiamo, per esempio, la piccola srl Sdc. Riceve da Radio Padania 526 mila euro in due anni, tra marzo 2016 a gennaio 2018, una media di 250 mila euro all’anno, si legge in una relazione della Uif depositata nell’inchiesta della procura di Roma per finanziamento illecito che vede coinvolti Centemero e Andrea Manzoni insieme al costruttore romano Luca Parnasi, accusati di aver usato l’associazione Più Voci per veicolare donazioni private al partito. Il periodo coincide sempre con l’inizio delle dismissioni delle frequenze e con i versamenti per oltre mezzo milione di euro che la radio riceve da Lega Nord tra il gennaio 2017 e settembre 2018.

Sdc è stata fondata nel 2016. Il capitale sociale versato al momento della fondazione, 10 mila euro, proveniva da un assegno circolare intestato allo Studio Dea, di proprietà dei soliti Di Rubba e Manzoni. Sul cui conto corrente, due giorni prima, la Lega Nord aveva accreditato un bonifico di cifra identica. Anche lo studio Dea ritorna spesso in questa storia di denaro pubblico usato per sfamare la propaganda padano-nazionalista. Il 15 febbraio 2019, infatti, la “Voce del Nord” versa sul conto dello studio di Di Rubba 38.400 euro. Due giorni prima, il 13 febbraio, la cooperativa radiofonica aveva ricevuto una tranche di pagamento da 146.400 da parte del gruppo alla Camera Lega Salvini Premier.

Ma non è finita, perché alla lista dei fortunati fornitori, oltre Sdc e Studio Dea, si aggiunge anche l’imprenditore bergamasco Francesco Barachetti: la sua azienda in due anni incassa dalla galassia Lega quasi 1,3 milioni. Contribuisce anche Radio Padania, che salda fatture a Barachetti, solo tra giugno e luglio 2019, per 35 mila euro. Un mese prima di questi pagamenti, la cooperativa radiofonica aveva incassato altri 292 mila euro dal gruppo parlamentare leghista. Soldi, anche questi, degli italiani.