La richiesta è unanime: «Il governo Draghi intervenga per stabilire regole chiare e trasparenti sulle aree da destinare a grandi impianti di fotovoltaico, solo così si evitano speculazioni e danni all’agricoltura e al paesaggio». Dopo l’inchiesta dell’Espresso sulla vendita di terreni agricoli a intermediari di grandi aziende e sul boom di domande arrivate alle Regioni per mega impianti di fotovoltaico a terra in assenza di una mappatura delle aree idonee, è nato un acceso dibattito sul tema delle fonti rinnovabili.
E al di là delle divisioni tra pro e contro a prescindere, ambientalisti, agricoltori ed esperti concordano su un punto chiave: la mancanza di regole e di pianificazione, con le Regioni che non approvano alcuna localizzazione delle aree da destinare alle energie rinnovabili e il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che sostiene «di non avere al momento competenze per intervenire con poteri sostitutivi».
Di certo c’è che nelle campagne, dal Veneto alla Sicilia, gli agricoltori stanno vendendo agli intermediari del fotovoltaico. Legambiente da anni conduce una battaglia a sostegno delle fonti rinnovabili e chiede di evitare polemiche «che alla fine hanno come conseguenza quella di bloccare impianti da energie rinnovabili in un Paese, l’Italia, ancora molto indietro su questo fronte: non a caso per stare dentro gli impegni dell’accordo di Parigi sul clima dobbiamo moltiplicare per dieci le rinnovabili installate ogni anno».
Edoardo Zanchini, vice presidente nazionale di Legambiente e responsabile delle politiche climatiche chiede regole chiare ma allo stesso tempo invita a guardare alla realtà di un Paese che negli ultimi anni ha installato pochissimi impianti: «L’errore che non dobbiamo ripetere è quello di fare lo stesso dibattito del 2011, quando ci furono polemiche per i tanti impianti fotovoltaici a terra nati grazie a incentivi generosi. Ora siamo nel 2021, dieci anni dopo, e c’è un altro scenario dove non ci sono incentivi per gli impianti a terra in aree agricole. I veri problemi oggi in questa materia riguardano l’assenza di pianificazione da parte delle istituzioni e il ritorno dei tanti intermediari che si procurano i terreni presentando i progetti alle Regioni per poi provare a vendere il pacchetto completo alle grandi aziende del settore. In questo momento si tratta solo di una bolla di carta perché la burocrazia poi frena tutto e gli impianti che davvero si installano sono pochissimi, in aree agricole e non. Noi chiediamo quindi un intervento forte e chiaro del governo Draghi e dei ministri competenti, Dario Franceschini, Roberto Cingolani e Stefano Patuanelli. Il governo ad agosto ha approvato il decreto che recepisce la direttiva europea sulle rinnovabili e spetta adesso a questi tre ministri sedersi attorno a un tavolo e presentare un regolamento sulle aree idonee e non per realizzare questi impianti, evitando il caos e tutelando il paesaggio. Ogni mese di ritardo sulla pianificazione presta il fianco alla confusione e alle polemiche nei vari territori che temono di essere invasi dai pannelli».
Sul tema dell’utilizzo dei terreni Legambiente invita a una collaborazione del mondo agricolo: «In questi dieci anni abbiamo perso un milione di ettari di terreno abbandonati dagli agricoltori, il comparto è purtroppo in una crisi drammatica, anche per gli impatti devastanti dei cambiamenti climatici. A nostro avviso il mondo dell’agricoltura, a partire dalla Coldiretti, deve capire che il futuro delle rinnovabili riguarda tutti noi. È evidente che in questo contesto servono delle regole e la massima trasparenza. In Italia abbiamo 171 mila ettari nazionali di aree da bonificare e il ministero di Cingolani ha un ruolo chiave in questo senso. Inoltre secondo noi vanno utilizzate anche le aree artigianali e industriali abbandonate. Poi però noi chiediamo di sostenere l’agrivoltaico: recuperando terreni agricoli abbandonati e installando il solare su parte dei terreni con sotto colture o pastorizia, come si sta diffondendo in tante esperienze in Italia e all’estero, tra l’altro, per integrare il reddito degli agricoltori», prosegue Zanchini.
Anche sul fronte degli agricoltori la prima richiesta è quella di avere regole chiare. Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha sollecitato più volte il governo: «Noi siamo i primi sostenitori dell’energia alternativa, che può creare sviluppo e lavoro. Ma dobbiamo evitare speculazioni. Partendo dal tema del fotovoltaico noi come Coldiretti chiediamo regole e priorità al governo. Come sistema Paese utilizzando i tetti di stalle e depositi abbiamo a disposizione una superficie che supera i 26 mila ettari, 37 mila campi da calcio. Se allarghiamo questo sistema ad aziende e casolari arriviamo a 48 mila ettari. Quindi di superficie per pannelli fotovoltaici ne abbiamo, prima di andare a togliere produzioni di cibo».
Ma dal governo non è arrivata alcuna risposta: «Non siamo stati ascoltati e stiamo assistendo a una grande speculazione, come raccontato dall’Espresso: ci sono intermediari che dicono di volere affittare il terreno, con impegni che superano i 20 anni, con prezzi che sono fuori mercato rispetto a un contesto agricolo. Ma noi dobbiamo produrre cibo perché questa è la nostra missione e la nostra salvezza. Al governo abbiamo chiesto non solo la localizzazione delle aree idonee ma anche di non utilizzare terreni agricoli produttivi e su questo stiamo raccogliendo le firme. Oggi ognuno fa quello che vuole, con un danno enorme: un governo che è lungimirante non può subire pressioni su questa materia e non possiamo parlare di Recovery e futuro di fronte a questo scenario».
Proprio sul tema del fotovoltaico in aree agricole è intervenuta l’Associazione nazionale scientifica di agraria. Dice Giuseppe Barbera, docente dell’Università di Palermo e autore di diversi studi sul paesaggio: «Ben venga l’agrivoltaico, ma deve essere inserito in una più ampia azione di pianificazione per decidere di che tipo e dove. Bisogna ricominciare a fare politica agraria. Serve indicare lo spazio per le rinnovabili che deve partire dal costruito e dal mare, e poi arrivare a terra in modo responsabile e compatibile. Senza una attenta pianificazione e vincoli i 50mila ettari da dedicare all’agrivoltaico previsti dal Pnrr rischiano di rivelarsi una trappola per l’agricoltura nell’indifferenza generale». Su una cosa tutti concordano: il governo Draghi deve intervenire non lasciando spazio al far west nei territori.