Energia

Il fotovoltaico sui terreni agricoli riscalda gli animi: «Servono regole, Draghi intervenga»

di Antonio Fraschilla   7 settembre 2021

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L’inchiesta dell’Espresso sulla mancata localizzazione delle aree idonee da parte delle Regioni ha generato un acceso dibattito. Coldiretti, Legambiente e ricercatori concordano sull’assenza di trasparenza e di paletti a difesa del paesaggio e delle produzioni

La richiesta è unanime: «Il governo Draghi intervenga per stabilire regole chiare e trasparenti sulle aree da destinare a grandi impianti di fotovoltaico, solo così si evitano speculazioni e danni all’agricoltura e al paesaggio». Dopo l’inchiesta dell’Espresso sulla vendita di terreni agricoli a intermediari di grandi aziende e sul boom di domande arrivate alle Regioni per mega impianti di fotovoltaico a terra in assenza di una mappatura delle aree idonee, è nato un acceso dibattito sul tema delle fonti rinnovabili.

 

E al di là delle divisioni tra pro e contro a prescindere, ambientalisti, agricoltori ed esperti concordano su un punto chiave: la mancanza di regole e di pianificazione, con le Regioni che non approvano alcuna localizzazione delle aree da destinare alle energie rinnovabili e il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che sostiene «di non avere al momento competenze per intervenire con poteri sostitutivi».

 

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Di certo c’è che nelle campagne, dal Veneto alla Sicilia, gli agricoltori stanno vendendo agli intermediari del fotovoltaico. Legambiente da anni conduce una battaglia a sostegno delle fonti rinnovabili e chiede di evitare polemiche «che alla fine hanno come conseguenza quella di bloccare impianti da energie rinnovabili in un Paese, l’Italia, ancora molto indietro su questo fronte: non a caso per stare dentro gli impegni dell’accordo di Parigi sul clima dobbiamo moltiplicare per dieci le rinnovabili installate ogni anno».

 

Edoardo Zanchini, vice presidente nazionale di Legambiente e responsabile delle politiche climatiche chiede regole chiare ma allo stesso tempo invita a guardare alla realtà di un Paese che negli ultimi anni ha installato pochissimi impianti: «L’errore che non dobbiamo ripetere è quello di fare lo stesso dibattito del 2011, quando ci furono polemiche per i tanti impianti fotovoltaici a terra nati grazie a incentivi generosi. Ora siamo nel 2021, dieci anni dopo, e c’è un altro scenario dove non ci sono incentivi per gli impianti a terra in aree agricole. I veri problemi oggi in questa materia riguardano l’assenza di pianificazione da parte delle istituzioni e il ritorno dei tanti intermediari che si procurano i terreni presentando i progetti alle Regioni per poi provare a vendere il pacchetto completo alle grandi aziende del settore. In questo momento si tratta solo di una bolla di carta perché la burocrazia poi frena tutto e gli impianti che davvero si installano sono pochissimi, in aree agricole e non. Noi chiediamo quindi un intervento forte e chiaro del governo Draghi e dei ministri competenti, Dario Franceschini, Roberto Cingolani e Stefano Patuanelli. Il governo ad agosto ha approvato il decreto che recepisce la direttiva europea sulle rinnovabili e spetta adesso a questi tre ministri sedersi attorno a un tavolo e presentare un regolamento sulle aree idonee e non per realizzare questi impianti, evitando il caos e tutelando il paesaggio. Ogni mese di ritardo sulla pianificazione presta il fianco alla confusione e alle polemiche nei vari territori che temono di essere invasi dai pannelli».

 

fotovoltaico, rinnovabili, pannelli solari

Sul tema dell’utilizzo dei terreni Legambiente invita a una collaborazione del mondo agricolo: «In questi dieci anni abbiamo perso un milione di ettari di terreno abbandonati dagli agricoltori, il comparto è purtroppo in una crisi drammatica, anche per gli impatti devastanti dei cambiamenti climatici. A nostro avviso il mondo dell’agricoltura, a partire dalla Coldiretti, deve capire che il futuro delle rinnovabili riguarda tutti noi. È evidente che in questo contesto servono delle regole e la massima trasparenza. In Italia abbiamo 171 mila ettari nazionali di aree da bonificare e il ministero di Cingolani ha un ruolo chiave in questo senso. Inoltre secondo noi vanno utilizzate anche le aree artigianali e industriali abbandonate. Poi però noi chiediamo di sostenere l’agrivoltaico: recuperando terreni agricoli abbandonati e installando il solare su parte dei terreni con sotto colture o pastorizia, come si sta diffondendo in tante esperienze in Italia e all’estero, tra l’altro, per integrare il reddito degli agricoltori», prosegue Zanchini.


Anche sul fronte degli agricoltori la prima richiesta è quella di avere regole chiare. Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha sollecitato più volte il governo: «Noi siamo i primi sostenitori dell’energia alternativa, che può creare sviluppo e lavoro. Ma dobbiamo evitare speculazioni. Partendo dal tema del fotovoltaico noi come Coldiretti chiediamo regole e priorità al governo. Come sistema Paese utilizzando i tetti di stalle e depositi abbiamo a disposizione una superficie che supera i 26 mila ettari, 37 mila campi da calcio. Se allarghiamo questo sistema ad aziende e casolari arriviamo a 48 mila ettari. Quindi di superficie per pannelli fotovoltaici ne abbiamo, prima di andare a togliere produzioni di cibo».

 

Ma dal governo non è arrivata alcuna risposta: «Non siamo stati ascoltati e stiamo assistendo a una grande speculazione, come raccontato dall’Espresso: ci sono intermediari che dicono di volere affittare il terreno, con impegni che superano i 20 anni, con prezzi che sono fuori mercato rispetto a un contesto agricolo. Ma noi dobbiamo produrre cibo perché questa è la nostra missione e la nostra salvezza. Al governo abbiamo chiesto non solo la localizzazione delle aree idonee ma anche di non utilizzare terreni agricoli produttivi e su questo stiamo raccogliendo le firme. Oggi ognuno fa quello che vuole, con un danno enorme: un governo che è lungimirante non può subire pressioni su questa materia e non possiamo parlare di Recovery e futuro di fronte a questo scenario».

 

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Proprio sul tema del fotovoltaico in aree agricole è intervenuta l’Associazione nazionale scientifica di agraria. Dice Giuseppe Barbera, docente dell’Università di Palermo e autore di diversi studi sul paesaggio: «Ben venga l’agrivoltaico, ma deve essere inserito in una più ampia azione di pianificazione per decidere di che tipo e dove. Bisogna ricominciare a fare politica agraria. Serve indicare lo spazio per le rinnovabili che deve partire dal costruito e dal mare, e poi arrivare a terra in modo responsabile e compatibile. Senza una attenta pianificazione e vincoli i 50mila ettari da dedicare all’agrivoltaico previsti dal Pnrr rischiano di rivelarsi una trappola per l’agricoltura nell’indifferenza generale». Su una cosa tutti concordano: il governo Draghi deve intervenire non lasciando spazio al far west nei territori.