Frontiere criminali
Neonati in overdose e baby pusher: il welfare mafioso di Palermo miete vittime tra gli indifesi
La droga torna a scorrere a fiumi nei quartieri alimentando l’economia di famiglie senza altri redditi. Tra case-laboratori con i piccoli che finiscono in coma e ragazzini reclutati come spacciatori e vedette
«In una città lontana venne al mondo un bambino trasparente»: potrebbe iniziare con le parole di Gianni Rodari la storia di tanti bambini a Palermo. Ma questa una favola non è. È la cronaca di un’infanzia sacrificata dal bisogno che nutre la mafia, travolta dal fiume di droga tornato a scorrere a Palermo. Con i più piccoli reclutati in numero sempre maggiore nello spaccio, consumatori inconsapevoli fin da neonati quando finiscono in ospedale, in fin di vita, per overdose, oltre dieci i casi a Palermo negli ultimi tre mesi. Nell’ultimo anno, inoltre, quattro bambini sono nati con la Sindrome di astinenza neonatale, il quarto è ancora ricoverato: da quando è nato, due mesi fa, assume morfina, ogni giorno.
Il degrado economico, culturale e sociale, aggravato dalla pandemia, affama la gente e, come sempre, ingrassa la mafia, con lo spaccio come unica fonte di sostentamento per molte famiglie. La droga è di casa: è sul tavolo della cucina, nascosta nei cassetti o negli armadi dei bambini.
Bambini traditi da madri e padri che dovrebbero proteggerli, dentro una vita che a quell’età non scelgono mentre spacciano su loro ordine, mentre ingeriscono polvere bianca o pezzi di hashish gattonando, muovendo i primi passi, nell’età in cui si esplora il mondo mettendolo in bocca. E quel mondo è la droga.
«Sono fenomeni in preoccupante crescita», spiega Claudia Caramanna, procuratrice dei minori di Palermo. «I piccoli si sentono male a casa e i genitori chiamano l’ambulanza, quando arrivano in ospedale sono già in coma. L’ospedale allerta subito le forze dell’ordine perché si capisce dai primi accertamenti medici che hanno ingerito sostanze stupefacenti, i minori sono affidati al direttore sanitario in modo da predisporre tutti gli accertamenti».
Spaccio e consumo vanno spesso a triste braccetto: «Ci sono bambini nati con la Sindrome di astinenza neonatale perché le madri hanno continuato ad assumere droghe durante tutta la gravidanza,donne che in alcuni casi non riconoscono il figlio alla nascita, lo abbandonato in ospedale. Nel caso in cui la mamma voglia tenere il bambino, si supporta portando avanti un progetto a lungo termine per verificare se le sue competenze sono recuperabili oppure no», continua Caramanna. Dalle ultime indagini è anche emerso il ruolo di primo piano rivestito dalle donne, dalle madri, in prima linea nelle attività criminali, pronte a prendere il posto di mariti o conviventi in caso di arresto: «Per queste famiglie lo spaccio di droga è un’attività lavorativa a tutti gli effetti», dice ancora Caramanna: «Le donne non si rendono conto dei danni, per questo stiamo cercando di fare un’operazione di sensibilizzazione e prevenzione».
Per tutelare questi minori, si sta valutando l’allontanamento dalle famiglie, un provvedimento senza precedenti: «Le famiglie coinvolte nelle ultime indagini sono sotto osservazione da parte dei servizi sociali, alcuni bambini sono stati già affidati ad altri parenti, come quelli i cui genitori sono stati entrambi arrestati. L’obiettivo è tutelare i minori all’interno delle loro famiglie, l’allontanamento è doloroso e resta l’ultima ratio».
Palermo è la città con uno degli indici più alti di reati minorili: oltre duemila i procedimenti penali in un anno. Tra il 2020 e il 2021 sono stati 170 i fascicoli aperti per reati legati allo spaccio di droga che hanno coinvolto minorenni.
Nell’età in cui si dovrebbe studiare, fare sport e giocare, questi bambini sono usati come vedette o pusher, aiutano a casa i genitori a tagliare e confezionare sacchetti con la droga, a contare i soldi. Sono state le operazioni Nemesi e Pandora eseguite nel novembre e dicembre scorso, frutto delle indagini condotte per due anni dai carabinieri di Palermo coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, a scattare l’inquietante fotografia dello spaccio che coinvolge minori in aree come Sperone, Brancaccio, Borgo Vecchio, Borgo Nuovo e Passo di Rigano. «Abbiamo arrestato su ordinanza di custodia cautelare 112 persone, è emerso il coinvolgimento di 27 nuclei familiari con 55 minori», spiega il generale Giuseppe De Liso, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo. Cocaina, crack, hashish, marijuana disponibili giorno e notte, consegnati agli acquirenti dai minorenni in bicicletta, dosi nascoste negli zaini, vendute non lontano dalle scuole, quelle scuole che, in molti casi, i ragazzini non frequentano.
E così, mentre loro perdono l’età dell’innocenza, Cosa Nostra mette in tasca nel solo Sperone, periferia sud-est di Palermo, un milione e mezzo di euro all’anno, un giro d’affari complessivo ingente che si evince dai tanti arresti eseguiti ogni settimana in tutta la città. «La mafia dopo la pandemia ha cambiato il suo modo di operare», spiega De Liso: «Si è spostata dall’attività estorsiva allo spaccio di sostanze stupefacenti perché le attività commerciali sono entrate in crisi, una disperazione che ha portato molti commercianti a denunciare, l’attività di estorsione era diventata rischiosa».
Con i proventi della droga, Cosa Nostra sostiene anche i detenuti, pagando le spese legali, e le loro famiglie: «Usa oggi lo spaccio come ammortizzatore sociale di quelle famiglie che prima sosteneva con le estorsioni, i nomi e le famiglie mafiose ricorrono sempre, sono sempre gli stessi mandamenti», continua De Liso. I canali di approvvigionamento degli stupefacenti sono cambiati: «La cocaina arriva dal Sud America tramite la ’ndrangheta mentre altre droghe, come hashish e marijuana, attraverso la camorra napoletana che la prende in Spagna e Nord Africa. Le nostre indagini mirano in questo momento a capire se Cosa Nostra farà ora il salto di qualità e tornerà ai vecchi fasti, quando si approvvigionava da sola degli stupefacenti».
I bambini coinvolti hanno dai tredici ai diciassette anni, impiegati perché per i minori l’ordinamento prevede che la carcerazione sia l’ultima misura, consentendo strumenti alternativi per garantire l’educazione e tutelare una personalità in formazione. «Sono i genitori, dediti all’attività dello spaccio, che incaricano i figli di fare da corrieri, vedette o spacciare. Usano le bici per portare la droga da una parte all’altra perché sono meno soggetti a controlli», continua De Liso: «È più difficile, infatti, che le forze dell’ordine fermino un ragazzino in bici, magari elettrica, che gira per il quartiere. Questi bambini sono vittime, crescono con il malaffare sotto gli occhi, alcuni hanno i genitori agli arresti domiciliari».
Sono bambini, solo bambini innocenti come quello gigante che accoglie chi arriva allo Sperone, una delle piazze di spaccio più imponenti del sud Italia. Ha le braccia alzate e dietro c’è la sua ombra, nera come la croce che porta sulle spalle. Questa l’immagine del murale, il secondo, dipinto da Igor Scalisi Palminteri e inaugurato il 14 settembre 2020 sullo stabile popolare di 18 metri in via XXVII maggio. Braccia alzate per dire: «Io esisto», «Io sono te». Braccia alzate per chiedere un abbraccio, per toccare il cielo. Uno sguardo alto per vedere il futuro.
Ma cos’è il futuro qui? È come il mare: «Non è balneabile per un collettore fognario che non funziona ed è paradigmatico del quartiere, simbolo di una bellezza e speranza negata, tranciata», dice Antonella Di Bartolo, da quasi dieci anni combattiva e, come lei stessa dice, «visionaria» preside dell’Istituto comprensivo statale Sperone-Pertini, sette plessi per 1.300 alunni, dalla materna alla media. Lei non si arrende: «È compito di tutte le istituzioni fare alzare la testa a questi bambini senza voce, chi vive qui non deve rassegnarsi a camminare a testa bassa». È lei che ha voluto che questi murales, a partire dal primo “Sangu e latti” (“Sangue e latte”) che ritrae una madre che allatta il figlio, fossero realizzati sui muri delle case popolari e non dentro la scuola. Gli arresti, le immagini dei bambini che spacciano sono stati un pugno nello stomaco: «Non immaginavo che fossero così coinvolti. Il contrario della cura che racconta l’immagine della madre che allatta il figlio. Quei bambini avevano frequentato la nostra scuola ma non erano in situazione di dispersione scolastica, la scuola da sola non basta».
Un’area senza negozi, marciapiedi calpestabili, parchi, aree gioco per bambini, senza un asilo, a fronte di tremila che ne avrebbero bisogno, con molte strade trasformate in discariche.
«Lo Sperone è abbandonato, negletto e marginalizzato con un’economia malata e una normalità distorta dove il diritto è percepito come favore. Su questo si basa la mafia, su questo vince. Non assolvo chi si dedica ad attività illecite, ma questo quartiere al momento non offre altro», racconta la preside. La presenza è potenza, la mafia lo sa: «A mancare sono le istituzioni. Basta visite una volta ogni tanto, in auto blu, e basta guardare a questi quartieri con il perbenismo di chi si sente lontano». Serve una presa di coscienza e un intervento nazionale: «La devianza non un problema locale, perché la criminalità si irradia e dove c’è illegalità non c’è democrazia».
Antonella Di Bartolo ha scelto questa scuola seguendo l’esempio di padre Pino Puglisi, il prete di Brancaccio ucciso dalla mafia nel 1993: «Un bagno doloroso di realtà che mi ha aperto gli occhi sulla vita, cambiandomi profondamente», racconta. Da quando è arrivata, la dispersione scolastica è scesa dal 27 per cento («un dato grave vissuto come normale») al 3 per cento ed è stata aperta una scuola materna, l’Istituto è passato da 4 a 31 classi.
«Un asilo e un parco dove far volare gli aquiloni»: i piccoli cittadini dello Sperone sanno cosa vogliono e lo hanno espresso con alcuni disegni che sono diventati un progetto grazie al workshop Lab Sperone Children promosso dall’Istituto Sperone-Pertini, dall’Ordine degli architetti e dal Comune di Palermo. Un progetto per far rinascere la «casa degli orrori», come la chiamavano i ragazzi, il rudere di un asilo costruito negli anni Settanta e mai entrato in funzione, un luogo di spaccio e prostituzione, abbattuto tre anni fa.
Il progetto è stato consegnato al Comune il 6 maggio del 2019, cosa ne è stato? «Abbiamo realizzato un progetto esecutivo e partecipato a un bando della Regione che finanziava asili nido», risponde il sindaco di Palermo Leoluca Orlando: «Per farlo realizzare in tempi veloci abbiamo ideato un prefabbricato ecosostenibile e innovativo ma la Regione ha considerato il prefabbricato un elemento negativo». Non resta che l’Europa: «Vogliamo fare l’asilo e sistemare l’area circostante con i fondi previsti dal Pnrr. Serviranno, credo, due anni». I piccoli cittadini aspettano: una fiducia preziosa, da non tradire. Lo Sperone può salvarsi, ne è convinta Di Bartolo: «Ma per farlo questi bambini devono graffiarci dentro, come se fossero figli nostri»