Si avvicinano le regionali in Lombardia, così Attilio Fontana e la fronda leghista rilanciano le opere inutili

È partita la volata lunga per le consultazioni del 2023. La vecchia guardia bossiana tenta di scalzare il potere salviniano con gli appalti della Pedemontana e della Mantova-Cremona. Oltre 5 miliardi complessivi con pedaggi alti, traffico modesto e costi a carico del contribuente

Lontano dai talk show, dove la politica è dura tecnica amministrativa anziché gara alla battuta migliore, il barometro segna tempo perturbato per il Capitano. Matteo Salvini, debuttante a 20 anni in consiglio comunale a Milano nel lontano 1993, lo sa meglio di tutti. Nella sua città non è mai stato profeta. Ma ora anche la Lombardia gli volta le spalle con una congiura di palazzo in cui riemergono vecchie lame leghiste, malpancisti berlusconiani, emergenti meloniani, banchieri abituati ad accompagnare con ricco profitto le avventure infrastrutturali volute dal sistema politico, purché il rischio sia a carico del contribuente. Il 2023 non è solo l’anno delle politiche. È anche il momento di rinnovare il governo della regione locomotiva d’Italia e in troppi temono la catastrofe per una destra abituata a comandare da decenni. Nel frattempo, il potere leghista perde pezzi.

 

La presidenza della Pedemontana lombarda Apl è passata lo scorso dicembre dall’ex ministro leghista della Giustizia Roberto Castelli a Luigi Roth, 81 anni, manager dai mille incarichi (Cdp, Fnm, Fiera Milano, Terna, Equita) con un recente passato formigoniano. Per i padani, è un’altra poltrona in meno dopo quella di Giuseppe Bonomi. Luciano Carbone lo ha da poco sostituito alla presidenza dell’immobiliare MilanoSesto dove è consigliere dal 2020 Guido Bertolaso, ex capo della Protezione civile chiamato in aiuto della crisi pandemica lombarda dalla vicepresidente regionale Letizia Brichetto Moratti, berlusconiana che alcuni vedono candidata al posto di Attilio Fontana.

 

Per correre ai ripari il primo a muoversi è stato proprio Fontana, preso in mezzo tra la fonda interna e i ripetuti sorpassi di Fdi alle ultime amministrative di metà giugno. Il presidente in carica è un leghista storico in quell’area con targa Varese dove si muovono i pezzi da Novanta della vecchia guardia bossiana, il ministro Giancarlo Giorgetti, che con il Capitano ha rapporti come minimo altalenanti, il silurato Roberto Maroni, lo stesso Bonomi. Intorno a loro ci sono gli ufficiali di rincalzo, dall’assessore alle infrastrutture, la bergamasca Claudia Terzi, all’eminenza grigia di Ferrovie Nord Milano (Fnm), il lodigiano Andrea Gibelli in grande ascesa.

 

Il piatto degli investimenti è ancora ricco ma si è parecchio raffreddato. Milano, laboratorio di un centrosinistra in stile monegasco, si sta prendendo tutto e la propaganda leghista, se davvero vuole tornare alle radici nel Nord, non può limitarsi a inveire sul Pnrr che punterebbe troppo sui territori a sud di un Po sempre più rinsecchito.

 

Fontana è intervenuto sul capitolo grandi opere a costo di scontentare amministratori del suo stesso partito più vicini al leader nazionale. La sua decisione di abbreviare il segmento D della Pedemontana e di modificare il tracciato di un’opera infinita ha scontentato molti amministratori leghisti. Il più polemico è stato l’ultras salviniano Luca Santambrogio, presidente della provincia di Monza e Brianza e sindaco appena rieletto di Meda, che ha lamentato l’assenza di condivisione. La replica è stata affidata all’assessore Terzi che si è detta «stupita dai toni accesi da parte dei rappresentanti politici locali».

 

La tratta D abbreviata, un compromesso fra la D lunga e la rinuncia integrale a costruirla, è l’ultimo di una serie di pasticci progettuali della Pedemontana che dovrebbe avviare in ottobre, con ampio ritardo, i lavori dei segmenti B2 e C nella speranza di terminare in agosto 2025, al servizio delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina dell’anno successivo.

 

Varata sotto la bandiera ingannevole del project financing pubblico-privato, Apl è pubblica al 90,5 per cento. Fino al febbraio 2021 è stata controllata dalla Milano-Serravalle cioè dal gruppo quotato in borsa Ferrovie Nord Milano, a sua volta controllato dalla regione.

 

Dopo l’ultimo aumento di capitale da 300 milioni di euro, Fnm è scesa a una quota di minoranza e ha mollato il pacchetto di controllo a palazzo Lombardia, che oggi ha il 53,8 per cento di Apl. In questo modo Fnm ha alleggerito i suoi conti consolidati di 402 milioni di debiti lordi della Pedemontana a fronte di ricavi per 40 milioni con 2 milioni di perdite nel 2021. Una semplice partita di giro che aggrava il carico sui cittadini e che ha permesso alle banche socie, Intesa e Ubi, di dimezzare le loro partecipazioni, dunque il rischio, dal 20 per cento complessivo al 9,5 per cento. Ad agosto 2021 è arrivato un finanziamento-monstre da 1,74 miliardi, di cui metà sborsati dalla regione. Il general contractor per la tratta brianzola, guidato dal gruppo Salini, si è assicurato la gara per 1,26 miliardi di lavori. In totale i costi supereranno i 4 miliardi.

 

A vigilare sulla Pedemontana ci dovrebbe essere il concedente Cal (Concessioni Autostradali Lombarde), prodotto della devolution prodiana nell’anno 2007. Oggi Cal è 50/50 fra Anas, che esprime il presidente Stefano Granati, indagato dalla Procura di Roma nell’inchiesta sui fondi esteri di Anas international, e da Aria, l’agenzia regionale uscita ammaccata dalla gestione del Covid, che ha nominato l’ad Gianantonio Arnoldi, architetto e vicepresidente di Fnm dal 2021. Deputato di Forza Italia fra il 2001 e il 2006, Arnoldi è passato a Cambiamo!, la formazione fondata da Giovanni Toti. Anche in Cal i leghisti si sono dovuti accontentare di un posto in cda con Silvia Lanzani, ex assessore alle infrastrutture della provincia di Bergamo.

 

Per riguadagnare il terreno perso, Fontana ha virato su un progetto che da vent’anni è un classico delle opere inutili. È l’autostrada Mantova-Cremona che nel 2002, in pieno principato del Celeste Roberto Formigoni, era stata varata dalla società regionale Ilspa (Infrastrutture lombarde). Nel 2007 la concessione era stata affidata a Stradivaria, nome evocativo dei liutai della zona. Controllata da Centropadane, la spa costituita dagli enti locali e dal gruppo Gavio che gestisce il tracciato dell’A21 Piacenza-Cremona-Brescia, l’anno scorso Stradivaria è stata spodestata da Aria che ha liquidato la vecchia concessionaria con 25 milioni di euro in costi di progettazione. Una cifra che in molti ritengono esagerata e che non sarebbe mai stata versata dal momento dell’accordo il 30 dicembre 2021.

 

Lo scorso maggio si è saputo che Stradivaria ha fatto ricorso al Tar contro l’esproprio di Aria e ha chiesto, oltre ai costi di progettazione, anche il riconoscimento del 10 per cento del valore dell’opera. Sarebbero almeno altri 80 milioni di penale secondo la stessa Aria che nel suo sito parla di 800 milioni di investimento per realizzare 60 chilometri di asfalto con 43 anni di durata della concessione, molto oltre le indicazioni dell’Ue sulla durata massima di questi contratti. Se Stradivaria vincerà, si profila un danno erariale gigantesco.

 

Ma Fontana tira dritto. Sul fronte sudorientale lombardo ha un alleato storico nel Pd locale che sostiene l’opera fianco a fianco con i consiglieri regionali leghisti Federico Lena, cremonese, e Alessandra Cappellari, cremonese. Unici a opporsi, a parte gli ambientalisti che indicano i bassi flussi di traffico dell’opera, sono i grillini. Ma non saranno in molti del M5S a superare la barriera delle prossime regionali.

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