Succede nella società di trasporto pubblico milanese. «I destinatari delle segnalazioni non hanno assunto alcuna valida iniziativa, limitandosi a destituire i dipendenti di grado inferiore e preservando i vertici, a suo dire, ugualmente coinvolti», recita l’atto di reintegro. E una perizia metterebbe rimette in dubbio le indagini interne

Se potesse tornare indietro, lo rifarebbe? Adriano De Gasperis, 54 anni ha gli occhi lividi di chi ha passato troppe notti in bianco. Lo incontriamo nello studio milanese del suo avvocato: «Nella Giustizia, nei giudici, ci credo ancora. Ma persone irrispettose delle leggi mi hanno distrutto la vita. Quindi no, non lo rifarei, resterei al mio posto». Nel momento in cui ci si indigna per l’omertà siciliana che ha permesso a Matteo Messina Denaro di vivere indisturbato tra Palermo e Campobello di Mazara, la piccola storia di ingiustizia subìta da De Gasperis, un civil servant milanese che ha denunciato una truffa di svariate migliaia di euro (e forse più) ai danni dei cittadini e del comune, dovrebbe almeno far riflettere.

 

Dal ’99 De Gasperis lavora in Atm, l’azienda del trasporto pubblico milanese, dove si occupa di audit e sicurezza. Nel 2012 inizia a sospettare che qualcosa nel sistema di bigliettazione non funziona a dovere, fa una serie di verifiche, riceve confidenze e scopre una falla nel sistema. Quell’anno e poi ancora nel 2015 segnala ai suoi superiori che parte dei ticket di bus e metro venduti ai passeggeri non vengono rendicontati nelle casse di Atm, generando un grave ammanco per le casse del Comune di Milano, che detiene la proprietà di Atm. A parole, i vertici dicono di aver effettuato tutte le verifiche del caso, ma in entrambi i casi le indagini interne non portano a nulla. Tutto in regola, insomma. Nel novembre 2017 il ligio impiegato decide di andare a fondo, invia una segnalazione al sindaco Giuseppe Sala, mettendo in copia il presidente di Atm Luca Bianchi e il direttore generale dell'azienda Arrigo Giana, e allega documenti «da cui deriva un ingente danno erariale. Le chiedo audizione anche per esporre alcune situazioni da verificare, di dubbia moralità che per anni hanno dilapidato risorse», scrive De Gasperis.

 

Ripartono le indagini interne e si scopre che il dipendente aveva ragione: ci sono degli ammanchi. L’impiegato, a quel punto, dovrebbe diventare l’eroe dei milanesi, capace di mettere al riparo Atm dai furfanti. Le cose vanno diversamente: la reazione dell’azienda è impetuosa, fatta di quattro procedimenti disciplinari, due sospensioni, due denunce penali, fino alla soluzione finale: tre licenziamenti, il primo dei quali adottato dal consiglio di disciplina di Atm a marzo 2019, a distanza di poco più di un anno dalla segnalazione del whistleblower. Già perché De Gasperis è a tutti gli effetti un whistleblower, «un dipendente pubblico che ha segnalato illeciti di interesse generale e che come tale andrebbe protetto». Al contrario, De Gasperis è costretto a difendersi da solo - affiancato dagli avvocati Domenico Tambasco e Gennaro Colangelo - in due processi penali avviati contro di lui dai vertici di Atm, che lo accusano di aver utilizzato una falsa identità per fare segnalazioni scomode, e di aver minacciato di morte i suoi superiori: tutte bugie, come sostiene il Tribunale di Milano che con due sentenze definitive scagiona De Gasperis, giudicando la prima accusa priva di prove valide e la seconda infondata perché il fatto non sussiste.

A inizio febbraio 2022 il Tribunale meneghino ordina il reintegro in azienda di De Gasperis. E cosa fa l’azienda? Passa una settimana e il direttore generale, Arrigo Giana, scrive all’ex dipendente dicendo che sì, può tornare al lavoro perché lo ha imposto il giudice, ma dal momento che dei quattro procedimenti disciplinari avviati nel 2019, solo due sono stati messi fuori uso dalle sentenze di assoluzione, Atm lo sospende nuovamente perché intende riattivare i restanti due richiami rimasti in sospeso che, ad aprile sfocano in altrettanti licenziamenti. Gli avvocati Tambasco e Colangelo si oppongono e fanno appello al consiglio di disciplina interno, che tuttavia per colpa di alcune mancanze da parte del Comune, non viene convocato da dieci mesi. A febbraio i legali dell'impiegato presenteranno reclamo anche in appello rispetto alla prima sentenza di reintegro al lavoro, per chiedere la piena applicazione della legge sui whistleblower: «A De Gasperis è stato riconosciuto solo il ruolo di whistleblower, non la protezione che dovrebbe essere garantita per legge», dice Tambasco, che sintetizza la vicenda così: «È abnorme quello che è stato fatto a questa persona, considerato che si tratta di un dipendente che ha fatto gli interessi dell’azienda». Perché accanirsi tanto contro una persona che ha sventato un raggiro a danno dell’azienda? Solo in seguito alle segnalazioni inviate al sindaco di Milano i vertici di Atm avviano l’ennesima indagine interna, e solo a quel punto il capo della sezione informatica, analizzando alcuni database, nota delle anomalie e individua i colpevoli: la responsabile degli Atm Point e altri dieci dipendenti. «Nonostante le reiterate segnalazioni (di De Gasperis, ndr) i destinatari delle stesse non avevano assunto alcuna valida iniziativa, limitandosi in un secondo momento a destituire i dipendenti di grado inferiore e preservando i vertici (quadri e dirigenti), a suo dire, ugualmente coinvolti nei misfatti», scrive la giudice del Tribunale di Milano, Sara Moglia nell'ordinanza di reintegro al lavoro, citando la difesa di De Gasperis.

Lo stesso consulente tecnico del Tribunale sostiene che l’indagine interna svolta dagli informatici di Atm non ha alcun valore legale, perché si tratta di una serie di documenti stampati ed estratti da un foglio excel, dal quale non è possibile risalire alla fonte perché i dati sono stati cancellati dal server di Atm: svaniti nel nulla. La sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha creduto a quel documento, corroborato da alcuni testimoni e dalla buona fede degli informatici che lo hanno realizzato, e per questo ha licenziato le persone coinvolte. Ma a breve al Tribunale di Milano si aprirà il processo penale al quale parteciperanno i colpevoli (o presunti tali) della truffa, alcuni dei quali non hanno mai confessato di aver intascato quelle poche centinaia di euro, in un caso si parla di 477 euro, e ritengono il licenziamento una totale ingiustizia. Il processo penale, quindi, potrebbe riservare dei colpi di scena.