Assenza di orario, straordinari non pagati, mobbing, vessazioni continue. Lo scandalo emerso dalla nostra inchiesta non riguarda solo sessimo e omofobia

«Oggi mezza giornata?», la battuta è un classico quando, dopo ben oltre le otto ore di lavoro, ci si prepara ad andare via. Fare le notti in agenzia, anche per una settimana di seguito, non è cosa rara. «Una sera, all’ennesima nottata, ho detto: non posso restare, non ho neanche le mutande di ricambio. La mia responsabile è uscita, è tornata con una sacchetto e me lo ha lanciato addosso: “Ecco le mutande, ora puoi rimanere”. Era andata a comprarmele», ricorda a L’Espresso una creativa. Quando si arriva in agenzia tutto è chiaro sin dal colloquio: «Sei fidanzata? Perché presto sarai single, questa è la tua vita». «Lavorare in pubblicità è come fare la suora». «Dopo la maternità ho subito mobbing pesante, alla fine me ne sono andata», racconta una lavoratrice. Che l’andazzo sia questo lo si percepisce durante i corsi nelle prestigiose e costose scuole milanesi Ied, Naba, Accademia di comunicazione (che tiene a precisare di non aver mai registrato episodi di sessismo) tenuti dagli stessi director e ceo che poi selezionano gli stagisti. «Quindicimila per entrare nella scuola, ma poi te li rifai in un anno dopo in agenzia», è il tormentone. Si entra invece in un meccanismo che ti può tenere in tirocinio anche tre anni a 500 euro al mese (prima dell’obbligatorietà in Lombardia si arrivava anche a 300). Il trucco è rinnovare lo stage, ma cambiare agenzie (anche solo sul contratto): nei grandi gruppi c’è la capofila e le satelliti.

 

Nel 2021 quattro giovani, tre ex di We are social, lanciano un questionario online. Chiamano il progetto Be Okay Creativity (Boc), raccolgono mille testimonianze, età media 32 anni. Ne viene fuori che solo il 12% degli straordinari è pagato, al Sud lo stipendio medio è 13 mila euro più basso, le donne, a parità di ruolo, guadagnano il 12% in meno. E poi ci sono i resoconti: attacchi di panico, ansia, burnout, (a Milano l’87% degli intervistati ne soffre) assenza di orari, straordinari a go go. C’è chi ha denunciato l’azienda per 800 ore non pagate. Una volta fuori si finisce dallo psicologo o dallo psichiatra per il troppo stress, alcuni si isolano non riuscendo più a uscire di casa per mesi e pagano le conseguenze per anni. Ci sono poi mobbing e vessazioni: urla in ufficio, attacchi fisici e psicologici continui. Minacce a chi pensa di andare via: «Tanto so dove vai, conosco tutti, non lavorerai più». È successo più volte in Publiciss ora guidata da Cristiana Boccassini e il compagno Bruno Bertelli, due creativi di livello, noti per i modi spicci: «Se parlano male di noi, meglio così - ha detto più volte Bertelli - almeno gli sfigati non vengono». E intanto durante il Covid sfornava una campagna contro il duro lavoro.

 

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Gli over 50 sono i grandi assenti delle agenzie perché a certi ritmi non si può resistere. Se non si finisce ai vertici si opta per le consulenze private, altrimenti le droghe stimolanti aiutano, più diffuse tra i senior che tra gli junior.

 

Lo screening dei quattro apre un piccolo spiraglio, ma dura poco. Le vertenze sono rare e sconsigliate.

 

Velvet Media di Treviso è finita in bancarotta dopo il Covid, con un passivo di oltre sette milioni di euro (di cui cinque allo Stato). Era diventata nota per «aver abolito l’orario di lavoro». Il ceo Bassel Bakdounes manteneva un clima da caserma. Urla, lanci di oggetti, attacchi fisici, scenate e frasi sessiste («Vorrei passare il 25 aprile tra le tue gambe»). E il direttore creativo non era da meno: «Ho dato il tuo numero a un collega, si vede che non scopi da tanto. Così mi ha detto: ero entrata da appena due mesi», riferisce a L’Espresso una ex collaboratrice. Tante donne assunte e Bakdounes se ne vantava. Quando la situazione ha iniziato ad andar male ha minacciato alcuni dipendenti che volevano sindacalizzarsi: « Ha detto: vi vengo a cercare a casa», riferisce la fonte.

 

Il mondo dell’advertising oggi è una piramide la cui base è sorretta da migliaia di stagisti e junior: la pubblicità paga meno e tutto si sostiene con le ore gratis. Un anno fa un gruppo di giovanissimi mette su una protesta chiamata “Gentilissima rivolta”. L’occasione sono i prestigiosi Adci Adwards. Apre una pagina Instagram: in meno di una settimana 11mila persone iniziano a seguirla, pubblica oltre cento testimonianze dettagliate. Partono le diffide: «Guardate che il pezzo grosso ha chiamato gli avvocati di Berlusconi». I giovani chiudono tutto e scompaiono, ora vivono nell’ombra, sperando un giorno di ritornare.