Fingersi uno di loro in chat, poi l’incontro e la paura di tradirsi. Ecco il racconto in diretta di ciò che accade fuori dalla destra di governo. Mentre Forza Nuova sconta la scissione, CasaPound si alimenta attraverso Blocco studentesco. E il welfare parallelo favorisce il proselitismo

Camerata Marco Bini, presente. I saluti sono quelli romani: la stretta è tra avambraccio e mano, qualche volta si passa direttamente al braccio destro alzato in avanti, tenuto in tensione. La stessa tensione che mi ha accompagnato nei sei mesi in cui sono stato un militante (infiltrato) nelle cellule fasciste della Lombardia. Nomi diversi, abiti sempre neri, una millantata educazione di estrema destra: questi i tre pilastri su cui si è costruita la controfigura che ha viaggiato nel sottobosco nero del Nord Italia.

Un universo in continua mutazione, che si mostra embrionale e strutturato allo stesso tempo, contaminato da modelli esteri e in grado di dar vita a comunità sempre più unite sotto il segno dell’antipolitica. Come dimostra il caso del Movimento Nazionale, che aderisce alla Rete dei Patrioti, un movimento politico non istituzionalizzato a cui appartengono diversi nuclei organizzati su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una costola di Forza Nuova (Fn), ufficialmente nata a inizio ottobre 2020 da una scissione interna al partito di Roberto Fiore. «Fn non è più la stessa: la viscida politica di Roma ha inquinato il pensiero dei capi, e le posizioni prese durante la pandemia hanno diviso i militanti», spiega Alfredo, uno dei saggi della nuova creatura neofascista.

 

Mi sono avvicinato a loro, e agli altri schieramenti, tramite i social. Nelle chat le conversazioni sono senza filtri: si sentono più protetti, usano un codice binario di emoji (mano alzata come da saluto romano e aquila, o viceversa), e vomitano commenti – imbevuti di violenza e odio – su tutto lo scibile umano.

In quelle stanze virtuali avviene il primo approccio, fingersi uno di loro è solo questione di scrivere messaggi ben calibrati. Tutt’altra storia, invece, è l’incontro di persona.

Prima di entrare al “Presidio”, attuale sede del Movimento Nazionale e storico circolo che si affaccia in piazza Aspromonte – a pochi passi da piazzale Loreto – che negli anni ha dato cittadinanza alle formazioni milanesi di estrema destra, in primis a Forza Nuova, ho ripassato bene la parte. La paura più grande è quella di tradirsi, perché una volta dentro c’è una sola porta dalla quale, nel caso, poter fuggire: e decidono loro quando aprirla.

All’interno si respira un’atmosfera da dopolavoro. Gli sguardi stanchi ma vigili mi squadrano dalla testa ai piedi. Non sono uno di loro, ma posso tornare utile alla loro causa. Alfredo ha il compito di farmi da Cicerone. La sua carriera è lunga e travagliata: dalla gavetta nel Movimento Sociale Italiano (Msi) è arrivato fino ai vertici della Rete dei Patrioti; negli anni si è saputo adattare per non scomparire, cambiando casacca ma rimanendo fedele ai dogmi. Si muove con naturalezza tra gli stipiti del “Presidio”, mostrandomi le pubblicazioni della loro casa editrice e illustrandomi il manifesto del Movimento.

Sulla parete d’ingresso si staglia una grande bandiera con sopra ombreggiato in silhouette Massimo Morsello, figura principale della musica politica fascista italiana e, con Roberto Fiore, co-fondatore di Fn. «L’abbiamo tenuta perché Morsello rappresenta ancora oggi i nostri ideali, come l’abolizione dell’aborto e la centralità della nostra nazione e della nostra identità popolare», continua l’uomo. Sulle altre pareti si alternano croci celtiche e personaggi iconici della cultura nazi-fascista; c’è anche un palco dove si esibiscono le molte band della galassia nazirock, che, come si evince dai testi delle loro canzoni, hanno tutte un obiettivo comune: diffondere violenza, odio e xenofobia.

Il Movimento conta un centinaio di militanti, tra simpatizzanti e iscritti, molti dei quali sono giovani cresciuti a pane ed estremismo. Sono loro quelli che fanno più domande: sono un estraneo tra le mura di casa. Iniziati in tenera età, e tutti passati dall’accademia Forza Nuova (prima della scissione), adesso alcuni di loro ricoprono ruoli di vertice nella Rete, affiancando i vecchi colonnelli lombardi di Fiore: Duilio Canu, attuale presidente del Movimento Nazionale, e Salvatore Ferrara, coordinatore Nord Italia. Il primo, pluri-inquisito e già leader dei violenti Hammerskin (gruppo antisemita e suprematista nato negli Stati Uniti da una scissione del Ku Klux Klan), vanta una lunga militanza a partire dagli anni ’90 proprio negli ambienti naziskin a Milano.

Quanto al posizionamento politico: il Movimento si ispira alla corrente di estrema destra, appoggiandosi per la sezione religiosa a Militia Christi (piccolo raggruppamento del tradizionalismo cattolico ferocemente omofobo e antiabortista), e per un sostegno ideologico a Etruria 14 (gruppo neofascista di Prato). Florido anche il dialogo con gli omologhi esteri, come i Sixty-Four Counties Youth Movement, un movimento di estrema destra originario dell’Ungheria e presente anche in Romania, Slovacchia e Serbia.

Mentre i rapporti con i grandi partiti si sono pressoché logorati: «Meloni e Salvini ci hanno tradito, facendosi corrompere dal potere istituzionale», spiega dal pulpito del piccolo locale, durante la riunione, uno dei responsabili della sezione. Tra i militanti presenti nella platea si alza un mormorio: c’è delusione e rabbia verso la politica nazionale, e soprattutto nei confronti di Italexit, il partito di matrice sovranista ed euroscettica fondato nell’estate del 2020 da Gianluigi Paragone. «I nostri accordi con Paragone – svelano in coro gli oratori – sono saltati, sia per il fallimento nelle elezioni sia per degli attriti sul programma di partito».

Il Movimento Nazionale con Italexit aveva siglato un’intesa per le elezioni dello scorso settembre, dove tuttavia ha ottenuto un risultato deludente, l’1,9% alla Camera dei deputati e l’1,87% al Senato, insufficiente per eleggere suoi esponenti. L’accordo si era tradotto in un pacchetto di candidature, tra cui quella di Giustino D’Uva (portavoce del Movimento) e Gianni Correggiari (dirigente), avvocato di Licio Gelli nel processo per la strage di Bologna e quella del leader.

A proposito di attriti, il grande tema della conflitto ucraino è un punto di frizione tra i gruppi di estrema destra. I “neri” di Forza nuova sostengono la Russia e hanno relazioni con gli ideologi che hanno teorizzato la Nuova Russia, termine che identifica l’area del Donbass con le due repubbliche ora riconosciute dal Cremlino. I loro gemelli diversi di CasaPound, invece, appoggiano l’Ucraina, o meglio i nazionalisti di estrema destra di Kiev. Questa divergenza palesa una confusione ideologica non da poco. Un solo punto in comune: sono tutti contro la Nato.

Proprio CasaPound e Forza Nuova vivono un periodo di inflessione. Il partito di Roberto Fiore è uscito ridimensionato dopo l’assalto alla Cgil avvenuto il 9 ottobre del 2021 a Roma, a margine di una manifestazione indetta per protestare contro il Green Pass. Pesantemente ridotta nel numero dei militanti e nella disponibilità di strutture organizzative, è passata da essere una forza di livello nazionale ad avere una presenza significativa solamente a Roma, Verona e poche altre città. Dopo l’addio dell’ex leader Giuliano Castellino, a caricarsi sulle spalle le sorti del movimento (in particolare nel Nord Italia) è il vicesegretario nazionale Luca Castellini, storico ultrà dell’Hellas Verona e dichiaratamente fascista.

A Milano la sezione zoppica vistosamente. Gli incontri sono pochi e sparsi nell’hinterland del capoluogo lombardo; tanti i militanti che hanno seguito la fronda della Rete dei Patrioti; i nuovi iscritti sono pochi e senza esperienza. Tento di partecipare a una delle poche riunioni tenutesi a Cernusco sul Naviglio, in un bar in pieno centro. È pieno inverno, la nebbia affolla le strade della cittadina milanese, all’incontro si presentano poco meno di una decina di forzanovisti. Il loro movimento è un animale morente, e fermare l’emorragia è quasi impossibile. Quell’incontro finirà con una rissa tra camerati. Allegoria perfetta di un momento storico dove la vecchia guardia di estrema destra non riesce più ad essere un polo centrale.

Pur rimanendo la maggiore forza organizzata del neofascismo italiano, pur godendo di relazioni amichevoli con parti delle forze della destra parlamentare e pur mantenendo le notevoli capacità di dinamismo, azione politica, comunicativa e culturale, anche CasaPound Italia è in cerca di una nuova strategia stabile.

Tesserarsi nella sezione di Milano è un’impresa: dopo un ping-pong tra chat e indirizzi mail, si finisce per rimanere appesi all’inerzia dei banchetti locali. Salvo lo spazio di Cernusco sul Naviglio, dove ha sede Altaforte, la casa editrice di Francesco Polacchi che pubblica anche il Primato nazionale, non esiste un vero punto di ritrovo per i militanti. Se non le commemorazioni, organizzate con la collaborazione del Movimento Nazionale: in quei momenti tutta la fronda di estrema destra si ricompatta. Basta avere una sciarpa e un cappuccio nero, e la voglia di «essere dalla parte giusta della storia», mi spiega un militante in piazza Repubblica a Milano per la giornata dedicata alle vittime delle foibe.

Storia diversa invece per il Blocco studentesco: associazione d’ispirazione neofascista operante all’interno di scuole superiori e università, e diretta emanazione di CasaPound. Si tratta di una realtà presente in 54 città italiane, che coinvolge e indottrina centinaia di giovani, coinvolti in volantinaggio o azioni di contestazione (con striscioni o sit-in), e garantisce un serbatoio di militanti pronti per il passaggio alla casa madre della tartaruga frecciata. L’humus nel quale si sviluppa il Blocco è lo stesso di Azione studentesca, un altro movimento studentesco di estrema destra vicino a Fratelli d’Italia alla quale appartengono i sei giovani che il mese scorso hanno pestato ragazzi di fede politica opposta davanti al liceo Michelangiolo di Firenze.

Ci sono poi i Do.Ra. (acronimo della Comunità militante dei dodici raggi) con la loro nuova sede ad Azzate, Varese. Si tratta di un gruppo che si ispira a ideologie suprematiste e negazioniste. I Do.Ra. sono attivi e fanno proseliti, e per la loro nuova sede (300 le persone presenti all’inaugurazione) hanno battezzato un pavimento a mosaico che riproduce il “sole nero” della sala del castello di Wewelsburg, un tempo centro ideologico delle Schutzstaffel (le SS). Il loro ultimo affronto è stata una locandina – per pubblicizzare l’evento di capodanno – con una foto in bianco e nero che ritrae quattro membri delle Ss naziste che brindano con delle bottiglie di vino.

Nello spezzatino nero si ritaglia un posto di rilievo Lealtà-Azione. Un gruppo che si definisce metapolitico, esponente della destra identitaria e nazionalista che sarebbe però riduttivo definire neofascista. Operativa dal 2010, fin dall’inizio ha evitato di agire come un partito, puntando invece «a essere una comunità, un gruppo, una famiglia», spiega il referente giovani del movimento. «Siamo circa 300 militanti, di cui una cinquantina di ragazzi, con tre sedi solo nel Milanese. La nostra forza è la formazione e la presenza in ambiti della società diversi tra loro, come nel caso della sezione animalista “I Lupi Danno la Zampa”, o quella sportiva “Wolf Of The Ring”», continua il ragazzo.

Lealtà-Azione è diversa: non ha fame di arruolare nuovi iscritti, i suoi militanti hanno superato il dress code da Ventennio, e l’educazione politica è affrontata con serietà, non limitata al saluto romano, bensì pensata per plasmare nel profondo il pensiero delle nuove leve. Il gruppo ha scelto inoltre di riformulare la propria immagine e la propria presenza web e social, e può contare su vicinanze fortissime con esponenti presenti in tutti i gradi istituzionali, dai consigli municipali al Parlamento europeo, passando dai consigli comunali, quelli regionali e il Parlamento nazionale.

Ad accomunare gran parte di queste realtà è infine il “welfare nero”, ovvero attività solidaristiche come l’aiuto alimentare a nuclei familiari indigenti o iniziative in favore dell’infanzia. Sono le principali azioni messe in campo dai movimenti, che riescono contemporaneamente a coinvolgere possibili nuovi militanti e garantirsi il favore delle comunità locali. Altro aggregatore (che sovrintende all’arruolamento) sono i social e le chat. Telegram e WhatsApp fanno da incubatrici: oltre a offese e insulti razzisti, nelle piattaforme vengono coordinate le azioni di contestazioni e, in modo predominante, vengono prodotte - con un collaudato team di profili social, blog, e siti di informazione alternativi - notizie di attualità e fatti storici completamente rivisitati e ristrutturati in chiave estremista.