Inchiesta
Massoneria, brogli, mafie e immobili: tra i fratelli del Grande Oriente volano gli stracci
La Gran Loggia di Rimini rischia di essere un campo di battaglia. Da una parte, la vecchia guardia di Bisi. Dall’altra, quella non troppo nuova di Taroni. Sette anni dopo il sequestro delle liste da parte di Rosy Bindi non c’è pace per i liberi muratori
Denunce civili e penali, processi interni, espulsioni e liste di proscrizione, denunce di affarismo e di infiltrazioni mafiose che viaggiano sui canali Telegram. Se questa è la fratellanza, beati i figli unici. Per i circa 23 mila massoni affiliati al Grande oriente d’Italia (Goi) la resa dei conti è fissata al Palacongressi di Rimini venerdì 5 aprile. La Gran Loggia annuale si troverà a ratificare il passaggio di consegne fra il Gran maestro uscente, il giornalista senese Stefano Bisi, e il suo delfino, il calabrese Antonio Seminario, grado 33 del Rito scozzese antico e accettato.
Il 3 marzo scorso, per un caso senza precedenti nella storia, il primo conteggio aveva dato vincente Leo Taroni e la sua lista “Noi insieme” per quindici voti su una platea di 17 mila aventi diritto, i maestri con grado massonico 3. Il recount ha rovesciato l’esito grazie all’annullamento di qualche decina di schede e ha premiato Seminario per 26 preferenze, un margine talmente ristretto da lasciare più di un sospetto di manipolazione elettorale. Dopo anni di tensioni feroci, è l’ultima goccia. Il rischio di scissione, la prima dopo quella guidata dal deputato calabrese Saverio Fera nel 1908, incombe sul Goi. Nemmeno Licio Gelli con la sua P2 era riuscito a spaccare la maggiore obbedienza massonica nazionale.
«Nessun problema», minimizza Stefano Bisi, gran maestro fino al 5 aprile quando dovrebbe essere proclamato il suo successore. «Si sono fatte le elezioni e la commissione elettorale nazionale, la Cen di Roma, ha contato i voti pervenuti dalle circoscrizioni regionali. Le regole massoniche non prevedono contestazioni in sede giudiziaria». Per evitare la rissa urbi et orbi il direttivo del Goi ha spostato la decisione definitiva sul voto al 15 aprile. Non è detto che basti.
«In caso finisca male, la carta che giocherà Taroni», dice un fratello avvocato che si avvale dell’anonimato per non finire sospeso, «è il ricorso d’urgenza ex articolo 700. Se viene accolto, si rivota. Se no, si passa alla causa ordinaria e lì la partita l’ha vinta Seminario perché passeranno anni. A quel punto, la scissione è lo scenario più probabile. Sarà il Nord contro il Sud che ha sostenuto l’asse toscano-calabrese».
Salvo improbabili inciuci dell’ultimo minuto a scanso di figuracce internazionali, all’appuntamento di Rimini l’atmosfera si annuncia tesa. Potrebbe finire fuori dal perimetro della Gran Loggia la casa editrice Tipheret del catanese Mauro Bonanno, specializzata in testi iniziatici. Lo stesso vale per i massoni dell’Ordine internazionale De Molay guidati da Luciano Critelli. L’una e gli altri sono considerati vicini ai perdenti di Taroni. L’imprenditore ravennate, sovrano gran commendatore del prestigioso Rito scozzese, ha messo in testa al suo programma la lotta alle infiltrazioni criminali, una questione molto sentita dopo che a metà marzo del 2017 Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, ha messo sotto sequestro gli elenchi dei massoni italiani in cerca dei collusi con il crimine organizzato. Nei suoi ricordi della perquisizione a Villa del Vascello, Bisi ironizza: «Hanno guardato anche dentro le fioriere». Nelle fioriere c’era solo terra ma da quel blitz è nato un braccio di ferro fra Goi e Antimafia in nome di valori che vanno dalla privacy alla presunzione di innocenza. In campo lungo, sono state persino evocate le persecuzioni fasciste contro la libera muratoria.
Non tutti i fratelli hanno apprezzato il muro contro muro di Bisi che nei sette anni dopo il sequestro delle liste è stato rieletto senza concorrenti, ha tentato una riforma per il terzo mandato e, fallita questa via, ha comunque portato alla vittoria di strettissima misura il suo candidato Seminario, erogatore di benzina all’Oriente di Cosenza. Se gli obiettivi erano evitare la pubblicazione degli elenchi, che Bindi aveva garantito, lavarsi le mani da un lavoro di polizia giudiziaria, che nessuno ha mai chiesto a nessuna associazione, e professare il dogma non si sa quanto mistico che le mele marce sono dovunque, questi obiettivi sono stati raggiunti.
Se si doveva intervenire sull’idea comune che le logge della Sicilia e della Calabria ma anche della Sardegna siano infiltrate dalle mafie, il potere di Bisi ha fallito e lo dimostrano processi importanti. In ordine cronologico invertito, dal 24 gennaio 2024 è a giudizio il medico Alfonso Tumbarello, affiliato alla loggia Goi numero 1035 “Valle di Cusa” a Campobello di Mazara nel trapanese, zona ad altissima densità mafiosa. Tumbarello, arrestato a febbraio del 2023, era il medico di Matteo Messina Denaro, catturato dopo una lunga latitanza pochi mesi prima di morire.
A novembre del 2023 l’ex parlamentare forzista Giancarlo Pittelli è stato condannato in primo grado a undici anni per concorso esterno in associazione mafiosa nel maxiprocesso “Rinascita Scott”, avviato da Nicola Gratteri quando era procuratore a Catanzaro. Pittelli ha dichiarato di essere entrato in massoneria nel 1988. Nel 1993 si era messo “in sonno” per poi tornare operativo nel 2017. In Rinascita Scott sono emersi i suoi contatti telefonici con Taroni per questioni immobiliari. Dal processo calabrese è stato invece archiviato Ugo Bellantoni della loggia 153 Michele Morelli di Vibo Valentia, una delle più chiacchierate del Grande Oriente. Ugo Bellantoni, 88 anni di cui 54 in massoneria, è padre di Domenico, attuale presidente della Corte centrale chiamata a decidere sul ricorso della lista Taroni.
È in corso in Sicilia il processo “Halycon-Assedio” che coinvolge il farmacista Angelo Lauria e il funzionario regionale Lucio Lutri, entrambi massoni. Lo scorso luglio la Cassazione ha annullato le loro condanne e ha ordinato di ripetere il processo d’appello che ruota intorno alla famiglia mafiosa di Campobello di Licata. Vito Lauria, figlio del boss Giovanni e maestro venerabile della loggia Arnaldo da Brescia di Licata, è stato condannato in via definitiva a otto anni.
Lo scorso settembre è stato arrestato per associazione mafiosa Tommaso Cocco, primario all’Ospedale marino di Cagliari. Dopo il provvedimento che ha colpito anche un nipote del bandito Graziano Mesina e un’ex assessora della giunta Solinas, Cocco è stato sospeso dalla loggia numero 1509 intitolata ad Armando Corona, avvocato cagliaritano e storico capo del Goi dopo lo scandalo della P2 di Licio Gelli.
Bisi respinge le accuse di scarsa vigilanza: «Nel Goi siamo antigarantisti. Se vieni indagato per abuso edilizio, vieni sospeso. Le espulsioni sono state meno di una decina. Alcune logge sono state demolite per difetti rituali. Altre, per esempio in Lombardia, hanno avuto problemi amministrativi». Fra gli epurati c’è Antonino Salsone, nato in provincia di Reggio Calabria e avvocato del foro di Monza, già a capo delle logge Goi della Lombardia. L’avvocato Salsone è figlio di Filippo, maresciallo della polizia penitenziaria assassinato a Brancaleone (Rc) con un’esecuzione chiaramente mafiosa. Era il 7 febbraio 1986, all’inizio della seconda cruentissima guerra di ‘ndrangheta, e fu il quattordicenne Antonino a dare l’allarme. Nel 2010 Giorgio Napolitano, uno dei presidenti della Repubblica più sensibili alle dinamiche della muratoria, ha insignito il maresciallo della medaglia d’oro al merito civile alla memoria.
I guai massonici di Salsone hanno come causa il nome di un altro presidente, Sergio Mattarella. Quando il palermitano è stato rieletto alla massima carica dello Stato nel 2022, un post cofirmato da Salsone e da Claudio Bonvecchio, filosofo e gran maestro aggiunto del Goi, ha avanzato dubbi sull’efficienza di un parlamento incapace di trovare un erede per il Quirinale.
Bisi, che per anni ha esemplificato il suo impegno antimafia attraverso la vicenda umana di Salsone, ha elevato una doppia tavola d’accusa che ha portato alla censura solenne, all’interdizione e infine all’espulsione del calabrese e di Bonvecchio che oggi commenta: «Bisognava colpire Salsone, che come me ha espresso un legittimo parere da cittadino senza mai tirare in ballo il Goi. È stata l’occasione per un regolamento di conti interno perché Salsone era un serio concorrente alla gran maestranza. Eppure ci sarebbero ben altri problemi. Alla Morelli di Vibo, con centoventi iscritti, neppure si riuniscono e il tesoriere teneva a casa 3 milioni di euro in contanti. Ho sempre sostenuto Bisi anche quando è stato accusato e poi assolto dall’accusa di riciclaggio perché percepiva denaro dal Montepaschi ai tempi di Giuseppe Mussari. Ma posso testimoniare che il senatore Pittelli era spesso a pranzo con Bisi e Seminario nella sede di Villa del Vascello sul Gianicolo. E Lutri era segnalato come individuo pericoloso da prima che fosse condannato in Sicilia dove chiesi di inviare un’ispezione magistrale da Roma. Fu mandato un ispettore della stessa circoscrizione con un nulla di fatto. Erano noti anche i problemi della loggia di Tumbarello. L’onorevole Bindi si era resa conto delle aree oscure. Idem per i fratelli di Svizzera, Austria e Germania che alla Gran loggia del 2023 non si sono presentati».
Salsone conferma l’imbarazzo verso la questione mafiosa. «Con quasi 23 mila affiliati, il Goi è un’associazione presente in modo capillare sul territorio e deve vigilare. Il messaggio di Taroni è la lotta alle infiltrazioni ma è altrettanto importante contrastare le posture, la mentalità e i silenzi mafiosi che da calabrese conosco bene. Bisogna dare un messaggio chiaro ai fratelli del Sud che soffrono lo stigma della collusione con le mafie. Lo dico mentre attendo la fine del mio processo interno con l’appello del 16 maggio prossimo. Do per scontata la conferma dell’espulsione. Poi mi rivolgerò alla magistratura ordinaria».
Bisi si è sempre difeso dicendo che durante la sua gestione il Goi ha riconquistato il riconoscimento da parte della Gran loggia unita d’Inghilterra (Ugle), una sorta di Vaticano della muratoria internazionale che aveva abbandonato il Goi dopo la P2 e dopo la denuncia di infiltrazioni mafiose da parte di Giuliano Di Bernardo. L’ex Gran maestro oggi tiene un blog molto seguito dove fa il padre nobile e non risparmia le critiche alle «carenze iniziatiche di Bisi e di Fabio Venzi», quest’ultimo ex pupillo dello stesso Di Bernardo a capo della Gran loggia regolare d’Italia, terza per affiliati fra le obbedienze italiane. Di recente, il Goi ha ripristinato il riconoscimento reciproco con i fratelli israeliani e mantiene un rapporto più disteso con la Chiesa, come si è visto in febbraio al convegno milanese dell’Ambrosianum con l’arcivescovo Mario Delpini e il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente emerito del pontificio consiglio per i testi legislativi.
Dietro l’ecumenismo e la spiritualità, le spaccature sono la regola. La Gran Loggia d’Italia degli Alam (antichi liberi e accettati muratori) si è divisa per uno scontro al vertice finito in tribunale con espulsioni reciproche e tre cause civili in discussione al tribunale di Roma su istanza degli scissionisti guidati dall’avvocato napoletano Sergio Ciannella contro il Gran maestro Luciano Romoli.
Una costante di queste liti è la contesa sul patrimonio immobiliare che, per le obbedienze principali, vale alcune decine di milioni di euro. La controversia più antica del Goi riguarda Palazzo Giustiniani, che è una delle sedi del Senato dopo la confisca dell’immobile decretata durante il fascismo. In teoria, si potrebbe chiedere la restituzione del bene. In pratica, sono in ballo i 140 metri quadrati destinati a museo della massoneria dopo un accordo sancito nel maggio del 1988 con l’allora presidente della camera alta, il repubblicano Giovanni Spadolini, esponente del partito più vicino alla massoneria del dopoguerra.
A fine gennaio 2024 le sezioni civili riunite della Cassazione hanno confermato che la competenza su palazzo Giustiniani spetta ai tribunali amministrativi. Una biblioteca massonica all’interno di una sede del parlamento avrebbe un significato forte e non solo per chi vive di simbolismi iniziatici. Si attende che la procedura riparta, anche se Bisi confida in «una soluzione bonaria» con il presidente attuale, Ignazio La Russa.
Meno bonaria è la disputa patrimoniale interna al Goi. Taroni, che alla richiesta di commento da parte dell’Espresso ha replicato «per il momento preferisco stare in silenzio», è anche un immobiliarista con la Magazzini Zarattini. In passato ha gestito una ventina di società oggi chiuse o in liquidazione. Il 33 romagnolo è stato a lungo garante di amicizia con i fratelli della Romania, dove era socio nella concessionaria Ferrari di Bucarest con l’ex ministro Ion Bazac. Adesso si è spostato verso la Turchia, dove la massoneria è storicamente diffusa negli alti ranghi dell’esercito. Da immobiliarista non gli sono sfuggite le anomalie dell’acquisto di un appartamento a Vibo rogitato a 200 mila euro e iscritto a bilancio del Goi a 470 mila euro. Su questa transazione c’è una denuncia penale.
Oltre alla srl Urbs, da trent’anni braccio immobiliare del Goi, nel 2019 Bisi ha costituito la Fondazione Grande oriente. La onlus ha comprato a man bassa. Fra gli acquisti, ci sono la sede di Cosenza (3 milioni di euro) e un locale nel cuore di Bologna in Strada maggiore (2 milioni). Altri due milioni di euro sono stati investiti a Udine, a Taranto e a Pescara con la nuova casa massonica di Villino Bucco, a duecento metri dalla casa natale di Gabriele d’Annunzio.
Gli acquisti via onlus sono stati motivati da questioni fiscali. È un campo minato dove il Goi si è già esibito per evitare il pagamento dell’Imu, a immagine e somiglianza dell’amata-odiata Chiesa cattolica. «Sono entrato in massoneria», dice ancora Salsone, «per stare in una comunione etico-spirituale. È giusto che ci sia un braccio societario che si occupa dei templi, come Urbs. Ma la Fondazione è un doppione di cui non vedo l’utilità».
La tempesta nel Grande oriente sta scuotendo anche le altre obbedienze. «Seguiamo le vicende del Goi con apprensione», dice Ciannella dopo la scissione dagli Alam che custodiscono un rilevante patrimonio immobiliare a partire dallo splendido palazzo Vitelleschi in centro a Roma, oggetto di una causa da parte dei circa quattrocento scissionisti. «La spaccatura è analoga alla nostra dopo le elezioni del 2016 quando il Gran maestro di allora, Antonio Binni, fu riconfermato per pochi voti. D’altronde, dopo essere stato iniziato nel 1968, ho visto continue divisioni. Si vede che il nostro senso critico è particolarmente accentuato». E quando si aggiungono questioni di potere e di soldi, ci vuole un attimo per passare da fratello a Caino.
La replica al nostro articolo dell'International Order of DeMolay Italy
In riferimento all’articolo publicato sul settimanale Espresso, n. 13, anno 70, del 29 marzo 2024 dal titolo “LOGGE E POTERE” desidero precisare che l’Ordine del DeMolay Internazionale è neutrale e non si intromette nella politica del Grande Oriente d’Italia. Il Grande Oriente d’Italia ha invitato la Mia persona in rappresentanza del DeMolay in Italia e il Gran Maestro del Supremo Consiglio del DeMolay International proveniente direttamente da Kansas City USA, sede dell’Ordine Internazionale e saremo presenti come Delegazione Estera.
È vero che non mi hanno concesso la sala per il nostro consueto incontro rituale del DeMolay, ma anche l’anno scorso per motivi tecnici non ci è stata concessa: di conseguenza il non concedermi la sala non deve essere imputato agli ultimi eventi per le votazioni del nuovo Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia.
Luciano Critelli
The International Order of DeMolay Italy
La nostra risposta
Luciano Critelli è iscritto al Goi da 49 anni. Il suo dispiacere è anche il nostro nel vedere che considera negativo il termine “politica”. Quanto al permesso di citare il suo nome o quello dei De Molay, non ne abbiamo bisogno perché ce lo concedono la Costituzione e il diritto di cronaca. Le voci raccolte dall’inchiesta de L’Espresso riguardo alla mancata concessione della sala arrivano dai vertici del Goi e sono del resto confermate da Critelli nella sua missiva.
G.T.