Inchieste
13 novembre, 2025Articoli correlati
Il caso Juve Stabia è soltanto l'ultimo: criminalità e pallone vanno assieme e, spesso, si nascondono dietro strani investitori stranieri. Nel frattempo sta per finire la sbornia dei crediti fiscali (40 milioni di euro solo nel '24/'25) per pagare le tasse. Dalla legge Lotito alle partite truccate: tutto ciò che c'è da sapere su un movimento in grave crisi
Di record in record. Il calcio italiano ha mandato ufficialmente la camorra in serie B con il club di Castellammare di Stabia, chiuso per infiltrazioni. Poco prima era toccato al Foggia, in terza serie. I tifosi attendono con trepidazione che la «linea della palma» evocata da Leonardo Sciascia salga ufficialmente fino alla serie A. La possibilità che sia già successo è schermata da una serie di barriere finanziarie con base oltre Oceano dove, va detto, non sono messi meglio. La lega professionistica di basket (Nba) è stata appena investita dallo scandalo delle scommesse con la supervisione di quattro delle cinque famiglie di Cosa Nostra a New York, alla faccia della presunta esemplarità dello sport Usa invocata dai dirigenti nostrani. Che riformano, trasformano, rinnovano. Il risultato è un groviglio di norme contraddittorie sul triplice piano delle leggi ordinarie, delle normative fiscali e dell’universo parallelo, sacralmente autonomo, dell’ordinamento sportivo. Sono sistemi che dialogano poco, spesso si ignorano o fingono di non conoscersi a beneficio di una zona grigia composta dai tecnici di laboratorio dell’illegalità che, invece, analizzano con diligenza le debolezze del modello per usarle a loro vantaggio. Sono passati pochi mesi dallo scandalo dei crediti fiscali che hanno condannato il Brescia di Massimo Cellino. Sono trascorsi un paio di anni dalla riduzione in quasi nulla dei debiti della Reggina, che è stata sommersa, e della Sampdoria, che è stata salvata proprio lo scorso anno dal caso Cellino e dai tifosi vip del club blucerchiato. I nostalgici possono rimpiangere i tempi in cui una squadra di alto livello si identificava con la faccia di un presidente, più ancora che con i giocatori-simbolo. Si può aggiungere che fino a vent’anni fa le mafie si interessavano soprattutto al calcio dilettantistico, quello che procurava consenso al capobastone del paese. La valanga di soldi portata dalle televisioni e dai progetti immobiliari collegati al rinnovamento degli stadi ha cambiato la situazione in modo radicale. I piccoli affari da stadio nell’ordine di qualche milione di euro (parcheggi, droga, merchandising) sono da tempo in mano alla manovalanza di mafia e ultras che ha coinvolto Milan, Inter, Juventus, Palermo, Lazio, la Roma dei primi anni Novanta. Ma per le grandezze economiche di un mondo che pesa miliardi sono effetti collaterali. Non è con il San Luca in serie D o in Eccellenza che la ’ndrangheta può risolvere il problema del riciclaggio. Il laboratorio illegale del calcio ha bisogno di dinamismo, efficienza e numeri accompagnati da molti zeri.
I casi di studio nel calcio sono molteplici, a volte comici, a volte tragici, altri assurdi. Quello della Juve Stabia li riassume tutti. A inizio campionato il club campano era pronto a una seconda stagione in B con l’obiettivo di puntare alla promozione nel giro di qualche anno. In estate la squadra ha accolto il socio straniero, la Brera Holding con sede in Irlanda, che ha preso il 52 per cento del club. Brera è un fondo che immette denaro nel calcio sfidando la geografia, dalla Macedonia alla Mongolia sino a Castellammare. Alla guida c’è l’italoamericano Daniel Joseph McClory, definito con la solita generosità dai media «investitore, banchiere, filantropo». McClory pareva pronto a rilevare il restante 48 per cento dal presidente Andrea Langella. Oggi la Juve Stabia, infestata dalla camorra a ogni livello, dai biglietti alle bevande, dalle pulizie ai bagni pubblici, dal settore giovanile ai viaggi in trasferta, è in amministrazione giudiziaria su ordine del tribunale che ha recepito la richiesta congiunta del procuratore nazionale antimafia, del procuratore della Repubblica, del questore di Napoli per un accertato «sistema di condizionamento mafioso dell’attività economica della società calcistica da parte del clan camorristico D’Alessandro egemone nel territorio stabiese». Secondo gli inquirenti, l’attuale proprietà, estranea ai fatti contestati, «è subentrata in relazioni economiche di antica data che sin dall’origine si sono rivelate sottoposte al condizionamento mafioso e rispetto alle quali non si è dotata di adeguati meccanismi di controllo e prevenzione». Quando la famiglia Langella ha acquisito la società nell’estate 2022, la Juve Stabia in serie C era prossima al fallimento con una esposizione debitoria di circa 9 milioni di euro nei confronti dello Stato: 6 con l’Agenzia delle Entrate (Ade) e 3 con l’Inps. I Langella erano disposti a pagare non più di 500 mila euro su oltre 6 milioni e Ade non aveva aderito alla ristrutturazione del debito. Senza l’Agenzia, che rappresentava il 67 per cento dei creditori con una quota minima da raggiungere del 60 per cento, era impossibile procedere. Ma il commercialista Vincenzo Sica dello studio Sica&Partners ha ottenuto il decreto di omologa dal tribunale di Torre Annunziata utilizzando il «cram down» fiscale, cioè con l’adesione coatta dell’Ade: «Fu una sentenza che, applicando le norme esistenti, dimostrò una formula per la salvezza per diverse società di calcio», dice Sica. «Oggi il quadro normativo è più stringente». Con circa 750 mila euro la famiglia Langella ha saldato il debito da 9 milioni di euro con lo Stato e il club, ripulito, è passato da un fallimento ormai certo alle prime posizioni in Serie B. Anche per la gioia della camorra. Adesso il problema Juve Stabia è di nuovo dello Stato.
In tre anni sono otto i club che hanno sfruttato le recenti riforme del Codice della crisi e la transazione fiscale per scaricare cattive gestioni e milioni di debiti. Oltre a Reggina e Juve Stabia, ci sono Perugia e Fermana e soprattutto le due genovesi. Nel 2023 Sampdoria e Genoa si sono liberate del 65 per cento dei debiti fiscali che, in totale, arrivavano a circa 100 milioni. Il residuo lo hanno spalmato in dieci e vent’anni. Il piano di ristrutturazione della Samp, che al momento del nullaosta dal tribunale era appena retrocessa in serie B, prevedeva la risalita in A in due anni e un consistente aumento dei ricavi. Fantasia. La Samp lo scorso anno era sprofondata in C, prima che l’esclusione del Brescia la mandasse allo spareggio-salvezza. Quest’anno è in zona retrocessione e i suoi conti peggiorano. L’esercizio 2024 è stato chiuso con una perdita di 40,6 milioni di euro in aumento di 10,7 milioni sul 2023. Anche il Genoa, che continua a cambiare organigramma e proprietà, è in zona retrocessione in serie A con una perdita di 33,3 milioni nel bilancio chiuso al 30 giugno 2025 con un debito che, grazie agli sconti dello Stato, è calato da 160 a 129 milioni.
Nonostante le rottamazioni, le falcidie e i regali, il calcio italiano agonizza sotto il peso di 5,5 miliardi di euro di debiti di cui 3,7 riguardano la prima serie. Scendendo di categoria, le cifre sono altrettanto soffocanti perché le scorciatoie sono meno percorribili. In questi anni, numerosi club di B e C hanno approfittato dei crediti fiscali generati dai bonus edili per saldare le tasse. In situazione estreme, il Brescia fallito e il Trapani penalizzato sono ricorsi, a loro insaputa, a crediti fiscali rivelatisi fasulli, senza insospettirsi per il fatto di pagarli al 23-25 per cento del valore dichiarato e per di più a rate. Nei bilanci dei club dei campionati professionistici, secondo quanto appreso da L’Espresso, ci sono circa 40 milioni di crediti fiscali di quattro tipologie diverse: crediti fiscali acquistati da terzi per 5 milioni di euro; crediti fiscali acquistati direttamente o tramite circuiti interbancari per 30 milioni di euro; crediti fiscali per spese deducibili per circa un milione di euro; crediti fiscali derivanti da detrazioni e imposta sul valore aggiunto da decine a centinaia di migliaia di euro. La neonata Commissione indipendente per la verifica dell’equilibrio economico e finanziario dei club professionistici – creata dal governo Meloni e presieduta dal magistrato contabile Massimiliano Atelli in sostituzione della Covisoc della Federcalcio – sarà presto impegnata a verificare la bontà di queste dichiarazioni e il pagamento delle rate fiscali sfruttando la compresenza nella stessa del presidente dell’Inps e del dg dell’Ade. Come farà il calcio a rimettere i suoi debiti ora che i crediti fiscali stanno per scomparire? Da un paio di anni numerosi club hanno tentato la strada della ristrutturazione del debito, ma si sono scontrati con una norma voluta dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e tradotta in un provvedimento dell’Ade dal direttore dell’epoca Ernesto Maria Ruffini. Da quasi due anni la competenza sulle transazioni fiscali superiori al 70 per cento dei debiti o ai 30 milioni di euro spetta al direttore dell’Ade e non più ai distretti provinciali. Questo ha scoraggiato molti tentativi. E avrebbe reso molto più complicato l’omologa al piano di Genoa e Samp. Quando i soldi non mancano e arrivano dall’estero stipati in misteriosi fondi, però, emergono altri quesiti. Il senatore forzista Claudio Lotito è uno dei patron italiani superstiti e con la Lazio da vent’anni cerca di rivaleggiare con i grandi club. Lotito ha depositato in Senato una legge per imporre trasparenza ai fondi che sbarcano a frotte nel calcio italiano a partire dal cinque per cento di capitale. «Non è possibile che eludano qualsiasi regola di trasparenza», spiega a L’Espresso. «Devono dichiarare se ci sono proprietà multiple, rivelare la provenienza del denaro, fare i nomi dei soci all’Anticorruzione e alla Federcalcio. Su questa legge ho ricevuto solo consensi, da maggioranza e opposizione».
Il betting, soprattutto online, resta un altro aspetto criminogeno. Poco prima dell’operazione Penalty la procura di Milano ha comunicato la conclusione delle indagini al nazionale Sandro Tonali e agli ex azzurri Nicolò Zaniolo e Nicolò Fagioli. È un filone dell’inchiesta che ha già portato a squalifiche sportive e riguarda la pubblicizzazione di piattaforme illegali fra calciatori. L’eventuale condanna può essere estinta con una contravvenzione da 250 euro.
Lontano dai riflettori del calcio di prima fascia, le risonanze mediatiche si fanno impercettibili. Per qualche ora a fine ottobre si è parlato dell’operazione Penalty della procura di Reggio Calabria. Il reato di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva ha portato agli arresti cinque persone. L’arbitro coinvolto contattava i colleghi, fra i quali quello che lo ha denunciato, e prometteva migliaia di euro in cambio di risultati indirizzati verso le scommesse over. I flussi anomali di puntate segnalati dall’Agenzia dei Monopoli riguardavano i campionati Primavera giocati dalle giovanili dei club professionistici, ma la fascia a rischio maggiore è il calcio dilettantistico che, secondo il Report 2025 della Figc, è un’industria da 3 miliardi di euro con 50 mila lavoratori. Nella fascia dei dilettanti sono inclusi i campionati dalla serie D alla terza categoria, il calcio femminile, il calcio a 5 e il beach soccer. La Lega nazionale dilettanti (Lnd) è guidata da Giancarlo Abete, imprenditore romano di 75 anni e dirigente calcistico da una vita. Ha presieduto la Figc, è stato commissario della Lega di A e, durante la Prima Repubblica, deputato democristiano. La Lnd è decisiva nell’elezione del numero uno della Federcalcio. Tanto basta a tenere in piedi questo calderone che include paesini e piazze sportive con decine di migliaia di tifosi. Anche il calcio dilettantistico è diventato un obiettivo interessante per i capitali stranieri. L’Acr Messina, che gioca in serie D con una penalizzazione di 14 punti per mancati pagamenti l’anno scorso in Lega Pro, ha presentato i suoi nuovi padroni italo-australiani: Justin Davis e l’ex calciatore Maurizio Antonio Pagniello detto Morris. Dopo che la coppia Davis-Pagniello ha tentato di comprare la Lucchese all’inizio del 2025, l’operazione Messina è stata condotta attraverso il fondo Global capital di Dubai e il Racing city group di Pagniello, che a fine agosto ha fondato a Montecarlo il Monaco United Fc. Nel 2015 Pagniello è stato coinvolto nell’operazione «Dirty Soccer» della procura di Catanzaro che si occupava di partite truccate in Lega Pro e Dilettanti. La giustizia sportiva dell’allora procuratore Federcalcio Stefano Palazzi sanzionò Pagniello con otto mesi di inibizione e 35 mila euro di ammenda. Dieci anni dopo l’avventura continua, anche grazie all’abbassamento dei controlli. Sotto e sopra la linea della palma.
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