Libia armata (da Russia e Turchia), Italia disarmata - I documenti esclusivi

Ufficiale italiano in Libia davanti a una nave militare della missione Eunavfor
Ufficiale italiano in Libia davanti a una nave militare della missione Eunavfor

Le navi-fantasma di Mosca con l'arsenale per i mercenari di Haftar. I cargo di Ankara per il governo di Tripoli. E i militari europei che non possono intervenire. La nuova inchiesta internazionale de L'Espresso con Icij

In Libia le milizie continuano ad armarsi. Dopo più di un decennio di guerra civile, tutte le fazioni ricevono ancora forniture belliche, segretamente, dagli alleati strategici: la Russia per il regime di Haftar, la Turchia per il governo di Tripoli. Mentre le missioni di controllo varate dall'Unione europea assistono impotenti ai traffici di armi, limitandosi a segnalarli in via riservata, senza riuscire a intervenire.

 

Un'inchiesta giornalistica internazionale, a cui partecipa L'Espresso in esclusiva per l'Italia, ha portato alla luce 48.100 documenti sulla Libia trasmessi negli ultimi anni, fino al 2024, al servizio affari esteri dell'Unione europea (Eeas). Tra le carte che il consorzio Icij ha condiviso con il nostro settimanale ci sono atti interni delle autorità militari, ma anche rapporti provenienti da agenzie doganali e di polizia come Frontex, Eubam, Europol e Interpol. Molti documenti riguardano l'operazione Irini, il programma di pattugliamento delle coste libiche affidato alle forze navali dell'Unione Europea (in sigla, Eunavfor): la missione, attiva dal 2020 e rifinanziata dal governo Meloni, ha il quartier generale a Roma ed è guidata da un comandante italiano. L'obiettivo di Irini (che in greco significa pace), indicato negli atti istitutivi, è bloccare i traffici d'armi per fermare la guerra civile, oltre a ridurre i flussi di migranti che partono a decine di migliaia dalle coste libiche. Nell'insieme, come riassumono i giornalisti del consorzio, i documenti evidenziano «l'impotenza e il sostanziale fallimento delle missioni europee».

 

Diversi rapporti militari riguardano navi da carico russe che nel corso del 2024 sono approdate a Tobruk, Bengasi o in altri porti della Cirenaica, la Libia orientale, controllata dal regime del generale Khalifa Haftar. Numerosi documenti, intitolati «Ais Anomaly Reports», segnalano anomalie nella gestione del sistema di geo-localizzazione dei natanti (Automatic identification system). Ne risulta che nel 2024, quando la Siria era ancora sotto il controllo del dittatore Bashar Al Assad (poi deposto e costretto alla fuga a Mosca), almeno dieci navi russe hanno spento o manipolato l'Ais mentre si avvicinavano al porto siriano di Tartus. E lo hanno riacceso dopo essere tornate in alto mare. Oltre a disattivarlo, alcune ne hanno manipolato i dati, facendo così figurare di essere altrove. A provarlo sono le foto satellitari, allegate in particolare ai rapporti della marina tedesca (che partecipa a Irini), che identificano le navi cargo di Mosca mentre sono ormeggiate nella base militare di Tartus. Si vedono anche tre bastimenti, chiamati Sparta, Sparta II e Ivan Skobelev, segnalati dai servizi di sicurezza ucraini proprio per traffici clandestini di armi russe.

 

Solo in uno dei dieci casi, che riguarda il cargo libanese Majid B, non è chiaro quale fazione libica abbia ricevuto i container. Di certo nel giugno 2024 anche quella nave ha spento l'Ais, è entrata a Tartus e ha imbarcato un carico segreto. Dopo una tappa in Turchia, ma con l’Ais riacceso, il suo viaggio si è concluso a Misurata, la città libica controllata da milizie alleate del governo di Tripoli, che è nemico di Haftar. Tutte le altre navi fotografate a Tartus sono russe e hanno scaricato i loro carichi-ombra nei porti di Tobruk e Bengasi.

 

Nel corso del 2024, secondo le carte disponibili, le forze militari europee hanno effettuato almeno un tentativo di bloccare questi sospetti traffici marittimi di armi russe, ma senza riuscire a sequestrare nulla. Il caso riguarda la nave Barbaros, che un anno fa ha spento l'Ais (e ne ha poi truccato i dati) mentre era in viaggio verso Tobruk con un grosso carico imbarcato in un porto russo, come risulta da un rapporto dell'Interpol. I militari europei hanno fermato e abbordato il Barbaros, scoprendo che trasportava 115 veicoli militari con colori mimetici: non si trattava però di carri armati o altri mezzi adatti solo a scopi bellici, ma di camion blindati, jeep e fuoristrada in teoria adattabili anche per funzioni civili. La nave è quindi potuta ripartire per Tobruk. La polizia europea ha allegato al rapporto le foto dei blindati e ha comunque avvertito gli ufficiali di Irini che l'arrivo in Libia di quel carico russo «è una conferma del trend di militarizzazione».

 

A circostanziare l'allarme sull'avanzata russa in Libia e in tutta l'Africa sub-sahariana sono le relazioni trasmesse ai comandi militari per preparare gli incontri con rappresentanti dei governi europei. Nelle bozze preparatorie di un vertice con il ministro lituano della Difesa, ad esempio, il comandante di Eunavfor viene avvisato che «la presenza militare russa in Libia è in continua espansione», che «i mercenari dell'ex Gruppo Wagner vengono riassunti o rimpiazzati da un altro esercito privato chiamato Africa Corps», che «negli ultimi sei mesi i voli russi in Libia sono raddoppiati ed è in aumento anche il traffico marittimo».

 

I rapporti avvertono che la Cirenaica di Haftar è una testa di ponte per conquistare l'Africa centrale: «La maggior parte delle dotazioni militari russe che arrivano in Libia, in realtà sono in transito verso i Paesi del Sahel», si legge nel documento. «La presenza navale russa nel Mediterraneo è un dato di fatto», concludono i militari: «Noi vediamo regolarmente le loro navi approdare in Libia».

 

In questa situazione, l'ambasciatore della Ue in Libia, che è il diplomatico italiano Nicola Orlando, invita le autorità politiche, con una nota scritta, a valutare l'opportunità di rafforzare la presenza europea in Cirenaica, per compensare l'appoggio russo al governo di Haftar: «Quello che non facciamo noi nell'Est della Libia, lo farà la Russia», è la sintesi del suo messaggio. Di fianco, nel documento ricevuto dai militari, c'è la parola «yes», sì, scritta con la penna rossa da uno dei destinatari, che è sicuramente un graduato di alto rango.

 

Le attività di Mosca nella Libia Orientale vengono monitorate con dettagliate relazioni militari che ogni settimana, per tutto il 2024, segnalano e documentano l'arrivo di navi russe, i movimenti dei convogli bellici, la partecipazione di istruttori e il supporto di Mosca alle esercitazioni delle forze armate di Haftar. Un controllo continuo, ma finora risultato inutile. Un caso eclatante riguarda la nave cargo Med Sea Eagle, che tra aprile e luglio 2024 compie un misterioso viaggio dagli Emirati arabi fino a Bengasi, in Cirenaica. Il 12 luglio il suo armatore, un uomo d'affari turco, denuncia alla missione europea Eunavfor di aver fatto ispezionare la propria nave, scoprendo che trasportava carri armati, in violazione dell'embargo deciso dall'Onu che dal 2011 vieta di armare la Libia. L'armatore precisa di aver dato in noleggio la barca a una compagnia anonima degli Emirati e di aver ordinato al suo comandante di fermarsi, dopo l’ispezione, mentre era ormeggiata nel porto di Safaga, prima del canale di Suez. La compagnia invece ha pagato un bonus all'equipaggio, che nella denuncia viene definito tangente, per continuare il viaggio. Quindi l'armatore turco ha chiesto alle autorità egiziane di controllare la nave, che ha potuto invece proseguire indisturbata la sua rotta. Il regime militare del Cairo è uno dei maggiori alleati di Haftar, con la Russia e gli Emirati.

 

Per poter abbordare una nave, le forze europee devono chiedere l'autorizzazione allo Stato dove è immatricolata, anche se operano in zone di guerra. Dunque, il 15 luglio, tre giorni dopo aver ricevuto la denuncia, i militari dell'Eunavfor chiedono il permesso a Panama, dove è registrata la Med Sea Eagle. La risposta arriva in quattro ore. Ma nel frattempo la nave dei misteri è entrata nelle acque territoriali libiche. E la missione europea deve fermarsi: può operare solo in acque internazionali. Nell'unico caso in cui avrebbe avuto serie probabilità di sequestrare una grossa fornitura bellica all'esercito di Haftar, insomma, la forza navale della Ue è entrata in azione troppo tardi. Missione fallita.

 

Nei documenti si parla anche di forniture segrete al governo di Tripoli. Dai rapporti militari si ricava che uno dei maggiori oppositori ai controlli internazionali sulla Libia è la Turchia, che fa parte della Nato ed è una nazione alleata della Ue. Gli atti però mostrano che, in pratica, la Russia fa tutto di nascosto, armando l'esercito di Haftar con una flotta di navi-fantasma, mentre la presidenza turca si oppone apertamente a qualsiasi verifica sulle proprie forniture al governo di Tripoli. Nel settembre 2024 un consulente legale del governo francese elenca undici casi accertati di «rifiuto di ispezioni» nei due anni precedenti, dove è sempre la Turchia a dire no ai controlli chiesti dai militari europei. Alla fine del mese, con la richiesta di Eunavfor di ispezionare la nave Matilde A, arriva il dodicesimo rifiuto opposto dall'ambasciatore di Ankara.

 

I successivi incontri tra i militari e i diplomatici della Ue e dell’Onu si chiudono con la constatazione che «la Turchia sta continuando a inviare veicoli aerei e sistemi di difesa al governo di Tripoli». In un memorandum di Eunafvor resta annotato che i militari europei hanno tentato di coinvolgere la Nato, ma «il comandante della marina alleata ha disdetto l'incontro» per evitare problemi con la Turchia.

 

Lo stesso governo di Tripoli, come si legge nei documenti dell'Eeas, ha opposto «un rifiuto ufficiale, esplicito» ai controlli di Eunavfor. Una linea che i militari europei collegano al «recente accordo con la Turchia per nuove forniture militari». Per tutto il 2024 si moltiplicano gli sforzi diplomatici per convincere Tripoli a non boicottare la missione navale europea. In ottobre l'ambasciatore Orlando prepara una lettera indirizzata al ministro degli esteri libico con la richiesta di «aprire la porta al dialogo» con Eunavfor. Il testo è in inglese, come di regola, tranne un'espressione scritta in italiano: «A parte», rivela una nota accompagnatoria intestata a Eunavfor, «stiamo mandando una lista di quello che Irini può offrire in addestramento e materiale, come le uniformi, ma questo non deve essere materia della lettera ufficiale».

 

Nonostante il doppio sforzo di rilanciare i rapporti con Tripoli e aprire una trattativa con Haftar, almeno fino a quattro mesi fa, come riassumono gli ultimi documenti consultabili dai giornalisti, «l'Unione europea sembra non avere nessun vero alleato in Libia».

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