La strage di Ustica non è un mistero: l'aereo passeggeri fu abbattuto da un caccia della Nato che inseguiva un aereo nemico. Nel numero in edicola da venerdì 20 giugno L'Espresso pubblica i risultati delle ultime indagini sul disastro che da 45 anni rimane senza colpevoli, chiuse dalla Procura di Roma con una richiesta di archiviazione di 435 pagine. È l’atto finale di un’inchiesta durata sedici anni, che non è riuscita a smascherare (per abbondanza di depistaggi) il pilota dell’aereo militare che ha causato la morte di 81 persone, ma comprova che in quei giorni diversi caccia «americani e francesi» parteciparono a «operazioni di guerra in tempo di pace», fino a provocare la tragedia.

Il manifesto simbolo dell'associazione dei parenti delle vittime (77 passeggeri e 4 membri dell'equipaggio), presieduta da Daria Bonfietti, sorella di Alberto.
Anche le ultime indagini penali, durate sedici anni, smentiscono la falsa tesi (screditata da tempo) del «cedimento strutturale», che provocò la crisi e il fallimento dell'incolpevole compagnia Itavia, e demoliscono anche la persistente teoria depistante della bomba terroristica. Nella richiesta conclusiva di archiviazione, che risale al gennaio 2024 ma è rimasta riservata fino al maggio scorso, il pubblico ministero Erminio Amelio conclude che «la quasi collisione è la tesi oggettivamente meglio riscontrata», dedicando un capitolo finale alle nuove scoperte di tre esperti, che hanno trovato cinque tracce materiali di «impatto» con un altro aereo.

L'Espresso dell'11 aprile 2025: in copertina l'inchiesta su Ustica
Lo scenario della collisione, sfiorata o realizzata, coincide con la ricostruzione pubblicata da L’Espresso già nell’aprile scorso. Un aereo libico proveniente dalla Jugoslavia incrocia il DC-9 in Toscana e gli si nasconde sotto, per sfuggire ai radar. L’intruso viene scoperto dal potente aereo-spia americano Awacs e poi identificato da due F-104 italiani, che danno l’allarme e poi atterrano. A quel punto altri due caccia, molto probabilmente statunitensi, si lanciano all’inseguimento dell’aereo nemico. Tra Ponza e Ustica, nella zona d’ombra al limite della portata dei radar civili, virano a 90 gradi e attaccano l’intruso, incrociando così l’aereo dell’Itavia, che precipita. Questi sono i fatti considerati certi da tutte le sentenze civili e dalle ultime indagini penali.

MANOVRA D'ATTACCO - La perizia che mostra le tracce radar della virata a 90 gradi eseguita da almeno un caccia per attaccare un aereo nemico, probabilmente un Mig libico, nascosto sotto il DC-9.
Nell'atto di chiusura delle indagini, il magistrato esamina l'ipotesi che l'aereo dell'Itavia sia stato abbattuto da un missile, lanciato da un caccia americano o francese: per il pubblico ministero è uno scenario possibile, ma non probabile, per mancanza di evidenze materiali di un’esplosione esterna. Le indagini hanno confermato la presenza di una portaerei e di almeno due caccia francesi, ma i nuovi elementi di prova rafforzano le tesi che il DC-9 sia precipitato a causa dell'impatto con un caccia della Nato. A provarlo, oltre a decine di nuove testimonianze, sono elementi oggettivi come il serbatoio esterno di un aereo militare statunitense, ritrovato in fondo al mare vicino a Ustica, in mezzo ai resti dell'aereo passeggeri.

Nella foto qui sopra, i pezzi del serbatoio di un aereo militare americano recuperato nei fondali di Ustica, tra i resti del DC-9, e ora scomparso.

Il serbatoio recuperato ha la punta celeste: è il colore distintivo dei caccia “A-7E Corsair II” utilizzati nel giugno 1980 dalla squadriglia VA-37 “Bulls” imbarcata sulla portaerei americana Saratoga , che era a pochi minuti di volo da Ustica.
L'atto finale dell'indagine giudiziaria conferma la validità del lavoro degli esperti intervistati in aprile da L'Espresso, in particolare il professor Donato Firrao e gli ingegneri aeronautici Ramon Cipressi e Marco De Montis, che hanno scritto diversi libri e relazioni scientifiche sulla strage di Ustica. Sono loro ad aver scoperto, tra l'altro, che la trave metallica di aggancio (evidenziata in giallo nella foto sopra) risulta tranciata, segno che quel serbatoio non è stato sganciato: si è spezzato nell'impatto con un altro aereo. Il pubblico ministero conclude che quei reperti appartenevano sicuramente a un caccia statunitense e meriterebbero una nuova perizia. Ma è impossibile: il serbatoio è sparito, anche se era sotto sequestro giudiziario, come molte altre prove che portavano a Washington.