Oltre cinquemila aggressioni e minacce a politici e funzionari degli enti locali dal 2010 ad oggi. E la violenza contro le istituzioni si estende in Europa. In anteprima il rapporto di Avviso Pubblico

Sindaci e assessori nel mirino: in Italia un'intimidazione al giorno, criminalità all'assalto dei comuni

Almeno un’intimidazione al giorno. Ed è sempre così da quindici anni: un assedio costante, senza tregua. È un dato statistico che basta da solo a misurare la gravità e persistenza delle pressioni criminali che bersagliano i nostri amministratori locali: sindaci, assessori, consiglieri e intere assemblee elettive comunali, provinciali e regionali, insieme a funzionari e dirigenti degli uffici pubblici. Sono i rappresentanti delle istituzioni democratiche radicate nel territorio, le più vicine ai cittadini. E sono i più colpiti da raid delinquenziali spesso deliberati da organizzazioni di stampo mafioso.

 

Avviso Pubblico è l’associazione antimafia che dal 2010 raccoglie e cataloga tutti i casi conosciuti di violenze, minacce, aggressioni e intimidazioni contro esponenti degli enti locali. Con l’ultimo studio, i dati verificati arrivano al 2024. In questi quindici anni, in Italia, si contano ben 5.716 azioni intimidatorie: una media di 381 all’anno, 32 al mese, almeno una al giorno, appunto. Negli ultimi cinque anni la cifra totale era o forse appariva in calo, ma è sempre rimasta sopra la quota minima di 315 e nel 2024 è tornata a salire.

 

In questo articolo L’Espresso anticipa alcuni dei dati più significativi del quindicesimo rapporto annuale di Avviso Pubblico, “Amministratori sotto tiro”, che viene presentato l’otto luglio a Roma. La ricerca aggrega quindici anni di dati: un bilancio che permette di valutare le tendenze, i cambiamenti e le costanti. La più vistosa verità d’insieme è che più di metà delle intimidazioni contro gli amministratori locali continuano a essere commesse nelle regioni dove sono cresciute le quattro mafie storiche – Sicilia, Calabria, Campania e Puglia – anche se con notevoli differenze da un’area all’altra.

 

L’assedio criminale alla politica è più forte e pervasivo in sette province dove oltre il 60 per cento dei comuni risultano colpiti da atti intimidatori: Napoli, Reggio Calabria, Nuoro, Vibo Valentia, Agrigento, Bari e Taranto. A cambiare da un territorio all'altro è anche il tipo di azione minatoria: nel Nord Italia sono prevalenti le minacce verbali; al Sud la maggioranza delle intimidazioni conosciute si realizza con danneggiamenti, pestaggi, attentati e incendi.

 

Il problema riguarda tutto il Paese: come mostrano i grafici pubblicati qui sopra, negli ultimi quindici anni nessuna provincia italiana è stata immune da violenze e intimidazioni contro gli amministratori pubblici. Decine di casi preoccupanti riguardano comuni del Centro-Nord, da Roma a Milano, da Torino a Vicenza e Padova.

 

I ricercatori dell’associazione avvertono, inoltre, che questi sono i dati visibili. Poi c’è una realtà sommersa: molte vittime non denunciano per paura, specie in zone ad alta densità mafiosa. Ma pure in Lombardia, Veneto, Emilia e Piemonte spesso sono le indagini giudiziarie (soprattutto con le vituperate intercettazioni) a far emergere violenze e pressioni di stampo mafioso sulla politica locale, che altrimenti restano invisibili anche al Nord.

Il rapporto di Avviso Pubblico aggiorna e ripercorre lo storico lavoro d’indagine svolto dalla Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi, con Claudio Fava, Doris Lo Moro e altri, che aveva registrato e studiato gli omicidi politici dei quarant’anni precedenti. Nella relazione finale pubblicata nel 2015 si legge che in Italia, dal 1974 al 2013, sono stati ammazzati 132 amministratori in carica o candidati alle elezioni negli enti locali. Quasi metà (il 47 per cento) sono delitti di mafia.

 

La lista rossa comprende nomi celebri come Piersanti Mattarella, presidente della Regione Sicilia, Francesco Fortugno, consigliere regionale calabrese, Angelo Vassallo, sindaco di Pollica e Acciaroli, e tutte le altre vittime che la Commissione ha avuto il merito di ricordare. Perfino il numero dei delitti politici locali è sottostimato: in altri undici casi, non conteggiati, sono stati uccisi parenti degli amministratori in carica, in contesti che fanno sospettare vendette trasversali.

 

Nella relazione Bindi, richiamata anche per questo nel nuovo rapporto, vengono evidenziate le conseguenze politiche delle intimidazioni: nel periodo esaminato furono accertate almeno 70 dimissioni individuali o collettive di sindaci, assessori e consiglieri bersagliati. In 21 di questi casi, ne è conseguito lo scioglimento dei consigli comunali. Alle tante e dibattute vicende di amministrazioni commissariate per infiltrazioni mafiose, bisognerebbe aggiungere queste storie meno note in cui è la mafia a decidere lo scioglimento.

 

Negli ultimi anni il virus delle pressioni criminali sulla politica locale ha contagiato tutta Europa. Il rapporto antimafia si chiude con uno studio sulle intimidazioni e aggressioni contro gli amministratori locali realizzate nell’intero Continente tra il 2020 e il 2024. Ne risulta che in questi cinque anni sono saliti a 29 i Paesi europei dove si è registrata almeno un’azione violenta. Il dossier, curato dall’Acled (Armed Conflict Location & Event Data), un gruppo di ricerca specializzato nel censire i danni e le vittime delle guerre, mostra come all’interno dell’Unione europea, nel 2024, si sono registrati 110 attacchi fisici ad amministratori in carica.

 

Ogni anno più di metà delle aggressioni si concentrano in Italia, ma il problema si sta aggravando ovunque, secondo lo studio, con la crescita della polarizzazione, divisione sociale e odio politico. In tutta la Ue, infatti, le violenze aumentano a dismisura nei periodi di campagna elettorale e a esserne colpiti sono migliaia di candidati non eletti. Solo in Germania la polizia ha registrato, nel 2024, ben 4.900 attacchi di varia gravità contro attivisti politici. In Francia, sempre nell’ultima campagna elettorale, l’Acled ha censito oltre 50 aggressioni fisiche pesanti.

 

I ricercatori osservano però che le violenze contro i politici locali sono più gravi, frequenti ed efficaci nelle aree afflitte dalle organizzazioni criminali più forti. E l’intimidazione elettorale danneggia tutti, perché disincentiva le candidature, frena la partecipazione dal basso e aggrava la crisi delle democrazie.

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