Inchieste
19 agosto, 2025Il mattone può più del pallone. Le proprietà straniere si buttano sul business dei nuovi stadi. Il governo vuole un commissario straordinario. Ma il ministro Abodi deve combattere con gli alleati berlusconiani Lotito e Galliani. Perché Forza Italia e Fininvest contano e pesano
Ancora pochi giorni e la serie A riparte con un solido, con il solito, bagaglio di debiti (5,45 miliardi di euro), di costi (5,1 miliardi) e di stipendi fuori controllo (1,81 miliardi) a sostentare un parco calciatori di secondo piano.
A parziale rettifica, bisogna aggiungere che debutteranno due stagionati principi del pallone. Il Napoli campione d’Italia di Aurelio De Laurentiis presenta Kevin De Bruyne, fuoriclasse belga di 34 anni. Il Milan di autori vari rappresentati da Gerry Cardinale espone Luka Modrić, baldo quarantenne croato e primo Pallone d’Oro a bazzicare il campionato italiano dai tempi di Cristiano Ronaldo alla Juventus, splendida avventura sportiva chiusa con una causa per danni vinta da CR7 contro il club di John Elkann.
Le riforme? Gli scettici possono stare tranquilli. Dal prossimo anno gli arbitri spiegheranno via microfono al pubblico le decisioni del Var, una moda di importazione Usa in una serie A in stato di occupazione da parte dei fondi statunitensi visto che la finanza non paga dazi. Quanto al resto, si è visto pochino. La Lega presieduta da Ezio Simonelli ha chiuso l’accordo con i calciatori per ridurre del 25 per cento gli ingaggi delle squadre che retrocedono in B, a partire dal Monza ceduto dalla Fininvest al fondo Usa Beckett Layne di Brandon Berger. L’1 per cento sugli incassi delle scommesse (1,6 miliardi di euro dal calcio e 401 milioni all’Erario) è invece rimasto nelle casse di uno Stato in stato di necessità visto che deve aprire i cantieri del ponte sullo Stretto.
Per inciso, il paragone fra la serie A e l’opera che il governo vuole mettere in moto a settembre è tutto a vantaggio del pallone. Il contributo al pil nazionale del ponte è valutato dal report Figc in 23,1 miliardi. Quello del calcio è stato di 12,4 miliardi soltanto nel 2023-2024 con 141 mila posti di lavoro contro i 36,7 mila dell’infrastruttura tra Sicilia e Calabria stimati dal sottosegretario leghista Alessandro Morelli e i 120 mila sognati dal vicepremier Matteo Salvini.
Il calcio è meglio delle infrastrutture perché attira capitali anziché disperderli. Le proprietà straniere, come i giocatori in campo, restano maggioritarie per un motivo elementare. Si investe nel pallone italiano avendo come primo obiettivo il real estate, non i risultati sportivi. Chi pensa prima alla classifica, come De Laurentiis, ha vinto due volte negli ultimi tre anni con una squadra che a gennaio 2025 ha venduto il giocatore più forte, Khvicha Kvaratskhelia per 70 milioni al Psg di Nasser al Khelaifi, gestore del Psg campione d’Europa per conto dell’emiro del Qatar Tamim al Thani.
Al centro della scena immobiliare resta palazzo Marino, sede del Comune di Milano, dove si prepara la Madre di tutte le Partite con il voto settembrino sullo stadio di San Siro. Il sindaco Beppe Sala, indagato per il caso dell’urbanistica, pretende dal consiglio l’approvazione del progetto che prevede l’abbattimento del Meazza e la ricostruzione per opera di Webuild. Alla nuova Iri dell’edilizia, incaricata anche del Ponte, toccherebbe il passo d’avvio di una rigenerazione miliardaria del quartiere con ampie cubature commerciali e residenziali. Se il consiglio dirà no, Sala promette di dimettersi e i due club di puntare sulle aree di Rozzano e San Donato.
Anche la famiglia reale del Qatar, come Inter e Milan, minaccia da oltre cinque anni di lasciare il Parco dei principi a Parigi se la sindaca Anne Hidalgo non vende l’impianto per 40 milioni di euro cioè «meno di Leandro Paredes», come ha commentato il vicesindaco, Emmanuel Grégoire. Ma Hidalgo, a differenza del collega milanese Beppe Sala, non ha abboccato al bluff del club e, del resto, nemmeno al Khelaifi vuole abbattere lo stadio, dove ha già investito 80 milioni.
Sul fronte stadi è interessante anche la vicenda di Marassi, passata in secondo piano da quando il modello Genova è stato soppiantato nelle pagine della giudiziaria dal modello Milano e dal suo piano regolatore ombra. La società immobiliare bresciana Cds di Enzo Danesi ha rilevato il Palasport genovese dal Comune per 14,2 milioni di euro nel 2020 quando era sindaco Marco Bucci, oggi presidente regionale. L’impianto, valutato dall’Agenzia delle Entrate e incluso nel piano di rinnovamento del Waterfront di Levante progettato dall’architetto genovese Renzo Piano, è stato riqualificato con 27 milioni di fondi pubblici anche nella parte commerciale. Il sindaco facente funzione Pietro Piciocchi lo ha ricomprato, per la sola parte sportiva a 23 milioni, anche se la firma è toccata alla neosindaca Silvia Salis per evitare le penali. Per lo stadio del calcio Cds ha presentato insieme a Samp e Genoa un progetto firmato Stefano Boeri. Salis non ne sembra entusiasta quanto lo era il suo predecessore Bucci.
La situazione potrebbe sbloccarsi con la nomina, annunciata mesi fa, del commissario straordinario agli stadi. Al momento di stampare questo articolo, non c’è accordo sul nome fra le forze di governo e soprattutto tra il ministro dello sport, il meloniano Andrea Abodi, e il partito che dominante sul calcio, Forza Italia. I berlusconiani contano e pesano con due senatori come Claudio Lotito, 68 anni, patron della Lazio e vicepresidente della commissione bilancio, e Adriano Galliani, 81 anni, eletto nel collegio di Monza e Brianza alle suppletive dell’ottobre 2023 dopo la scomparsa del Cavaliere.
Uscito dalla finestra con la cessione del Monza da parte di Fininvest, Galliani dovrebbe rientrare dalla porta nel Milan da lui guidato per 31 anni. A quanto si legge, il presidente Paolo Scaroni, 79 anni il prossimo novembre, gli attribuirà il titolo di head of football, qualunque cosa significhi.
L’eterno ritorno di dirigenti e stretti collaboratori del mondo berlusconiano, come Galliani, Scaroni e lo stesso Simonelli, potrebbe ridare forza a una tesi nata ai tempi della prima cessione dei rossoneri nel 2017 al cinese Yonghong Li per 740 milioni di euro. Dopo anni di rogatorie e ricerche bancarie, la Procura di Milano non è riuscita a mettere un punto fermo sull’ipotesi che il Milan fosse uscito dal perimetro Fininvest ma che la Fininvest non fosse mai davvero uscita dal Milan. Le schermature consentite dai veicoli di investimento messi a disposizione dei fondi sono impenetrabili e in questi otto anni il valore di impresa del Milan è più che raddoppiato (1,8 miliardi), senza contare il mega-affare del nuovo San Siro.
Non che la situazione sul fronte interista sia di molto più chiara. Nell’anno da “zero tituli” (copyright Josè Mourinho) e della catastrofica finale di Champions league contro il Psg, i proprietari dei nerazzurri, il fondo Usa Oaktree subentrato all’indebitatissimo Steve Zhang del gruppo cinese Suning, stanno tentando di rifinanziare i 400 milioni di euro del prestito ad alto rendimento costato la cessione a Zhang. Gli investitori pagano e pretendono, a differenza di quanto accade alla Juventus dove la holding olandese Exor ripiana spesso e malvolentieri il rosso della squadra con più vittorie in serie A.
A Torino non c’è più la famiglia Gheddafi a dare una mano ma i libici sono rimasti affezionati al calcio italiano. In cambio di petrolio e di una maggiore attenzione sui flussi dei migranti da parte delle autorità di Tripoli, lo stadio Ernesto Breda di Sesto San Giovanni, l’Arena di Milano e l’impianto di Meda hanno ospitato fino al 12 agosto la fase finale della serie A libica con il derby della capitale fra l’Al Ahly (il Nazionale) e l’Al Hittihad (l’Unione) che ha visto scontri furibondi tra gli ultras dei due club. Evidentemente Milano e dintorni non avevano avuto abbastanza problemi con la campagna di omicidi, pestaggi, estorsioni e traffico di droga condensata nelle carte dell’inchiesta Doppia Curva, partita a settembre 2024 e ancora in corso. La risposta del Milan è stata negare il rinnovo dell’abbonamento a un gruppo folto di ultras che hanno contestato Cardinale durante la scorsa stagione, insieme a larga parte dello stadio. È stato così introdotto il reato di opinione e il Genoa appena passato dal fondo Usa 777 al rumeno Dan Sucu si è adeguato restituendo il bonifico per la tessera niente meno che all’ex presidente Alberto Zangrillo, dichiarato persona non grata. Poi qualcuno deve avere spiegato a Sucu che il primario di anestesiologia del San Raffaele è stato il medico di Silvio Berlusconi e che il fratello minore di Alberto, Paolo, fa il ministro della pubblica amministrazione nel governo Meloni in quota Forza Italia e tutto si è risolto nel migliore dei modi. Zangrillo avrà il posto a Marassi anche nel 2025-2026.
Sul piano strettamente sportivo, se è vero che l’epicentro sportivo della serie A si è spostato al Sud, con il Napoli campione che parte favorito anche per il 2025-2026, la Lombardia è pronta alla riscossa. Oltre ai due club di Milano, c’è l’Atalanta di Stephen Pagliuca e della famiglia Percassi. Sul ramo principale del lago di Como, crescono a grande velocità i fratelli indonesiani Michael e Robert Budi Hartono, di gran lunga i più ricchi della serie A con un patrimonio complessivo stimato dalla rivista Forbes in 42 miliardi di dollari. I dirigenti comaschi hanno trattenuto in panchina Cesc Fàbregas, l’ex canterano del Barcellona che l’Inter voleva in panchina in sostituzione di Simone Inzaghi, decollato per l’Arabia Saudita.
In un panorama che non può più permettersi i grandi ingaggi dei top player molti puntano tutto sull’allenatore. Oltre al Como, lo ha fatto il Napoli con Antonio Conte (8 milioni netti di stipendio all’anno inclusi i bonus), il Milan con Massimiliano Allegri (5 milioni netti più bonus), la Roma di Dan Friedkin con Gian Piero Gasperini (5 milioni di euro), profeta a Bergamo in attesa di consacrazione in una grande piazza. Sono stati confermati gli emergenti Vincenzo Italiano (Bologna), Fabio Grosso (Sassuolo), Paolo Zanetti (Verona) e Patrick Vieira (Genoa), mentre è dato in rampa di lancio Carlos Cuesta, appena 29 anni in arrivo dall’Arsenal al Parma di Kyle Krause.
Ancora prima che il campionato inizi, c’è già una panchina precaria. È quella della Nazionale. Dopo due mancate qualificazioni di fila al Mondiale, il tentativo di riscossa tocca a Rino Gattuso, reduce da un campionato in Croazia perso all’ultima giornata. Il nuovo ct dovrà pescare in un bacino impoverito da anni di disinvestimento nei vivai. Gattuso vuole restituire ai convocati l’attaccamento alla maglia, con la retorica patriottarda gradita all’attuale governo. Ma non è l’amor di azzurro che manca alla gioventù, sono i fondamentali. Se Carlo Ancelotti ha preferito allenare il Brasile, è perché lì è più facile trovarne undici capaci di giocare a pallone.
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