Innovazione
3 novembre, 2025SI chiama Atlas ed è il nuovo browser web con ChatGpt dentro. “Per portare ChatGPT con te ovunque nel web” dice il claim di presentazione della novità in casa OpenAI, e detta così mette anche un po' paura
Funziona solo per MacOs, al momento, il nuovo “accesso intelligente” a Internet. Si chiama Atlas, è nato da pochi giorni e ha già incuriosito i soliti “early adopter”, che sperimentano per primi tutte le novità tecnologiche. L’Atlante di OpenAI, di fatto, integra ChatGPT nella navigazione quotidiana: risposte immediate, assistenza nelle attività online e la possibilità di far eseguire azioni automatizzate all’IA. Si, bello, ma la privacy? Dietro le ricerche “veloci e intuitive” si cela una questione tutt’altro che marginale: la gestione dei dati personali e della memoria digitale relativa all’utente.
Il browser che pensa e ricorda
Nella barra superiore del browser, accanto al campo di ricerca, il pulsante “Ask ChatGPT” permette di chiedere al chatbot di riassumere articoli, analizzare dati o proseguire un’attività iniziata altrove. L’intelligenza artificiale, infatti, può ricordare ciò che l’utente ha fatto in passato e riprendere il filo in qualsiasi momento. “Apri le decorazioni di Halloween che stavo guardando la settimana scorsa” può essere l’input che permette ad Atlas di accedere alla cronologia in automatico e aprire le pagine ricercate.
“Una naturale evoluzione della ricerca integrata lanciata lo scorso anno in ChatGPT” dicono in casa OpenAI per presentare questa funzione. Ma potrebbe esserci dell’altro, perché con Atlas la memoria diventa un elemento strutturale: il browser immagazzina informazioni, preferenze, siti visitati e persino sintesi dei contenuti, costruendo un archivio personalizzato utile, sulla carta, per migliorare le risposte dell’assistente. L’idea ha già conquistato i primi tester: “Ora ChatPT capisce ciò che sto guardando e mi aiuta a imparare meglio”, hanno dichiarato alcuni degli studenti universitari coinvolti nei test di prova.
Sorveglianza digitale
Un browser più efficiente, questa è la “promessa” di Atlas, ma ciò non basta a deviare l’attenzione dal cruciale tema della privacy. Perché Atlas non si limita a registrare gli indirizzi dei siti visitati, ma può memorizzare “fatti e intuizioni” tratti dai contenuti delle pagine, dalle abitudini di navigazione che vengono conservati sui server di OpenAI, pare per un periodo di 30 giorni. L’azienda assicura che questi dati non vengono utilizzati per l’addestramento dei modelli - a meno che l’utente non scelga diversamente - e che non vengono registrati elementi sensibili come password, documenti o informazioni mediche. Ma alcuni test indipendenti hanno già sollevato dubbi: la Electronic Frontier Foundation ha segnalato casi in cui Atlas ha conservato dettagli relativi a servizi di salute sessuale, nonostante le linee guida dicano il contrario.
Cancellare la cronologia si può? Domanda legittima, dato che il tema non riguarda solo la capacità di “ricordare” che è tipica di Atlas, ma il fatto che sia difficile controllare quello che resta nella “memoria” del browser. I dati storici possono essere cancellati singolarmente o si può disattivare la funzione in modalità “incognito” — il che, come nel caso di Chrome, non garantisce però un reale anonimato. OpenAI sostiene di offrire pieno controllo, ma la gestione frammentata delle impostazioni rischia di trasformarsi in un labirinto tecnologico in cui l’utente medio fatica a orientarsi.
L'inizio di un'era
Atlas però non arriva da solo. Anche Google ha integrato Gemini in Chrome – è quel tastino “AI Mode” che compare in alto a sinistra nella pagina del browser - e prevede di espandere le funzioni “agentiche” capaci di compiere azioni autonome. Anche la startup Perplexity, con il suo browser Comet, punta sulla stessa idea: un web in cui l’intelligenza artificiale non si limita a fornire risultati, ma interagisce direttamente con le pagine, compie acquisti, organizza viaggi o prepara documenti.
In Atlas questa funzione prende il nome di modalità agente e consente a ChatGPT di “muovere” il cursore, aprire schede e completare compiti per conto dell’utente. La tecnologia è ancora sperimentale ma già disponibile per gli abbonati Plus, Pro e Business. Gli agenti operano in ambienti protetti, assicurano da OpenAI, senza accesso a file locali o dati sensibili, e che ogni azione ad alto rischio — come pagamenti o login — deve essere monitorata dall’utente.
Assistenti intelligenti
Questo nuovo browser “pensante” potrebbe facilmente integrarsi con il nuovo concetto di navigazione che si diffonde di pari passo con i nuovi accessori, uno fra tutti gli smart glassess. È una lettura possibile, dal momento che nella visione di OpenAI Atlas rappresenta un passo verso un futuro in cui il web sarà popolato da assistenti intelligenti, capaci di comprendere il contesto e agire in autonomia. Ma la domanda nasce, comunque, spontanea: fino a che punto siamo disposti a cedere il controllo della nostra vita digitale in cambio di commodities?
La curiosità digitale
Atlas ha bisogno di sapere molto su di noi, per restituirci un’esperienza “personalizzata”: ogni ricerca, scheda aperta, conversazione con ChatGPT potrebbero profilare l’utente ad un livello di dettaglio che rischia di trasformare un assistente virtuale in un osservatore permanente.
Per proporci advertising sempre più profilate, avranno pensato i più scettici. OpenAI chiarisce che il modello di business di Atlas non è commerciale. Forse non lo è “ancora”, ma la storia del web insegna che dove c’è informazione, presto o tardi c’è anche monetizzazione. A noi resta da capire se sapremo usare questo “atlante digitale” con la cautela e la consapevolezza che un alleato così potente — e curioso — richiede.
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