L’impatto di Specialisterne, agenzia per il lavoro che promuove un modello di inclusione nell'approccio occupazionale, spiegato

È nata in Danimarca più di vent'anni fa come startup, con lo scopo di valorizzare i talenti delle persone neurodivergenti. Il fondatore: "È un’innovazione relazionale che nasce dall’ascolto, dalla fiducia"

Si chiama Specialisterne, è nata nel 2004 in Danimarca dall’idea di Thorkil Sonne, papà di un ragazzo a cui era stato diagnosticato il disturbo dello spettro autistico. In italiano si traduce “gli specialisti” ed è un modello rivoluzionario di inclusione nel mondo del lavoro, presente in 25 Paesi fra cui l’Italia, che valorizza i talenti delle persone neurodivergenti – in particolare quelle nello spettro autistico – promuovendo un approccio occupazionale che riconosce la diversità come risorsa. 
“Il mondo del lavoro può essere visto come una stratificazione sociale basata su una cultura competitiva che permea gran parte delle nostre vite”. La testimonianza di Marco è pubblicata sul sito di Specialisterne Italia, e continua: “Questo è già difficile per le persone neurotipiche, ma per chi è nello spettro autistico, le difficoltà sono amplificate non solo per gli aspetti sensoriali, ma anche per quelli sociali. La mancanza di consapevolezza e la competizione che prevale sulla cooperazione possono creare ambienti ostili”. Prima di Specialisterne, dice Mario, “ho vissuto esperienze lavorative caratterizzate da mobbing e maltrattamenti, persino da parte di alcuni familiari. Specialisterne mi ha fatto scoprire il mondo del lavoro come dovrebbe essere realmente: inclusivo e rispettoso”. 


Per parlare di un modello poco noto di lavoro inclusivo, in occasione della giornata internazionale di consapevolezza sull’autismo, L’Espresso ha incontrato Fabrizio Acanfora, musicista, scrittore, divulgatore e attivista autistico, e direttore della comunicazione di Specialisterne Italia.  Acanfora porta avanti una riflessione profonda sul significato di inclusione, sull'accessibilità dei contesti lavorativi e su come il cambiamento culturale sia non solo possibile, ma necessario.

 

Speciaisterne Italia è nata nel 2017 portando un importante contributo in termini occupazionali e di integrazione
In Italia siamo partiti come start up a Milano con un’idea semplice ma ambiziosa: cambiare il modo in cui si accede al mondo del lavoro. Dal 2019 siamo diventati ufficialmente un’Agenzia per il Lavoro, e da allora non ci siamo più fermati. Oggi contiamo oltre 100 lavoratori attivi e più di 100 studenti in formazione, distribuiti in progetti che abbracciano tutta l’Italia: Milano, Roma, Torino, Firenze, Cagliari, Padova, Bologna. Abbiamo progetti attivi con aziende come Accenture, Avanade, BakerHughes, BCC Milano, IntesaSanPaolo, Huware, Infocert, Siemens e molte altre.


In che modo la visione della neurodivergenza di Specialisterne sfida e rinnova le narrazioni tradizionali sull’autismo? 
Puntiamo su un approccio trasformativo: il cambiamento nasce dall’incontro e noi lavoriamo per costruire un terreno comune, dove persone neurodivergenti e neurotipiche - con modalità diverse di percepire, elaborare e interagire con il mondo - possano trovare strategie condivise di collaborazione e crescita.  Si tratta di riformulare l’inclusione in termini di reciprocità, impostando un dialogo tra differenze che genera valore per tutte le parti coinvolte. Una visione che sfida la narrazione tradizionale dell’autismo come “limite da compensare”, o come condizione da “includere” in modo paternalistico. Il nostro lavoro dimostra ogni giorno che quando si mettono le persone nelle condizioni di lavorare secondo le proprie caratteristiche e inclinazioni emergono competenze solide, approcci innovativi e una grande motivazione.


Un modello che rivoluziona il concetto di inclusione sul posto di lavoro, che punta a formare le aziende anche rispetto al percorso di selezione
Ci lasciamo guidare dal concetto di neurodiversità, inteso come la naturale variabilità del funzionamento neurologico tra gli esseri umani. Nato all’interno delle comunità autistiche e sviluppato nell’ambito delle scienze sociali a partire dalla fine degli anni Novanta, questo paradigma ha contribuito a ridefinire il modo in cui interpretiamo e valorizziamo le differenze neurologiche, relazionali e comportamentali. Per noi non è uno slogan ma un riferimento concreto nella progettazione di soluzioni che mettano davvero al centro il talento delle persone neurodivergenti.


Qual è l’aspetto più rivoluzionario del modello di Specialisterne rispetto ai paradigmi aziendali convenzionali?
Il nostro modello rovescia una logica ancora molto diffusa nel mondo del lavoro, secondo cui l’inserimento di persone neurodivergenti è un gesto di buona volontà. In realtà è una scelta strategica per le aziende, oltre che una questione di giustizia sociale. Il nostro è un percorso strutturato in cui formazione dei candidati e delle aziende, selezione e inserimento lavorativo sono pensati per valorizzare competenze spesso sottoutilizzate. Il cambiamento rivoluzionario sta proprio qui: passare da un’idea di inclusione come concessione, a un modello in cui questo processo virtuoso diventa un vantaggio competitivo reale, concreto e misurabile.


Come si può trasformare il concetto di “neurodivergenza” in un’opportunità per innovare i processi educativi e professionali?
Il punto di partenza è comprendere che le modalità di apprendimento e di lavoro non sono neutre ma costruite intorno a un modello che riflette un’idea implicita di normalità. E che tende a penalizzare chi si discosta da “certe aspettative” pur possedendo competenze di alto valore. La neurodivergenza invita a ripensare le prassi esistenti, a rivedere tempi, spazi, criteri di valutazione e modalità relazionali. Nei nostri percorsi formativi adottiamo piani individualizzati, tutoraggio costante, ambienti accessibili e una didattica orientata a scoprire e sviluppare i punti di forza delle candidate e dei candidati. Questo approccio, pensato per valorizzare il talento neurodivergente, si rivela efficace anche per le persone neurotipiche poiché rende i processi più umani, adattabili e orientati alla qualità. È qui che la neurodivergenza diventa motore di innovazione per l’intero sistema.


L’innovazione è spesso associata alla tecnologia, ma nel lavoro di Specialisterne emerge anche un’innovazione umana e relazionale.
L’innovazione più profonda avviene nei modi in cui costruiamo le relazioni e strutturiamo i contesti. In ogni nostro progetto l’accompagnamento coinvolge non solo la persona autistica, ma anche il team aziendale, i manager, le risorse umane. Lavoriamo affinché le persone apprendano a riconoscere e rispettare le differenze, ma soprattutto a collaborare in modo più consapevole. È un’innovazione relazionale che nasce dall’ascolto, dalla fiducia e dalla disponibilità a mettere in discussione modelli aziendali, processi e abitudini spesso dati per scontati. E quando queste condizioni si realizzano, le aziende scoprono che si lavora meglio.


Come si bilancia l’innovazione con l’esigenza di creare ambienti lavorativi stabili e accoglienti per persone neurodivergenti?
L’innovazione e la stabilità non sono in contraddizione, a patto che si lavori con metodo. Nei nostri progetti affianchiamo le aziende in un percorso che non stravolge, ma arricchisce le loro strutture.
Interveniamo su aspetti chiave come l’onboarding, l’organizzazione del lavoro, la comunicazione interna, per introdurre pratiche più inclusive senza creare discontinuità operative. Costruire ambienti neuroaccoglienti significa offrire chiarezza nei ruoli, prevedibilità nei processi e possibilità di personalizzazione, elementi che in realtà migliorano il benessere e la produttività di tutti. La vera sfida non è fare di più, ma fare con maggiore consapevolezza, trasformando ciò che funziona in modo inconsapevole in prassi intenzionali, accessibili e condivise.

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