Innovazione
20 settembre, 2025Lo smartphone potrebbe scomparire, o forse no. L’AI generativa si impone come “centro di gravità” dell’informatica personale e in questo cambio di paradigma lo smartphone potrebbe perdere la centralità che riveste nelle nostre vite
“Nella vita comandi fino a quando hai stretto in mano il tuo telecomando”. Renzo Arbore cantava l’allegro motivetto negli anni in cui la televisione era il medium senza rivali. A distanza di decenni è cambiato il tool, ma resta la funzione: il cellulare può essere inteso come Il telecomando della nostra vita digitale. Ma proprio come il suo predecessore, potrebbe presto andare in pensione.
Gli assistenti virtuali di nuova generazione comprendono il contesto, creano rete fra servizi diversi, agiscono per nostro conto. Parliamo di AI Agentica, che sta prendendo il posto della generativa – quella che ci aiuta a gestire i contenuti – e che può, per fare un esempio banale, organizzare una cena con gli amici incrociando chat, calendari e preferenze, preparare la lista della spesa in base a ciò che manca in dispensa e redigere appunti sintetici di una riunione. E in questo scenario l’interfaccia fatta di icone e pulsanti perde centralità. Il sistema operativo e le app non spariscono, ma arretrano sullo sfondo, mentre emerge l’AI che “agisce” per conto nostro.
L’asse della bilancia si sposta dal noto potere del software visibile e passa ora all’intelligenza, invisibile, e questo può avere conseguenze dirette sull’hardware. Lo smartphone, in particolare, è plausibile che perda lo status di dispositivo principale, per lasciare il posto alla “wearable technology”.
Pensiamo agli occhiali “consapevoli” che riconoscono ciò che guardiamo e ascoltiamo, oppure bracciali e ciondoli in grado di monitorare gesti, voce, segnali biometrici. Attraverso questi strumenti l’assistente virtuale potrebbe convivere con noi durante la giornata, facendoci dimenticare il gesto cercare lo smartphone fra le mille cose nelle borse.
Nell’ecosistema di Meta o Google, per esempio, gli smart glassess integrano già una forma di assistenza capace di rispondere su ciò che l’utente sta osservando, dai monumenti agli animali allo zoo. Meta sta lavorando a prototipi con micro-display, che mostrino note o informazioni al volo, e Google sta sviluppando concept analoghi.
La versione “senza display” ha già trovato pubblico e, con cicli rapidi di aggiornamento del software, potrebbe diventare un accessorio comune nell’arco di pochi anni. Con gli occhiali che ascoltano, vedono e parlano, il telefono potrebbe non servire più.
Un secondo asse di trasformazione riguarda l’informatica ambientale: le “notifiche a pioggia” potrebbero lasciare il passo a semplici interazioni vocali con gli assistenti come Alexa o Siri, andando a sostituire l’interazione touch con gli schermi. “AI will kill the smartphone star”? Di fatto il telefono potrebbe non scomparire, esattamente come il portatile non è morto con l’avvento dei cellulari, ma se il compito viene svolto dall’ambiente stesso, il bisogno di sbloccare e navigare sugli smartphone tenderà a diminuire.
Resta da capire come sciogliere i nodi più spinosi, come privacy, consenso degli interlocutori e l’accettabilità sociale degli oggetti che “sentono sempre”. Ma con l’imporsi dell’interazione “vocale” con gli agenti, cade il primato del “touch” come gesto di attivazione digitale.
Con occhiali, auricolari, orologi e speaker che comprendono linguaggio naturale e percepiscono ciò che ci circonda, l’interazione torna conversazionale e contestuale. Anche il modello economico dell’attenzione si incrina: meno tempo passato a “guardare il cellulare” significa meno esposizione a interfacce patinate e più valore spostato sull’esito di un compito.
Quella che si prospetta non sarà però una corsa priva di ostacoli. Autonomia e miniaturizzazione restano i limiti fisici più evidenti per occhiali smart e gioielli tecnologici. La direzione però appare tracciata. Le grandi di Cupertino, Mountain View, Seoul, Seattle e Menlo Park lavorano tutte per non farsi trovare impreparate di fronte all’ipotesi di un futuro che potrebbe essere “smartphone free”. Il punto certo è che il baricentro dell’esperienza non sarà più un’icona sullo schermo, ma un’intelligenza che ci accompagna. Quando l’assistente è ovunque, lo smartphone non scompare: semplicemente smette di essere indispensabile. E questa, per un oggetto nato per essere il centro di tutto, è la vera rivoluzione.
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