Dai clan nuove minacce al nostro giornalista Giovanni Tizian

Nell'udienza del processo Black Monkey a Bologna Nicola Femia ha attaccato il reporter dell'Espresso sotto protezione per gli articoli scritti sulla cosca che faceva profitti col gioco illegale. Un'intimidazione violenta che il giudice ha stoppato

«Ho avuto la custodia in carcere per un giornalista, non c'è una denuncia, non c'è un capo di imputazione. Mi devo difendere. Non posso riassumere 14 mesi di ingiustizie, rispondo di cose inesistenti». Sono le parole con le quali Nicola Femia, accusato di associazione mafiosa, ritenuto legato alla 'ndrangheta si è scagliato oggi contro il giornalista de l'Espresso Giovanni Tizian.

Il presunto mafioso lo ha fatto durante l'udienza in cui è imputato e che si svolge davanti ai giudici del tribunale di Bologna. Femia ha utilizzato un linguaggio violento e, senza mai nominarlo, si è rivolto a Tizian, che proprio per le minacce ricevute è sotto protezione. Tutti hanno compreso che l'obiettivo era il giornalista che con le sue cronache giudiziarie ha svelato molti retroscena degli affari di Femia.

Durante l'udienza di oggi l'imputato, difeso dall'avvocato Luca Cianferoni, aveva chiesto di fare spontanee dichiarazioni. Dopo aver avuto libero accesso al microfono dell'aula ha detto: «Se ho commesso un reato è giusto che paghi. Chi sbaglia deve pagare. Sbaglia Femia? Deve pagare Femia. Sbaglia il giornalista? Deve pagare il giornalista».

A questo punto il presidente del tribunale gli ha tolto la parola, lo ha stoppato. Ma Femia con la sua arroganza ha colto nell'intento criminale che aveva preparato con molta cura: quello di far arrivare l'ennesima intimidazione a Giovanni Tizian, che fra l'altro in questo processo è parte civile per le minacce ricevute. Il presunto boss aveva provato a puntare il dito contro il cronista già nei mesi scorsi, durante le udienze preliminari, scagliandosi contro di lui, sempre davanti al giudice e reagendo in modo violento per quello che in passato Tizian aveva scritto e denunciato sulle pagine della Gazzetta di Modena.

Ma le invettive, allora, non avevano avuto l'eco che forse Femia credeva di provocare perché l'udienza preliminare che alla fine lo ha portato al rinvio a giudizio si svolgeva a porte chiuse, quindi senza pubblico. Oggi invece il pubblico era presente. È un pubblico che sostiene Tizian, fatto di volontari dell'associazione Libera di don Luigi Ciotti e di studenti di una scuola di Bologna. Le parole di Femia hanno colpito anche queste persone che hanno visto dal vivo come si lancia un'intimidazione. E potrebbe non essere un caso il fatto che l'imputato di mafia le abbia volute ripetere in questa occasione pubblica. Ma Giovanni Tizian sa di non essere solo, accanto a lui siamo in tanti a stringerci per dargli solidarietà e coraggio e a proteggerlo da queste violente affermazioni che hanno solo l'amaro sapore dell'intimidazione.

Il processo che si sta svolgendo a Bologna parte dall'inchiesta “Black Monkey”, coordinata dal pm Francesco Caleca. Femia fu intercettato mentre parlava di Tizian con un altro indagato, Guido Torello, dopo articoli sulla Gazzetta di Modena che non aveva gradito.
  «In mezza pagina parla di me questo giornalista, ed è già la seconda volta in due anni. Dice... un esponente della 'ndrangheta, poi questa cosa dei giochi...», diceva Femia a Torello nella telefonata registrata. E il faccendiere gli rispondeva: «Va bene, mi dici come si chiama il giornale e il nominativo. E lo facciamo smettere immediatamente. Ci penso io, ce l'hai copia?». E aggiungeva: «Ti dirò che c'è un giornalista che rompe le balle ad una persona che mi sta aiutando, poi ti dirò chi è. O la smette o gli sparo in bocca, perchè è una persona che mi sta dando una mano». Parole che fecero scattare le misure di protezione.  «Ho avuto la custodia in carcere per un giornalista, non c'è una denuncia, non c'è un capo di imputazione. Mi devo difendere. Non posso riassumere 14 mesi di ingiustizie, rispondo di cose inesistenti». Sono le parole con le quali Nicola Femia, accusato di associazione mafiosa, ritenuto legato alla 'ndrangheta si è scagliato oggi contro il giornalista de l'Espresso Giovanni Tizian.

Il presunto mafioso lo ha fatto durante l'udienza in cui è imputato di mafia e che si svolge davanti ai giudici del tribunale di Bologna. Femia ha utilizzato un linguaggio violento e, senza mai nominarlo, si è rivolto a Tizian, che proprio per le minacce ricevute è sotto protezione. Tutti hanno compreso che l'obiettivo era il giornalista che con le sue cronache giudiziarie ha svelato molti retroscena degli affari di Femia.

Durante l'udienza di oggi l'imputato, difeso dall'avvocato Luca Cianferoni, aveva chiesto di fare spontanee dichiarazioni e dopo aver avuto libero accesso al microfono dell'aula ha detto: «Se ho commesso un reato è giusto che paghi. Chi sbaglia deve pagare. Sbaglia Femia? Deve pagare Femia. Sbaglia il giornalista? Deve pagare il giornalista».

A questo punto il presidente del tribunale gli ha tolto la parola, lo ha stoppato. Ma Femia, con la sua arroganza ha colto nell'intento criminale che aveva preparato con molta cura, quello di far arrivare l'ennesima intimidazione a Giovanni Tizian, che fra l'altro in questo processo è parte civile per le minacce ricevute. Il presunto boss aveva provato a puntare il dito contro il cronista già nei mesi scorsi, durante le udienze preliminari, scagliandosi contro di lui, sempre davanti al giudice, reagendo in modo violento per quello che in passato Tizian aveva scritto e denunciato sulle pagine della Gazzetta di Modena.

Ma le invettive, allora, non avevano avuto l'eco che forse Femia credeva di provocare perché l'udienza preliminare che alla fine lo ha portato al rinvio a giudizio, di svolgeva a porte chiuse e quindi senza pubblico. Oggi invece il pubblico era presente. È un pubblico che sostiene Tizian fatto di volontari dell'associazione Libera di don Luigi Ciotti e di studenti di una scuola di Bologna. Le parole di Femia hanno colpito anche queste persone che hanno visto dal vivo come si lancia una intimidazione. E potrebbe non essere un caso il fatto che l'imputato di mafia le abbia volute ripetere in questa occasione pubblica. Ma Giovanni Tizian sa di non essere solo, accanto a lui siamo in tanti a stringerci per dargli solidarietà e coraggio e a proteggerlo da queste violente affermazioni che hanno solo l'amaro sapore dell'intimidazione.

Il processo che si sta svolgendo a Bologna parte dall'inchiesta “Black Monkey”, coordinata dal pm Francesco Caleca. Femia fu intercettato mentre parlava di Tizian con un altro indagato, Guido Torello, dopo articoli sulla Gazzetta di Modena che non aveva gradito.

«In mezza pagina parla di me questo giornalista, ed è già la seconda volta in due anni. Dice... un esponente della 'ndrangheta, poi questa cosa dei giochi...», diceva Femia a Torello nella telefonata registrata. E il faccendiere gli rispondeva: «Va bene, mi dici come si chiama il giornale e il nominativo. E lo facciamo smettere immediatamente. Ci penso io, ce l'hai copia?». E aggiungeva: «Ti dirò che c'è un giornalista che rompe le balle ad una persona che mi sta aiutando, poi ti dirò chi è. O la smette o gli sparo in bocca, perchè è una persona che mi sta dando una mano». Parole che fecero scattare le misure di protezione.  

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