La nascita di Jianwei Xun, l’autore multiplo di Ipnocrazia, segna un momento importante della riflessione sulla mitopoiesi: creare mito, in un momento chiave del nostro muoverci tra realtà e finzione, è indispensabile proprio per superare la dicotomia del pro o contro l’AI. L’esperimento di Andrea Colamedici con “Ipnocrazia nasce proprio dall’esplorazione di quello spazio che lo stesso Xun definisce come ciò che emerge “nello spazio liminale dove queste forme di intelligenza entrano in risonanza”. Esiste un precedente importante che appartiene a un altro periodo storico, meno intricato perché allora di AI non si parlava affatto, ed è quello di Luther Blissett. Per definizione, Blissett era un con-dividuo, un nome collettivo assunto da centinaia di persone, un eroe popolare che firmava azioni credibili che erano in realtà beffe rivolte ai media per evidenziarne le contraddizioni: come ha fatto Andrea Colamedici nel libro di Xun, ogni beffa conteneva un segnale che poteva consentire lo smascheramento. Dopo il famoso inganno a Chi l’ha visto? per la sparizione di un presunto illusionista inglese, arrivò il falso libro. La firma era quella di Hakim Bey, pseudonimo di Peter Lamborn Wilson, filosofo e saggista statunitense che teorizzò le Zone Temporaneamente Autonome, utopia che le strutture autogestite avrebbero reso possibile. Nel 1996 uscì una raccolta di articoli di Bey dal titolo “A ruota libera-Miseria del lettore di TAZ”: la pubblicò Castelvecchi con la traduzione del misterioso Fabrizio P. Belletati.
Era un falso, presto rivendicato: «A Ruota Libera l'ho scritto io, Luther Blissett. Non si tratta di una semplice parodia della scrittura beyana, ma di un test sulla credulità e sui tempi di reazione dell'acquirente e del recensore medio». In altre parole, esattamente come ha fatto Colamedici, si trattava di mettere in evidenza le semplificazioni e le ambiguità del culto per Bey. E, anche qui, l’indizio c’era: tra gli altri, una citazione del professor Lee Mortais (che si legge Li Mortè, nota imprecazione in romanesco). Così come alcuni si sono sentiti ingannati da Andrea Colamedici, molti dei critici che avevano elogiato il libro se la presero parecchio. Eppure, il bersaglio non era il singolo, oggi come allora, ma il contesto. Lo dimostra una delle azioni di Luther Blissett meno citate, che cominciò nel 1996 e durò un anno, con lettere ai giornali di Viterbo che denunciavano la presenza di sette sataniche, all’epoca temutissime dai media: culminò con l’invio a un quotidiano di una cassetta con una fantomatica messa nera: nel video, solo una fiammella nel buio e voci che invocavano Lucifero, Lucibello e altre maestà infernali. E urla di donna. Giornali e telegiornali e persino la Digos diedero enorme rilievo al fatto. Ma la versione integrale del video mostrava un finale diverso, con i satanisti intenti a ballare la tarantella insieme alla presunta vittima, che esibiva un manifesto con il morphing di Luther Blissett. In quei giorni Umberto Eco scrisse che il vero Anticristo era lo scoop, e non Blissett, che non spacciava false notizie ma evidenziava la pulsione dei media a cercarle e rilanciarle. Allo stesso modo in cui “Ipnocrazia” non inganna nessuno, ma pone la domanda di quanto facilmente possiamo essere ingannati.