Scorsese contro Eastwood. "The Queen" contro una bambina. E Di Caprio e Kate Winslet di nuovo in corsa. Mentre infuria la campagna per le nomination agli Oscar. Guida ai più probabili candidati Oscar

Sono i due giganti di Hollywood, due film-makers ammirati, rispettati, fieramente indipendenti, che fanno cinema che non mira ai teenagers, ma affronta temi adulti e che fanno riflettere: Clint Eastwood e Martin Scorsese. E adesso, a poche settimane dal rituale annuo in cui Hollywood celebra se stessa, rischiano di ritrovarsi un'altra volta in armi l'uno contro l'altro. L'ultima sfida aveva avuto luogo agli Oscar di due anni fa, quando Scorsese e il suo 'Aviator' avevano assunto un'aura di inevitabilità. Autore di alcuni dei più significativi film americani del dopoguerra, da 'Taxi Driver' e 'Toro Scatenato' a 'Goodfellas', Scorsese arrivava con la singolare distinzione di ben sette nominations e sette serate finite senza la soddisfazione di una statuetta. Un Oscar non gli avrebbe cambiato la carriera, nel suo caso era solo una questione di orgoglio. Ma ci teneva tanto e per porre rimedio il maestro italo-americano si era umiliato, offrendo interviste a tutti, partecipando a feste e dibattiti, prestandosi a posare in foto con i membri della Academy e arrivando anche a baciare i nipotini, come un buon politico alla ricerca di voti. Sappiamo come andò a finire, con 'Million Dollar Baby' presentato giusto in tempo per qualificarlo per gli Oscar, Eastwood circondato da un grappolo di statuette e Scorsese rimasto ancora una volta a guardare.

Memori di quella notte, quando in settembre è uscito 'The Departed', Scorsese e la Warner Brothers hanno seguito la strategia opposta, contattando giornalisti, commentatori, bloggers e implorandoli di non inserire il loro film nella lista dei potenziali candidati. Ambizioni da Oscar? Noi? Ma via via gli altri candidati della vigilia si sono smontati. The 'Good German' di Steven Soderbergh? Un esercizio stilistico fine a se stesso. 'The Good Shepherd' di Bob De Niro? Un pasticcio. Anche 'Flags of our Fathers', il film di Eastwood sull'uso propagandistico della iconica foto dei sei marines che hanno issato la bandiera a Iwo Jima, era subito uscito dalla lista: troppo freddo.

"Un uomo trova la sua strada, nessuno gli offre le cose", dice Jack Nicholson a Matt Damon in 'The Departed'. Grazie al gioco delle esclusioni il film di Scorsese aveva non solo trovato la sua strada, era diventato il film da battere. Ma come due anni fa, Eastwood ha deciso di anticipare l'uscita di 'Letters from Iwo Jima', un secondo film dedicato alla storica battaglia sul fronte del Pacifico girato in giapponese e con la prospettiva del nemico. Un divertissement, un film concepito senza grande pianificazione e con un budget minore. Ma 'Letters' è stato accolto come il più potente film mai prodotto sulla futilità della guerra in un anno in cui la guerra è al centro degli incubi degli americani. E il vecchio pistolero dall'occhio di ghiaccio di Sergio Leone potrebbe finire per portarsi via un'altra volta quella statuetta che Scorsese considerava già sua.

Clint contro Marty, il seguito. E poi? E gli altri? Fossero davvero un riconoscimento al merito artistico, la risposta a questi quesiti sarebbe un'altra. Ma gli Academy Awards, lo sanno tutti, non vanno necessariamente a chi più li merita, ma a chi conduce la campagna più efficace. E più costosa. Milioni di dollari spesi e spesso buttati via per vanità in pubblicità sui giornali e sulle reti di Los Angeles e di New York per influenzare il voto dei membri della Academy, dunque. O spesi in strateghi e consulenti, spesso assoldati non solo per promuovere il proprio prodotto, ma anche per spargere voci, vere o false non importa, su quello degli avversari. Poi ci sono i Golden Globes, i Sag, i Bafta, la corsa a ostacoli delle altre premiazioni per arrivare a quella più ambita dell'Oscar. A pochi giorni dalle nominations, che verranno annunciate il 23 gennaio, ci sono troppe variabili per poter prevedere con certezza chi arriverà a completare la cinquina dei candidati per 'Best Film'. La casella più probabile verrà occupata da 'Dreamgirls', il musical ispirato alla storia di Diana Ross e delle Supremes interpretato, tra gli altri, da Beyoncé Knowles, Eddie Murphy e Jamie Foxx. I membri della Academy amano il genere, ma contro 'Dreamgirls' potrebbe entrare in gioco il fantasma scomodo del pregiudizio razziale. Razzismo? Nel bastione liberal di Hollywood? Impossibile! Eppure solo l'anno scorso nessuno aveva dubbi sul fatto che a vincere sarebbe stato 'Brokeback Mountain' e poi andò a finire con la vittoria a sorpresa di 'Crash'. Non una questione di omofobia, ma di giurati che non avevano visto nella storia e negli interpreti il 'loro' film e che adesso potrebbero provare lo stesso sentimento di fronte a un cast tutto afro-americano che racconta una esperienza lontana dalla loro.

Dopo i film di Scorsese e di Eastwood e 'Dreamgirls', tutto è possibile. 'The Queen' veniva dato per certo, ma adesso c'è chi si domanda se non ha spiccato il volo un po' troppo presto. Un altro possibile candidato è 'Little Children', il film di Todd Field su un gruppo di adulti che si comportano appunto come bambini piccoli. 'United 93', la rigorosa ed efficacissima cronaca dei passeggeri che l'11 settembre si ribellarono invano contro i terroristi che intendevano fare schiantare il loro aereo sulla Casa Bianca, sta riprendendo quota, come 'Bobby', il film di Emilio Estevez sul giorno dell'assassinio di Robert Kennedy: ha avuto reazioni miste, ma dietro c'è quella macchina da Oscar che è il produttore Harvey Weinstein, e quindi non si sa mai. Lo stesso vale per 'Babel'. Con incassi negli Usa di appena 20 milioni di dollari, il film di Alejandro Gonzalez Inarritu era passato inosservato. Ma poi ci sono state le sette nominations per i Golden Globes e quel soggetto, la difficoltà di comunicazione tra le genti nell'era di Internet, è abbastanza profondo per venire considerato materiale da Oscar. Infine, tutti gli anni la Academy ama riconoscere un piccolo film indipendente e imprevedibile e quella posizione, quest'anno, potrebbe venire occupata da 'Little Miss Sunshine', road trip tragicomico di una famiglia che accompagna la figlia a un concorso di bellezza. La ragazza, dieci anni, si chiama Abigail Breslin e quando si parla delle cinque candidate della categoria 'Best Actress' il suo è uno dei nomi più ricorrenti, anche se qui tutti prevedono un duello tra due attrici britanniche: Helen Mirren trasformatasi nella regina Elisabetta contro Kate Winslet di 'Little Children'. Un altro nome che torna è quello di Penélope Cruz, da cui Pedro Almodóvar in 'Volver' ha ricavato un'interpretazione paragonata a quelle della Sophia Loren dei primi tempi. Infine, non c'è poi premiazione senza Meryl Streep, che grazie a 'Il diavolo veste Prada' potrebbe arrivare alla sua nomination numero 14.

Passando agli attori, il favorito è Forest Whitaker, che in 'The Last King of Scotland' non si limita a interpretare la parte di Idi Amin: si trasforma nel dittatore ugandese. 'The Pursuit of Happyness', il film firmato da Gabriele Muccino, non viene più menzionato nella lista dei miglior film, ma Will Smith, nella parte di un homeless che cerca di uscire dal vortice della povertà con a fianco un bimbo che è poi il suo vero figlio ha fatto venire abbastanza lacrimoni da far pensare che una nomination è più che possibile. Lo stesso vale per l'amatissimo Peter O'Toole, che in 'Venus' riscopre l'amore prima di morire. Poi c'è Leonardo DiCaprio, poliziotto doppiogiochista in 'The Departed' e mercenario che alla fine scopre di avere un'anima in 'Blood Diamond'. Due ruoli forti, la conferma che Leo non è più un ragazzino incantevole e strappacuori ma che è diventato un uomo. E se poi a spuntarla tra le attrici dovesse essere la Winslet, ci sarebbe la prospettiva di una foto che farebbe le prime pagine di tutti i giornali: dieci anni dopo 'Titanic', Jack e Rose abbracciati non sulla prua di una transatlantico, ma ognuno con il suo Oscar in mano.

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Il pugno di Francesco - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso