Qualcuno avvisi il cosiddetto Cav che lo stanno prendendo in giro

Che Silvio Berlusconi abbia sempre operato per il Paese ma che il paese fosse con la minuscola, cioè Arcore, è un dato di fatto che sembra sfuggire ai commentatori anche più navigati nel momento in cui lo inseriscono con qualche reale possibilità all’interno del cosiddetto Totoquirinale. Che all’estero sia considerato un’adorabile macchietta che riassume tutti gli stereotipi sull’Italia, e dunque che le famose Cancellerie lo ospiterebbero volentieri al massimo per farsi tradurre la barzelletta sulla mela che sa di culo, anche.

 

Il cosiddetto Cav continua a scambiare la benevolenza che le curve della memoria assumono, da spigoli che erano, di cui si nutrono anche coloro che raccontarono le sue gesta in tribunale. L’uomo è simpatico, innegabilmente. Ma proprio per questo, se avesse un amico, sempre meglio che un’amica, magari è gratis, qualcuno del suo entourage dovrebbe dirgli che ha ragione Letta. Quello giovane. Che lo stanno, come diceva Hegel, a cogliona’.

 

Che le possibilità di vederlo al Quirinale non sono prossime allo zero, perché siamo pur sempre il Paese in cui Claudio Durigon va a spiegare le pensioni a Draghi, ma, ecco, meglio di no. Dacché se davvero salisse al Colle, saremmo costretti a ricordare cosa è stato Silvio Berlusconi per questo curioso conglomerato di Alpi e mari: l’aggregatore del populismo gretto e livoroso che ieri lo illuse, oggi ci illude. Silvio, ricordati degli amici: meglio un posto da Papi della patria nel villone di Zeffirelli che ricordarci, barzellette o no, cosa hai combinato, a ’sta patria. ’Sta povera Patria.

Giudizio: Ci consenta

 

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Alessandro Borghese

Capretto espiatorio

 

La tiritera dei giornali di solito finiva col cambiar di stagione. L’imprenditore o gli imprenditori che si lamentavano dei giovani troppo “choosy”, che non hanno voglia di sacrificarsi, e della conseguente difficoltà di trovare lavoratori, valevano uno/dieci/cento titoli lamentosi, salvo poi scoprire che i giovani non volevano lavorare per quattro spicci in nero, e che non farsi sfruttare, più che choosy, è caratteristica di chi magari poi prende il primo volo per un qualunque altrove perché degli italici furboni è stanco morto.

 

Ora però si va oltre. Anche se magari la storia è un’altra. È capitato al noto tele-chef, che in un’intervista ha spiegato cose condivisibili: che i giovani vogliono più tutele ma hanno ragione, che farsi il culo in cucina, chiedo venia, è cosa che ha da essere giustamente remunerata, e che ha persino asciugato da sette a cinque i giorni lavorativi del suo ristorante perché l’unico patrimonio che abbiamo riscoperto col Covid-19 è il tempo e bisogna prenderne atto.

 

Ha detto cioè: sono vecchio, giusto cambiare. Solo che poi il titolo, i titoli, sono diventati appunto “Borghese: cerco personale ma non lo trovo” e all’improvviso siamo tornati tutti, lui per primo, sotto l’ombrellone del nostro scontento. E s’è pure beccato gli strali di chi forse aveva letto male, o aveva voluto farlo. Morale: talvolta, per capire un pezzo, o per titolarlo senza che diventi un acchiappa-clic o acchiappa-hater, basta arrivare fino in fondo. Anzi: è necessario, per confermare o ribaltare il voto.

 

Giudizio: Quattro stelle

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