Lo stupore oggi, in Italia, nasce dal ritrovarci nel mezzo di un tipo di inverno a cui ci eravamo disabituati. "Un inverno così è stato raro negli ultimi 15 anni", spiega Stefano Tibaldi, meteorologo di fama internazionale, per 13 anni in forza al Met-Office britannico e ora direttore dell'Agenzia ambientale dell'Emilia Romagna: "Ma l'anomalia di quest'anno rientra in una normale variabilità naturale del clima". Anzi, non illudiamoci: il tempo di quest'anno non segna una svolta duratura. E non cambia di una virgola le previsioni a lungo termine dei climatologi, per i quali le bizze atmosferiche non sono che irrilevanti scostamenti di curve che puntano sempre verso un innalzamento della temperatura globale del pianeta. E infatti, a dispetto delle intemperanze del meteo che ci fanno sentire freddo a Messina e caldo insopportabile a Buenos Aires, il 2008 è stato il decimo anno più caldo dal 1880 a oggi. "La tendenza verso un riscaldamento globale prosegue inesorabile, a causa dell'aumento di anidride carbonica che l'uomo emette in atmosfera", ribadisce Vicky Pope, responsabile della Divisione Cambiamento climatico del Servizio meteorologico britannico: "Il fatto che un anno faccia un inverno un po' più fresco non cambia nulla".
Perché i climatologi guardano col telescopio i disastri a venire nei prossimi decenni, e un po' si irritano se qualcuno chiede cosa accadrà nel breve periodo. Così sembra impossibile avere previsioni adeguate a gittata anche di 3-6 mesi. "Compito difficile ma affascinante", spiega Antonio Navarra, responsabile del Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici di Lecce: "Sapendo che è possibile conoscere lo sviluppo delle temperature degli oceani da qui a tre mesi, si tratta di trasporre l'evoluzione di queste temperature - che dipendono da fenomeni come la corrente calda El Nino nel Pacifico - alle temperature dell'atmosfera. Purtroppo è più facile prevedere che tempo farà fra tre mesi ai Tropici che in Europa, l'area in assoluto più imprevedibile".
Non stupisce quindi che i responsi meteo delle varie organizzazioni che ipotizzano i Long Range Forecasting possano risultare anche contrapposti. E così, mentre la Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) statunitense prevede per l'Italia e parte dell'Europa meridionale un'estate più fresca e umida della media stagionale, la Iri (International Research Institute for Climate and Society), che mette insieme diversi modelli, prevede caldo e poche piogge. Entrambe, comunque, registrano eventi fuori norma. Paradossalmente non sono d'accordo se siano fuori norma nel senso del caldo-secco, o nel senso del freddo-umido.
Le difficoltà di prevedere che tempo farà a media gittata obbligano i meteorologi a capire come evitare che le bizzarrie del clima si trasformino in guai per gli uomini. "Il cosiddetto riscaldamento globale", spiega Tibaldi, "significa aumento degli eventi meteorologici estremi, come uragani, ondate di calore, siccità prolungate alternate a piogge torrenziali, frane e alluvioni. Per questo, anche alle nostre latitudini la sfida dei servizi meteorologici è quella di saper prevedere a uno o più giorni di distanza non solo dove pioverà, ma anche quanto, in modo da poter prevenire il più possibile frane e alluvioni".
Insomma, bisogna attezzarsi a governare l'emergenza anche con un breve anticipo, visto che l'unica certezza che ci danno i modelli è che non ci sono certezze. Sottoposta a un'energia termica crescente, la macchina climatica si comporta in modo sempre meno prevedibile, con l'effetto di aumentare sia l'altalena del tempo durante l'anno, sia fra un anno e quello successivo. "Così piove sempre meno d'estate e sempre più in inverno, passando dalla siccità agli allagamenti, con il suolo che non riesce neppure ad assorbire le precipitazioni violente e improvvise", continua Tibaldi: "E anche fra un anno e l'altro le differenze possono essere enormi, mettendo in crisi interi ecosistemi".

La strada sembra segnata, e gli esperti concordano che l'unica cosa che si può davvero prevedere è che torneranno gli eventi estremi, con migliaia di morti e costi inattesi. Il Programma ambientale delle Nazioni Unite ha calcolato che il 2008 è costato in termini di disastri climatici il doppio del 2007: 200 miliardi di dollari. "I cambiamenti climatici in atto hanno costi enormi", spiega Francesco Bosello, economista ambientale della Fondazione Enrico Mattei. L'ultimo rapporto dell'Ipcc ha stimato che per un aumento di temperatura da qui a fine secolo di 4 gradi, ci sarebbe una perdita di prodotto interno lordo mondiale dal 1 al 5 per cento. Una cifra enorme, che, commenta l'economista: "dovrebbe stimolare da subito fortissimi investimenti in termini di prevenzione e adattamento a questi cambiamenti".