Annamaria Cancellieri, ministro indifendibile (in una situazione normale)

Oggi in aula tenterà di spiegare le relazioni con la famiglia Ligresti. Il legittimo dubbio di un favoritismo alla potente famiglia del pregiudicato costruttore di Paternò consiglierebbe un passo indietro. Ma il governo delle "larghe intese" farà quadrato intorno a lei sebbene non si tratti di una questione privata

L'incidente, lo chiamano nel Palazzo, in trepida attesa, si direbbe. Lo sparo di Sarajevo, la scintilla che potrebbe far saltare in aria un equilibrio sempre più precario. Quello su cui si regge il governo Letta, nato sullo stato di necessita', andato avanti su un filo sottile all'insegna della religione della stabilita', "un valore assoluto" nelle parole del presidente del Consiglio pronunciate il 2 ottobre in Parlamento.
Doveva essere il chiarimento definitivo, il prendere o lasciare della legislatura. E invece, un mese dopo, rieccoci qui, di nuovo a Camere riunite, ancora alle prese con un nuovo caso spinoso, e trappole, sospetti, serpenti sotto le foglie, doppi e tripli giochi....

Difficile che l'occasione della crisi possa arrivare dalle parole del ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, in scena oggi pomeriggio al Senato e alla Camera, chiamata a discolparsi dalle telefonate con la compagna di Salvatore Ligresti, amica di famiglia, a proposito della necessità di scarcerare rapidamente la figlia Giulia Maria, "per motivi umanitari".
Il ministro oggi promette di non voler restare a tutti i costi, si dichiara pronta a lasciare la poltrona di viale Arenula se dovesse essere di "intralcio" al governo. Letta, però, si prepara a una difesa in grande stile. E tutto il ministero sarà schierato sui banchi del governo quando la Cancellieri prenderà la parola.

Eppure, per molto meno, quattro mesi fa, l'ex campionessa olimpica Josefa Idem, oggi senatrice del Pd, e' stata costretta a lasciare il ministero delle Pari opportunità. In una situazione normale la Cancellieri sarebbe indifendibile. Il quadro delle relazioni tra il ministro e la famiglia Ligresti, l'intreccio di parentele, amicizie, legami tra una donna delle istituzioni e il clan del potente, chiacchierato, pregiudicato costruttore di Paternò, il marito amico del fratello di don Salvarore e il figlio direttore generale della Fonsai con liquidazione multimilionaria, le telefonate accorate e il legittimo dubbio di un favoritismo consiglierebbero alla Cancellieri di fare il classico passo indietro.

Una parabola amara per il prefetto che fin qui ha incarnato l'imparzialita', l'impersonalita' dello Stato, con la sua immagine bonaria e insieme determinata, candidata sette mesi fa al Quirinale, ritrovarsi coinvolta invece in una vicenda in cui le biografie, le storie personali, i cognomi contano molto di più dei ruoli e delle regole del gioco.

E tuttavia la Cancellieri resterà al suo posto, specchio della contraddizione, del vizio d'origine, del peccato originale che agita le larghe intese all'italiana. Proprio in questo giorni la Grande coalizione compie due anni. Nella prima settimana di novembre del 2011, infatti, il governo Berlusconi fu costretto a lasciare, dopo il disastroso vertice di Cannes, lo spread ai massimi livelli, lo sgretolamento della maggioranza di centrodestra nell'aula della Camera.

Arrivo' il turno del governo tecnico di Mario Monti, la Cancellieri era uno dei volti chiave di quel ministero, donna di ferro al Viminale. Da due anni, dunque, Pd e Pdl e le varie formazioni centriste di contorno governano insieme. Ma in base a un equilibrio incerto, una stabilita' che confina con la staticita', un immobilismo in cui poco o nulla si può toccare, di certo non si può mettere in discussione il ministero della Giustizia, e poco o nulla si può fare.

Basta girare pagina e passare dal caso Cancellieri alla legge di stabilità, dove il tutti contro tutti nella maggioranza e' appena all'inizio. E le stime sulla crescita del Pil corrette ieri dall'Istat al ribasso. Per non parlare dello stato di salute dei due principali partiti della coalizione. Nel Pd il congresso si sta infiammando, tra tesseramenti gonfiati e guerra sui numeri. Normale fisiologia democratica, si dirà. Ma per ora la competizione tra Renzi e Cuperlo (e Civati) aveva risparmiato il governo, difficile che la tregua possa reggere ora che bisogna lottare voto su voto.

Nel Pdl si è perso il conto delle cene e dei pranzi, degli organigrammi proposti e rigettati. Il ministro Alfano va su e giù da Arcore, più che una colomba sembra un piccione viaggiatore, la scissione delle due anime del partito berlusconiano che un mese fa era cosa fatta si allontana in una nebulosa, in un nulla incerto. Le due fazioni, falchi e colombe, lealisti e aspiranti secessionisti, si danno battaglia su tutto. Sulla pelle del governo, soprattutto.

In questa situazione, in questo progresso nodo scorsoio, avrebbe detto il poeta Andrea Zanzotto, non si può modificare nulla, nulla si può cambiare, meno che mai il ministro della Giustizia. Ma è regola della politica che quando le tensioni si comprimono prima o poi l'Incidente che fa saltare tutto arriva. Per casualità o per calcolo, per troppa ingenuità o per troppa astuzia. Nel caso Cancellieri ci sono entrambe le cose: familismo e consuetudine, imprudenza e arroganza del potere. Difficile che il governo rischi qualcosa dall'appuntamento alle Camere. Ma va ascoltata con attenzione il ministro Cancellieri in aula oggi, il Cancellieri day. La sua non è una questione privata.

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