Con gli Stati Uniti la “relazione è complicata”, il confine orientale dell’Europa è impegnato da tre anni in una guerra territoriale, si è passati dal parlare di ridurre la dipendenza dalla Cina, al guardare a Pechino per compensare le incertezze americane. L’Occidente come lo conoscevamo “non esiste più”. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in un’intervista al settimanale tedesco Die Zeit racconta il mondo attuale e il ruolo dell'Unione europea, visti dai suoi occhi: "Il mondo è diventato un globo anche geopoliticamente, e oggi le nostre reti di amicizia si estendono in tutto il mondo, come si può vedere nel dibattito sui dazi". Quello delle imposte doganali è un tema che agita tutti, e tutte le parti politiche. Ieri - 15 aprile -, alla vigilia della visita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Washington, anche la principale oppositrice della premier, la segretaria del Partito democratico Elly Schlein, ha detto di non essere per niente tranquilla, “perché sono giorni che incontriamo le imprese e sindacati e sono tutti preoccupati. La parola chiave è l'incertezza. Purtroppo il governo fino a qui aveva minimizzato per non andare in contrasto con Donald Trump, ora l'Unione europea dovrebbe colpire unita, e per fare più male deve colpire le big tech”. Anche per via di questi timori diffusi, la presidente della Commissione sta cercando di allargare i suoi orizzonti (commerciali): "Sono una grande amica degli Stati Uniti d'America, una convinta atlantista. Credo fermamente che l'amicizia tra americani ed europei perduri”, ammette. “Ma la nuova realtà include anche il fatto che molti altri Stati stanno cercando di avvicinarsi a noi. Il 13% del commercio globale è con gli Stati Uniti, è tanto. L'87% del commercio mondiale è con altri Paesi. E tutti vogliono prevedibilità e regole affidabili”. E l’Europa - rassicura - “può fornirle”.
La strategia in quattro punti
Una situazione delicata, fatta di rapporti “reciproci complicati” con gli Usa, anche se “noi europei siamo in una posizione ideale per interagire con gli americani, perché sono pragmatici, aperti e capiscono bene il linguaggio chiaro”, afferma la presidente della Commissione Ue. Von der Leyen, però, sembra avere già una strategia, che elenca in quattro punti, per far sì che l’Unione Europea non venga schiacciata dalla guerra commerciale. "Il primo è che stiamo cercando di negoziare una soluzione. Parallelamente ai negoziati, stiamo sviluppando contromisure che si concentrano sul commercio sia di beni che di servizi. Tutte le opzioni sono sul tavolo. Il secondo punto è che dobbiamo essere molto vigili affinché ora le merci cinesi non inondino il nostro mercato a causa della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Pertanto, abbiamo misure di protezione in atto”, spiega al settimanale tedesco. “Il terzo punto - aggiunge - è che dobbiamo costruire nuove partnership e stabilire relazioni commerciali più ampie. Il quarto, che dobbiamo eliminare le barriere nel mercato unico, approfondirlo e armonizzarlo".
L’obiettivo è quello di ridurre sempre di più la dipendenza unilaterale del Vecchio Continente da altri Paesi: “Ora dobbiamo sfruttare questo slancio per aprire nuovi mercati alle nostre aziende e stabilire un rapporto il più stretto possibile con molti Paesi che hanno i nostri stessi interessi”. Se le condizioni di accesso al mercato Usa “diventano più difficili, allora è chiaro che cerchiamo nuovi partner per facilitare l'accesso ai nostri mercati”. Partner tra cui figura anche Pechino. Un’apertura che può suonare paradossale, se il fine ultimo è quello dell’indipendenza dell’Ue, ma che per la presidente della Commissione è solo un passo nel percorso verso maggiore autonomia: "Abbiamo già cominciato da tempo a diversificare le nostre catene di approvvigionamento", replica. "La pandemia ci ha insegnato quanto fossimo dipendenti dalla Cina, la guerra in Ucraina ci ha mostrato la nostra vulnerabilità rispetto al gas russo. Per questo abbiamo cominciato a diversificare sistematicamente”.
Resta fondamentale difendere i confini
Al centro dell’interesse europeo resta la questione Ucraina, dove il supporto a Kiev è anche un modo per l’Ue mantenere il gomito saldo sul tavolo nel braccio di ferro con Vladimir Putin: “È estremamente importante dimostrare capacità di resistenza, perché fin dall'inizio Putin ha calcolato che il sostegno all'Ucraina si sarebbe sgretolato. Invece è successo l'opposto". Ma la minaccia non è finita: "Sappiamo per esperienza che, anche se Putin può fermarsi di tanto in tanto, non ci sono limiti alle sue ambizioni imperialiste. Purtroppo lo ha dimostrato più volte negli ultimi anni”, continua von der Leyen.
Cambia l'Occidente, ma non l'Ue
Ma quello che non cambia, in un Occidente che non è più quello che conoscevamo, è il senso stesso dell’Unione europea: "L'Europa è ancora un progetto di pace. Non abbiamo amici od oligarchi che dettano le regole. Non invadiamo i nostri vicini e non li puniamo. Al contrario, ci sono dodici Paesi in lista d'attesa per entrare a far parte dell'Unione europea. Si tratta di circa 150 milioni di persone” spiega von der Leyen. “In Europa, i bambini possono frequentare buone scuole, indipendentemente dal livello di ricchezza dei genitori. Abbiamo emissioni di Co2 inferiori, un'aspettativa di vita più alta. Dibattiti controversi sono consentiti nelle nostre università (a differenza di quanto sta accadendo negli Stati Uniti, ndr). Questi e altri sono valori che devono essere difesi e che dimostrano che l'Europa è più di un'unione. L'Europa è casa nostra. E la gente lo sa, la gente lo sente”.