Dazi, Trump offende gli Stati che (secondo lui) vogliono trattare: "Mi baciano il culo". In vigore le nuove misure per 60 Paesi tra cui quelli dell'Ue

Per il tycoon i leader internazionali "stanno morendo dal desiderio di fare un accordo". Bruxelles prepara le proprie contromisure che partiranno dal 15 aprile: "Vogliamo negoziare, ma in preparazione anche bazooka sulle big tech" americane"

È il giorno dell’entrata in vigore dei dazi più aggressivi, quelli superiori al 10 per cento che Donald Trump ha imposto ai “worst offenders” (tra cui la Cina e l’Unione europea). E il presidente degli Stati Uniti, parlando a una cena organizzata dal Comitato nazionale repubblicano del Congresso a Washington, ha detto la sua sulle pressioni dei diversi Stati che vogliono trattare per rivedere le imposte doganali: “Questi Paesi ci chiamano, mi baciano il culo. Stanno morendo dal desiderio di fare un accordo”. I leader stranieri, per Trump, sono pronti a tutto. E ne ha fatto un’ironica imitazione: “Per favore, per favore signore, fai un accordo. Farò qualunque cosa signore”. Poi il tycoon ha sottolineato che gli Stati Uniti “non hanno necessariamente” bisogno di fare accordi: sono loro, ha aggiunto, che “vogliono fare un accordo con noi” e non viceversa.

L'attacco ai repubblicani

Trump è senza freni e non offende solo i leader stranieri che - secondo lui - si stanno mettendo in coda per trattare e per tentare di far rimuovere i dazi. L’inquilino della Casa Bianca, nell’evento del suo partito, ha anche mandato un messaggio a chi, tra i repubblicani, in questi giorni ha espresso timori per le ricadute della nuova svolta protezionistica: “Vinceremo le elezioni di midterm e avremo un'enorme vittoria a valanga, ne sono certo", ha affermato, puntando poi il dito contro il piccolo gruppo di repubblicani al Congresso che sostengono un'iniziativa bipartisan per una legge che permetterebbe di far scadere dopo 40 giorni i dazi. “Vedo alcuni repubblicani ribelli, dei tizi che vogliono mettersi in mostra e dicono 'crediamo che il Congresso debba fare i negoziati', ma lasciatemi dire voi non negoziate come negozio io”, ha continuato il presidente. Nonostante le borse a picco e i malumori che iniziano a moltiplicarsi, a Wall Street (che ha perso 10 mila miliardi di dollari dall’Inauguration day) ma anche tra i suoi più stretti collaboratori, Trump ha rivendicato di aver avuto i primi “cento giorni di maggior successo nella storia di questo Paese.

In vigore i dazi per 60 Paesi

Che quella di Trump sia una strategia per costringere i leader internazionali a trattare è ancora presto per dirlo. Intanto i dazi fanno il suo corso e oggi - 9 aprile - entrano in vigore per 60 Paesi. Con tariffe che oscillano dall’11 per cento fino al 50, con una percentuale che per la Cina sale al 104 per cento, per rappresaglia contro le contromisure al 34 per cento annunciate da Pechino. Tra  i colpiti c’è anche l’Unione europea, che da oggi vedrà le proprie merci esportate negli Stati Uniti costare il 20 per cento in più (ma per le automobili prodotte fuori dai confini statunitensi l’imposta doganale sale al 25 per cento per tutti gli Stati del mondo). 

Le contromisure europee

Bruxelles si prepara a procedere con la prima tranche di controtariffe, che entreranno in vigore il 15 aprile, mentre secondo il cronoprogramma stabilito dalla Commissione europea le altre due fasi dovrebbero essere il 16 maggio e il primo dicembre. Sul tavolo c’è sempre la possibilità - ventilata in questi giorni da Ursula von der Leyen - di creare un’area doganale a tariffe zero per industria e automobili. "La linea principale da parte della Commissione europea è stata sempre quella di voler negoziare - ha detto il vicepresidente della Commissione, Henna Virkkunen - quindi non vogliamo tariffe, non vogliamo una guerra commerciale. Pensiamo che nessuno ne tragga vantaggio. Questa è la nostra linea principale. Naturalmente, quando necessario, dobbiamo cneh proteggere la nostra industria e i nostri cittadini". E a chi gli chiedeva se ci fosse la possibilità che l'Unione europea possa colpire le big tech americane, Virkkunen ha risposto: "Al momento stiamo preparando anche queste misure".

La reazione di Pechino

Dal canto suo Pechino ha ribadito la propria “ferma volontà” e di avere “mezzi abbondanti” per adottare contromisure nel caso in ci gli Stati Uniti decidano di intensificare ulteriormente le misure già molto restrittive imposte dall’amministrazione Trump. “Il legittimo diritto allo sviluppo cinese è inalienabile e la sovranità, la sicurezza e gli interessi di sviluppo della Cina sono inviolabili”, ha dichiarato Lin Jean, portavoce del ministero degli Esteri.

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