La priorità sono i negoziati ma, nel caso in cui dovessero fallire, l’Unione europea è pronta a introdurre “una tassa sui ricavi pubblicitari digitali” che colpirebbe le big tech. In un’intervista al Financial Times, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen - all’indomani della sospensione dei controdazi europei - ha ribadito che Bruxelles lavorerà per raggiungere un “accordo equilibrato” con Washington durante i 90 giorni di time-out deciso da Donald Trump. Ma sul tavolo rimane sempre quel “bazooka” di cui i vertici europei hanno parlato qualche giorno fa e che, nel mirino, potrebbe avere le aziende digitali americane: da Meta a Google, da Amazon a X. Intanto, nel disordine globale generato dalle mosse di Trump, il presidente cinese Xi Jinping ha esortato l’Ue a collaborare con Pechino per “resistere insieme alle prepotenze unilaterali” e ha scelto di rispondere all’aumento dei dazi imposti dagli stati Uniti con nuove imposte doganali al 125 per cento sui prodotti statunitensi.
"Non torneremo mai allo status quo"
La guerra commerciale di Trump, per von der Leyen, è “un punto di svolta completo nel commercio globale” perché “non torneremo mai allo status quo”. Il suo giudizio, come quello della quasi totalità dei leader europei, è che “non ci sono vincitori in questo” ma “solo perdenti”. Oggi, ha aggiunto, “vediamo il costo del caos, i costi dell’incertezza che stiamo vivendo oggi saranno pesanti”. La presidente della Commissione ha più volte ripetuto, in questi giorni, come l’obiettivo sia arrivare a una zona di “tariffe zero” tra le due sponde dell’Atlantico, anche se la proposta è stata accolta con freddezza oltre oceano, dove i funzionari più vicini a Trump - così come lo stesso presidente - lamentano una serie di barriere commerciali indirette imposte da Bruxelles, come Iva o gli standard più elevati su beni e servizi. “Penso che valga assolutamente la pena valutare come allineare le nostre norme e i nostri standard per semplificare il business. Sono aperta a questa possibilità - ha spiegato von der Leyen al quotidiano finanziario inglese - ma non dovremmo alzare troppo le aspettative perché spesso ci sono standard diversi perché ci sono differenze nello stile di vita e nella cultura”. Poi ha escluso la possibilità di rivedere le normative “intoccabili” dell’Ue sui contenuti digitali e sul potere di mercato e che non negozierà sull’Iva: “Queste non sono incluse nei pacchetti di negoziazione perché sono decisioni sovrane”. Von der Leyen ha anche contestato a Trump di non considerare, nelle sue accuse ai Paesi con cui gli Usa hanno deficit commerciali, il peso dei servizi e sovrastimare invece quello delle merci. “Le aziende che offrono servizi fanno buoni affari in questo mercato (quello dell’Ue, ndr). E la stragrande maggioranza dei servizi, l’80 per cento, proviene dagli Stati Uniti. Quindi, ancora una volta, vogliamo una soluzione negoziata che sia la migliore per noi, per tutti noi”.
Le mosse di Pechino
La nuova guerra commerciale ingaggiata da Trump contro tutti (ma soprattutto contro la Cina) un primo effetto geopolitico già ce l’avuto, con Xi Jinping che ha lanciato diversi messaggi all’Unione europea. Incontrando il premier spagnolo Pedro Sanchez, il presidente cinese ha sottolineato che Pechino e Bruxelles “dovrebbero farsi carico delle proprie responsabilità internazionali, mantenere insieme la tendenza della globalizzazione economica e l’ambiente del commercio internazionale, e resistere insieme alle prepotenze unilaterali”, riporta l’agenzia statale Xinhua. E anche Xi Jinping ribadisce il pensiero sostenuto da von der Leyen al Financial Times: “Non c’è alcun vincitore in una guerra dei dazi e andare contro il mondo porterà all’isolamento”. Ma intanto la Cina ha deciso di rialzare ulteriormente i suoi controdazi, che entreranno in vigore dal 12 aprile, sulle importazioni dei beni Usa dall’84 al 125 per cento, in risposta alla speculare decisione americana. Il ministero dell’Economia cinese ha chiarito che “ignorerà ulteriori giochi sui numeri dei dazi statunitensi” che avranno “perso la loro giustificazione economica”. Nel frattempo, e come già annunciato, Pechino ha lanciato una procedura contro Washington all’Organizzazione mondiale del commercio.