Immunità (di Massimiliano Panarari)

Ogni settimana sull'Espresso un termine commentato da una grande firma

Sono tante le facce del prisma dell’immunità. C’è un’immunità positiva, quella che con il vaccino speriamo di raggiungere tra non troppo tempo, anche se la disorganizzazio ne del governo italiano e di certe regioni non la renderà veloce come dovrebbe essere, riconfermando quanto l’annuncite rappresenti ormai una malattia autoimmune della politica nazionale. E, infatti, abbiamo dovuto assistere all’ennesimo show comunicativo in occasione del “viaggio della speranza” delle prime dosi vaccinali, una sorta di rituale laico “neo-neopositivistico” nei giorni delle liturgie cristiane del Natale, con la spettacolarizzazione televisiva e la cronometro a tappe delle fasi dell’arrivo in Italia e della conservazione minuto per minuto. Una specie di nuova Arca (o Graal), in un tripudio di media logic e marketing politico che stride con i problemi “prosaici” di logistica, approvvigionamento, distribuzione e somministrazione dei vaccini. Quell’immunità positiva che ribadisce anche la centralità della scienza rispetto alle retoriche populiste - e no vax - dell’uno vale uno, comunque dure a morire.

Ma esiste pure un’immunizzazione negativa: quella che stanno subendo la socialità, il confronto tra le persone e la politica come dimensione collettiva. E anche l’accettazione del rischio, che è una componente strutturale e inevitabile, e pure assai importante della vita (dalla quale, co me sappiamo, sono venute molte grandi intraprese). E, anziché una reazione consapevole a questa immunizzazione perniciosa, vediamo dilagare un adattamento conformistico al «distanziamento sociale» (che, a differenza di quello fisico imposto dalle norme sanitarie, costituisce una discutibilissima ideologia a tutti gli effetti). Uno scenario alquanto hobbesiano, con la biopolitica che si fa immunopolitica, e ripropone il terribile scambio tra sicurezza e libertà (e creatività, e dissenso, e dunque vita piena e buona). E a tanti interessa, pavlovianamente, solo la prima.

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