Si avvicina il momento della dichiarazione dei redditi ed è ripartito il martellamento pubblicitario. Perché in ballo c'è un tesoro da un miliardo e duecento milioni, che in gran parte finirà alla Chiesa cattolica. Ecco come viene distribuito tra i culti il prelievo dall'Irpef, per cosa viene usato tra edilizia, stipendi al clero, spot e carità

Maggio, tempo di dichiarazione dei redditi. E, come da tradizione, compaiono sulle reti televisive, su internet e sulle pagine dei giornali le pubblicità della Chiesa cattolica.

L'obiettivo è molto chiaro: spronare i contribuenti a decidere di destinare il loro 8 per mille alla Chiesa di Roma, raccontando come quei soldi sono stati utilizzati fino ad oggi in opere di bene e iniziative sociali. Campagne pubblicitarie milionarie che possono decidere il destino di un fondo davvero ricco: solo nel 2014 l'8 per mille è stato superiore al miliardo e duecento milioni di euro, di cui oltre un miliardo e 50 milioni sono finiti alla Chiesa Cattolica. Per lo Stato e gli altri culti sono rimaste solo le briciole.



Ma come vengono utilizzati davvero questi soldi, come vengono ripartiti e quanto finisce veramente nelle campagne caritative e quanto nella gestione, nell'edilizia e nelle pubblicità?
Scegliete un culto nel grafico sotto per vedere come distribuisce i suoi fondi in percentuale.



Le cifre e la gestione dei fondi sono molto diversi da culto a culto. La Chiesa Cattolica spende un terzo dei fondi nello stipendio del clero e poco meno della metà in "culto e pastorale", una voce che al suo interno include la costruzione di nuove chiese e la ristrutturazione di quelle esistenti, i finanziamenti alle diocesi e la tutela dei beni ecclesiastici. Meno di un quarto dei fondi vanno in opere di carità, sia nazionali che internazionali. Manca nei rendiconti della Chiesa qualunque riferimento alla spesa pubblicitaria che, tuttavia, emerge da altri dati e da sola supera l'intero ammontare dell'8 per mille di quasi tutti gli altri culti.

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Molto diverso l'uso dei fondi da parte di Avventisti, Assemblee di Dio e Valdesi, che impiegano la quasi totalità del loro 8 per mille in interventi caritativi. Più concentrata sui progetti culturali è la Comunità Ebraica, mentre i Luterani sono gli unici insieme alla Chiesa Cattolica a usare questa fonte di entrate per pastorale e stipendio del clero.



E lo Stato?
Nei grafici su come vengono usati i fondi e in quelli sulla pubblicità manca uno degli attori principali: lo Stato italiano, che dovrebbe usare questi soldi "a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e conservazione di beni culturali".

In realtà nel corso degli anni lo Stato "mostra disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato, nel corso del tempo, la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando I'impressione che I'istituto sia finalizzato -piu che a perseguire lo scopo dichiarato- a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni", denuncia la Corte dei Conti.

Il governo ha infatti usato i fondi dell'8 per mille di sua competenza per sistemare buchi del bilancio, aggiustare le leggi di stabilità, finanziare le pensioni degli esuberi Alitalia e chi più ne ha più ne metta. Tanto è stata folle la gestione della quota statale che negli anni 2010, 2011 e 2012 il fondo è stato del tutto azzerato e nel 2013 appena 4 progetti sociali sono stati finanziati su oltre 900 presentati per una spesa complessiva di 400mila euro: i restanti 169 milioni del fondo sono stati infatti destinati ad altre voci di bilancio.

Lo strano sistema di ripartizione e il boom
Ma la mancanza di pubblicità da parte dello Stato e la sua volontà di "frustrare l'intento di fornire una valida alternativa ai cittadini che, non volendo finanziare una confessione, aspirino, comunque, a destinare una parte della propria imposta a finalita sociali ed umanitarie" (Corte dei Conti 2014) è solo una delle storture ormai croniche di questo sistema.

Il meccanismo di ripartizione ha infatti delle caratteristiche uniche: le firme espresse (meno della metà del totale) decidono infatti il destino dell'intero fondo, fornendo un effetto "moltiplicatore" quasi triplo, come il grafico sotto aiuta a capire.



Inutili sono stati negli anni i richiami della Corte dei Conti per rivedere il sistema, magari adottando il "modello spagnolo" che, come succede per il 5 per mille italiano, lascia allo Stato la quota di 8 per mille su cui non si è espresso il contribuente. In questo modo le casse statali risparmierebbero 600 milioni l'anno e si metterebbe un freno all'incremento record di soldi finiti ai culti, soprattutto alla Chiesa Cattolica.



@mauromunafo

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