Nei laboratori scientifici più avanzati si continua a lavorare, per ora con scarsi risultati, al vaccino anti-ansia. La speranza è riuscire a contenere entro limiti ragionevoli l’epidemia di ansia che imperversa soprattutto nei paesi più esposti ai mezzi di comunicazione di massa. Secondo gli esperti bastano due telegiornali al giorno per cominciare a sudare freddo, con il terzo il respiro si fa affannoso, al quarto telegiornale si fa testamento e al quinto si opta per il suicidio pur di non contrarre la variante Omicron. La parola “variante”, anche senza specificare quale, compresa dunque la variante di valico, ha ormai assunto un significato così minaccioso che la frase «fai il bravo, o chiamo la variante» è tra le più usate per spaventare i bambini.
Ingrandimenti Ingrandito fino a centomila volte, il virus, proiettato alle spalle di un conduttore di telegiornale, può sembrare un meteorite a pochi metri dall’impatto sulla Terra, la pupilla di un tirannosauro, una enorme creatura degli abissi, Linda Blair nell’“Esorcista”, Matteo Salvini mentre osserva uno sbarco di migranti. Immagini di terrore senza fine che l’alta definizione rende ancora più verosimili. Che si tratti semplicemente di uno dei tanti microrganismi presenti sulla Terra, causa di una malattia contagiosa evitabile con il vaccino e curabile nella maggioranza dei casi, è un concetto troppo poco telegenico. Sembra che qualche tigì stia considerando l’ipotesi di munire le gigantografie del coronavirus anche di un sonoro, forse un rauco ruggito, forse un sinistro ululato.
I talk-show Allo studio l’ipotesi di avere ospite in studio, grazie alla realtà aumentata e agli ologrammi, il virus in persona, nella sua variante più aggiornata (guai avere ospite la Omicron quando è già in circolazione la Omega), grande abbastanza per occupare una poltrona. Nelle prove simulate, però, il virus, per quanto agitasse i filamenti e mutasse in diretta, passava inosservato rispetto alle urla e alle minacce di querela reciproca degli altri ospiti.
La Rete Anche peggiore lo stato di ansia permanente per chi naviga in rete. Bastano pochi minuti di navigazione per credere che la variante Omicron viaggi in aereo, dal Sudafrica al resto del mondo, come bagaglio a mano. Dopo mezz’ora si è convinti che le mutazioni del Covid lo porteranno presto ad assumere non solo le dimensioni, ma anche le sembianze di un ratto, che dalle fogne risalirà nelle nostre case in milioni di esemplari affamati e scaltri, divorandoci nel sonno. Ma l’ansia, in rete, può scaturire anche dal percorso opposto: il Covid non esiste, è solo una macchinazione mostruosa, milioni di persone hanno smesso di respirare perché ipnotizzate dal potere. Valutando pervasività e perfidia di un potere siffatto, si perde il sonno non più per il terrore della malattia, ma per il terrore dei medici, diabolici protagonisti di una simulazione planetaria. Una nottata trascorsa digitando su internet basta e avanza per recarsi, alle prime luci dell’alba, al Pronto soccorso più vicino e chiedere di essere ricoverati o per Covid o per disturbi psichiatrici. Presto in ogni ospedale il Padiglione Ipocondria e il reparto psichiatrico saranno molto più affollati delle terapie intensive.
Il mistero Più aumentano il livello della salute pubblica e le prospettive di vita, la medicina progredisce e la scienza procede nel suo cammino, più aumentano l’ansia e la lagna. Non dovrebbe accadere il contrario? È il mistero sul quale indagano psichiatri e antropologhi. Secondo il professor Levi-Pumkin, uno dei massimi esperti mondiali di demenza giovanile, «il miglioramento delle condizioni di vita è, per la specie umana, un vero e proprio affronto, perché le nega il piacere di lagnarsi in ascensore con il vicino di casa e di allargare le braccia e scuotere la testa quando qualcuno chiede ”come va?”. C’è qualcosa di umiliante, nel benessere occidentale, che produce un forte desiderio di disgrazie, pericoli, spaventi. Altrimenti, di che cosa potremmo parlare?».