Mobilità
3 settembre, 2025Articoli correlati
Paradossi e rischi dei velocipedi che solo a prima vista sono moto. In realtà sono biciclette elettriche e non necessitano di patente, immatricolazione e assicurazione. E i decreti attuativi della normativa sulla sicurezza della mobilità green ancora non ci sono
Sembrano scooter ma sono biciclette. O almeno lo sono per la legge (che non c’è). Ma le fattezze, il peso e le potenzialità lesive sono quelle di un motoveicolo. Così, tra infinite trovate commerciali (legittime) delle aziende che cercano in ogni modo di tirarne fuori una nuova oggi e una nuovissima domani, c’è anche quella di una lungimirante e scaltrissima società. Produce, appunto, un mezzo che ha tutte le caratteristiche estetiche di un classico “cinquantino”, indistinguibile dai suoi fratelli maggiori targati e assicurati. Sennonché, giuridicamente, è trattato come un velocipede. Né più né meno. Quindi: niente assicurazione, niente bollo, niente targa e niente casco. Se non fosse che pesano 65 chili, mentre una bicicletta in media si attesta tra i 7 e i 20 chili. E possono raggiungere i 25 chilometri orari che, secondo la sempre valida legge di Newton, moltiplicati con la formula “massa per accelerazione”, danno un risultato di forza finale notevolissimo. Con tutti i rischi che ne conseguono per i pedoni e per gli altri utenti della strada.
Il debutto su strada di questi mezzi (che definirli ibridi è un eufemismo) è reso possibile dall’incertezza legislativa e dall'assenza dei decreti attuativi che, almeno nelle intenzioni, dovevano, sin dal dicembre 2024, colmare le lacune di una normativa frammentaria e poco chiara. Il dibattito politico si è acceso negli ultimi due anni ed è culminato, prima, con l’entrata in vigore del decreto legislativo 184/2023, poi, con il pubblicizzatissimo nuovo codice della strada del 2024. Le disposizioni prevedono l’obbligo di assicurazione e di immatricolazione per i veicoli elettrici “da definire”. E proprio in questa voragine definitoria incerta, lasciata a sé stessa dalla normativa e che dovrebbe essere risolta da decreti attuativi ancora non elaborati, i produttori di biciclette, monopattini e scooter possono muoversi nel pieno della legalità. Purché rimangano nei limiti di una potenza massima del motore di 250W e i mezzi non superino i 25 km orari.
Quindi, di nuovo all’apparenza, tutto regolare e tutto nella norma. Le aziende si difendono, trovandosi dalla parte della ragione, perché la normativa, semplificando il più possibile e anche a voler tralasciare i rapporti giuridici tra legge e decreti attuativi, sostanzialmente non esiste. Un po’ come voler circolare (e poterlo fare) con un triciclo a pedali o elettrico camuffato da supercar, con scocca, colori sgargianti, accessori di ultima tecnologia e libero da targa, adempimenti burocratici e seccature di vario genere. Tutto condito, alla fine, dall’ulteriore paradosso tale per cui, se la normativa non sarà definita e specificata, le biciclette camuffate da scooter dovrebbero circolare sulle piste ciclabili. Mentre gli scooter camuffati da biciclette dovrebbero circolare su strada. Che, poi, non ci si capisce più niente. Perché, certo, la salvaguardia dell’ambiente, lo sviluppo della mobilità elettrica ed ecosostenibile, la ricerca di nuove soluzioni sono indubbiamente e giustamente al centro delle politiche attive di molti paesi del mondo. Epperò, proprio per la delicatezza e per la “moda” del tema, l’asino può cascarci facilmente.
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