Politica
21 luglio, 2025Salvini aveva annunciato la regolamentazione su casco, targa e assicurazione, ma una serie di norme bizantine ha lasciato come prima i mezzi elettrici, soprattutto quelli in sharing. E intanto gli incidenti si moltiplicano. Dal ministero: «A ottobre la riforma parte»
Nessuno contesta i «buoni propositi» e le «buone intenzioni» di governo, ministeri, partiti, sindaci, giuristi, funzionari, imprenditori, studiosi e opinionisti vari, ma è un fatto acclarato – e per quanto acclarato, imbarazzante – che l’Italia non sia ancora in grado di gestire con norme chiare il fenomeno globale dei monopattini elettrici. E mentre si emanano decreti bizantini, li potremmo definire comici se il tema non fosse delicato, aumentano incidenti di ogni tipo, troppe volte mortali, e degrado urbano. Il più perentorio (e recente) annuncio è di Natale, nei pressi della vigilia, e fu declamato da Matteo Salvini, il ministro dei Trasporti: bloccata la «giungla» dei monopattini, disse. Dopo anni di intemerate contro i monopattini elettrici, Salvini è riuscito a varare la sua riforma e, lo scorso Natale, si riferiva alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle modifiche contenute nella legge 177 del 25 novembre 2024, quella che ha introdotto obblighi di casco, targa, assicurazione. A oggi non esiste una interpretazione univoca per l’uso del casco, soprattutto con i mezzi a noleggio tramite le applicazioni, e neppure per la tipologia di assicurazione. Quanto alla targa, ancora avviluppata dalle riflessioni degli esperti, il ministero dei Trasporti (Mit) ha impiegato sette mesi per definirne materiali, dimensioni, lucentezza, cromature. Eccoci qui al solito, e ormai insostenibile, difetto dei governi italiani, ancora più evidente col governo Meloni: la confusione dettata dalla fretta di fare un video per i followers. Scomponiamo il trittico salviniano di «casco, targa, assicurazione» per distinguere appieno fra errori marchiani, buoni propositi, buone intenzioni.
I monopattini hanno trovato spazio all’articolo 14 della “riforma” del Codice della Strada di Salvini, periodi sovrapposti, alterazioni di commi, rimandi impilati uno sull’altro, nient’altro che l’oscuro e consueto modo di scrivere le leggi in Italia, finché nel testo viene calata una frase piatta senza dettagli: «I conducenti dei monopattini hanno l’obbligo di indossare un idoneo casco protettivo conforme alle norme tecniche armonizzate». Questa frase piatta senza dettagli ha prodotto una serie di quesiti. Monopattini elettrici e non elettrici? Conducenti minorenni e anche maggiorenni? Quale limite di potenza energetica (o di spinta dei piedi)? Con il buon senso, oltre ai buoni propositi e alle buone intenzioni, si potrebbe supporre che il ministro voglia il casco per tutti: severo, ma prudente. Però i monopattini elettrici, che non possono superare i 20km/h e non possono circolare in strade dove il limite è 50km/h, dunque non fuori dai centri abitati, sono equiparati ai velocipedi (come la bicicletta a pedalata assistita) e non possono trasformarsi in ciclomotori muniti di casco con una semplice frase piatta senza dettagli.
La legge è facilmente applicabile ai proprietari/conducenti di un monopattino privato, è sufficiente comprarsi un casco (peraltro già imposto ai minorenni), ma per le aziende di monopattini in condivisione (sharing) è molto più complicato.
Il mercato dei monopattini in condivisione in Italia, lanciato sei anni fa ed esploso con la pandemia, riguarda 5 milioni di iscritti per l’associazione di categoria Assosharing. Il servizio nel complesso, secondo l’Osservatorio nazionale sharing mobility, ha 1,5 milioni di utenti attivi e raggiunge una platea di 25 milioni di italiani. Più delle reti metropolitane di Torino, Milano, Napoli e Roma messe assieme. Peraltro il governo Meloni, ricorda sempre l’Osservatorio, sostiene la diffusione della mobilità in condivisione, tant’è che da tre anni investe dai 15 ai 20 milioni prelevati dal Fondo nazionale dei trasporti. I monopattini elettrici in condivisione fatturano circa 100 milioni di euro, impiegano circa 2.000 persone e il giro di affari è cresciuto del 321 per cento in un triennio (’20/’23). Adesso un paradosso li potrebbe azzoppare. Perché se l’obbligo del casco è per tutti e tutti possono utilizzare i monopattini elettrici in condivisione, vuol dire che le aziende devono fornire il mezzo e il casco al momento del noleggio. Un decreto ministeriale ai tempi di Paola De Micheli (governo giallorosso di Giuseppe Conte), e questo è il paradosso, ha stabilito che i monopattini elettrici non possono essere «dotati di posto a sedere» (no bauletti) né possono trasportare «passeggeri e oggetti» previa la mancata omologazione. In sostanza: se il monopattino elettrico in condivisione ha un bauletto per il casco non può circolare, se l’utente non si porta dietro un casco non può noleggiare il monopattino elettrico perché rischia una sanzione di centinaia di euro. Questa confusione ha già ridotto di un terzo il mercato e nei prossimi anni, sempre per i calcoli di Assosharing, potrebbero mancare 280 milioni di euro di fatturato di cui 62 per lo Stato e 1.200 addetti senza lavoro. Le aziende hanno svolto diversi esperimenti per il casco, tra migliaia di furti e dilemmi igienici, sono falliti tutti.
Il ministero dei Trasporti non si lascia condizionare dalle proteste e vuole che il casco sia obbligatorio sempre e per chiunque: «È stato esteso a tutti per sicurezza. Per l’eventuale trasporto sono in corso valutazione tecniche». Per la legge vigente, le aziende dei monopattini in condivisione hanno una soluzione: cambiare il parco mezzi, portare la potenza del motore elettrico a un massimo di 250w e rientrare nel perimetro dei velocipedi secondo la definizione classica, ma chi assicura che la legge vigente non sia precaria? Dall’estate 2019 si sono succeduti 4 governi e le norme del settore sono cambiate 5 volte. A giugno 2019 la velocità massima è stata fissata a 20 km/h, a dicembre 2019 è stata alzata a 25km/h, a settembre 2021 è tornata a 20km/h. Targa e assicurazione vanno, per restare in argomento, alla stessa velocità. La copertura della responsabilità civile, l’assicurazione Rc, è obbligatoria da dicembre 2019, ma il ministero dei Trasporti vuole la tutela dei danni contro terzi: anziché prediligere la Rct come per gli sci, per esempio, il governo pretende che i livelli siano quelli della Rca come per gli autoveicoli. «Con l’identificazione del veicolo, attraverso l’applicazione del contrassegno, ci si potrà dotare di assicurazione Rca. È stato avviato un confronto con il ministero delle Imprese e con l’associazione Ania», spiegano dal Mit. Ce ne sono di confronti avviati e di traguardi lontani per i monopattini.
Un paio di settimane fa, il ministero dei Trasporti ha approvato un decreto per illustrare il famoso «contrassegno identificativo», di forma rettangolare, di colore bianco e con caratteri alfanumerici di colore nero. La targa, insomma, che verrà stampata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Negli allegati il ministero si è premurato di suggerire di «pulire la superficie dell’alloggiamento» prima di applicare il contrassegno identificativo al monopattino, però va ancora stabilito quanto costa, chi lo vende e poi chi lo distribuisce. Il Mit garantisce che entro ottobre la targa e il resto sarà completamente in vigore (anche perché la legge lo è da quasi un anno). Conviene dubitare, non per disfattismo. Per il vecchio principio di realtà: i tavoli aperti o da aprire sono tanti e le posizioni sono tanto distanti. Il casco, la targa, l’assicurazione, e anche i parcheggi e i controlli: monopattini a noleggio abbandonati dove capita, conducenti con passeggeri (altro che bauletto) che tagliano la strada e scorrazzano sui marciapiedi. La fretta oggi serve più di ieri. Proprio quest’anno che Asaps, l’associazione ispirata alla polizia stradale, ha conteggiato due morti al mese sui monopattini elettrici privati. Un record. Per citare la risposta di Bettino Craxi a Marco Pannella durante l’insediamento del suo governo, i «buoni propositi» e le «buone intenzioni» non servono a niente se il dialogo è basato sui pregiudizi.
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