Vittorio Arrigoni ( nella foto ) da tre anni viveva nella Striscia dopo aver sposato la causa palestinese. Il terrorismo islamista l'ha ucciso per rilanciare una guerra Santa sempre più minoritaria e disperata. Proprio mentre le piazze arabe chiedono democrazia

Per i terroristi che l'hanno prima rapito e poi ucciso, Vittorio Arrigoni non era il giovane uomo che da tre anni si era stabilito a Gaza sposando la causa palestinese e battendosi per il rispetto dei diritti umani. Vittorio Arrigoni era un simbolo di quell'Occidente contro il quale continuare a combattere una "guerra di civiltà" ancora più obsoleta oggi che dalle piazze arabe si alza la triplice di richiesta di democrazia, diritti, lavoro. Di valori cioé che nulla hanno a che spartire con teorie islamiste, tantomeno con quelle salafite che propugnano un ritorno all'Islam originario.

Sarà perché vedono affievolirsi, soprattutto fra i giovani, un consenso che aveva toccato il suo apice nel pieno della sciagurata guerra irachena, sarà per rilanciare una guerra Santa sempre più minoritaria, dalle caverne afgane alle coste del Mediterraneo, che i fondamentalisti alzano il tiro. Riprendono l'orrenda politica dei sequestri avviata in Libano dagli anni Ottanta. E la Striscia di Gaza è diventata, come era prevedibile, il luogo dove giocare la carta della disperazione.

Il sogno di Bin Laden, così come dei suoi seguaci, è da sempre quello di installarsi nel luogo più prossimo a Israele, stabilire delle roccaforti per portare l'attacco allo Stato degli ebrei, usando la lotta al "nemico sionista" come collante per tutte le rivincite.

Utilizzando, cioé, la causa più sensibile nel mondo arabo. Se l'operazione non ha avuto sinora successo è perché persino una formazione estremista come Hamas (che da cinque anni ha preso il controllo della Striscia) non ha trasformato la causa nazionale palestinese in una causa panaraba. E ha considerato un'intrusione, oltre che una minaccia al suo potere, l'ingresso sul territorio che controlla di gruppi salafiti. Li ha combattuti, negli ultimi tre anni, fino allo scontro sanguinoso dell'agosto 2009, con la formazione guidata da Abdul Latif Abu Moussa (ucciso dopo l'assedio alla moschea dove predicava).

E' possibile ora, sostengono fonti di intelligence, che dopo la rivoluzione egiziana che ha comportato anche la fuga dalle carceri del Cairo di diversi terroristi, questi abbiano trovato rifugio a Gaza e abbiano potuto ricostruire una cellula che, comunque, gode di ben poco consenso e ha una struttura fragile. Lo prova il modo dilettantesco con cui è stato gestito il sequestro di Vittorio culminato con la sua uccisione. In dodici ore Hamas è riuscita a d individuare il luogo dove l'italiano era tenuto prigioniero. Restano ancora alcuni dubbi sulla meccanica del blitz che ha portato a sgominare la cellula. Era già morto Vittorio Arrigoni, come pretende la versione ufficiale? E' stato ammazzato proprio durante il blitz? I dubbi permangono.

Su quanto è accaduto, ora si deve interrogare Hamas. Ma si deve anche interrogare Israele. La Striscia di Gaza, chiusa e assediata, è un luogo di potenziale reclutamento da parte di formazioni estremiste. L'assenza di un dialogo e di qualsiasi prospettiva di pacificazione può spingere alla disperazione. Per questo non c'è tempo da perdere.

Cristallizzare una situazione di sofferenza significa andare inevitabilmente verso una catastrofe. Hamas fu creata (anche con l'aiuto israeliano) in opposizione a Fatah. Ci si è resi conto dell'errore. Adesso cominciano a far capolino movimenti ancora più estremisti di Hamas. Non contano molto. Ma possono fare molto male. Per certificare l 'esistenza in vita e accreditarsi presso i santuari del terrore rapiscono e uccidono. Sarebbe bene togliere loro la possibilità di crescere nel consenso. Dando una prospettiva agli abitanti della Striscia.

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