Dobbiamo spingere l’Europa, Merkel in testa, a cambiare politica. Parla il presidente del  Parlamento Ue Martin Schulz 

È arrivata l’ora di una politica migratoria davvero europea: solidale, pragmatica e strategica». Così Martin Schulz, il presidente (socialdemocratico) del Parlamento europeo in un’intervista esclusiva con “l’Espresso” nella quale mette a nudo le falle del sistema di richiesta d’asilo, il regolamento di Dublino e la mancanza di veri meccanismi che fronteggino i flussi migratori. «L’Europa è un continente d’immigrazione», insiste Schulz, «e mettere la testa sotto la sabbia non l’aiuterà di certo a superare l’emergenza».

Esiste una politica europea dell’emigrazione?
«Ci sono elementi di una politica europea, ma ancora troppe decisioni che i singoli Stati prendono da soli nei confronti degli immigrati».

Il Commissario agli affari interni Cecilia Malmström ha definito la politica dell’immigrazione dell’Ue affetta da «un approccio ombelicale».
«Sono d’accordo. E l’aggettivo “ombelicale” non vale solo per la politica dell’immigrazione. L’Europa non è un’isola dei beati distaccata dai problemi globali. Viviamo in un Continente molto ricco ma circondati da paesi poveri e instabili: questa è la nostra realtà politica. Bisogna gestirla, non negarla. Il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo non ha affrontato con sufficiente serietà questo problema».

Perché?
«Per esempio riservando uno spazio assai esiguo al dibattito su questo tema nel suo ultimo incontro e posponendo il dibattito sul diritto d’asilo e immigrazione al giugno 2014, l’unico momento in cinque anni in cui il Parlamento europeo non sarà formato, limitando quindi la possibilità alla democrazia europea di farsi sentire».

Come superare miopia ed egoismo in materia d’immigrazione?
«Oggi abbiamo bisogno di quella che Habermas chiama etica dell’inclusione, e cioè di una cultura capace di accogliere gli stranieri e accettare il fatto che ci sono uomini che vogliono venire in Europa. Dobbiamo creare un sistema d’immigrazione legale. Non stiamo parlando di astratte utopie, ma di realtà storiche: la scorsa settimana ero da papa Francesco, che mi ha ricordato che lui è figlio di italiani immigrati legalmente in Argentina».

Dopo la tragedia di Lampedusa lei ha ricordato d’altra parte che le coste siciliane sono un confine d’Europa.
«Dobbiamo riuscire a trasmettere oggi due messaggi agli europei: il primo rivolto ai governi di stampo conservatore, e ricordare loro che i nostri confini non servono a rendere l’Europa impermeabile e a trasformarla in una roccaforte inespugnabile dai nuovi flussi immigratori».

E l’altro messaggio?
«L’altro è diretto alla sinistra in Europa, verso cui abbiamo il dovere di ricordare che non possiamo accettare tutti gli immigrati perché non possiamo risolvere i problemi economici o politici del mondo intero».

Non pare che la Merkel abbia ascoltato il suo appello. Il dramma dei profughi non è una vera emergenza per il cancelliere e la Cdu?
«No, io registro che anche all’interno della Cdu ci sono correnti disposte ad affrontare in modo realistico l’urgenza dell’immigrazione. Quel che è sicuro è che un nuovo governo di grande coalizione darebbe il suo contributo positivo ad affrontare i problemi più urgenti dell’immigrazione. Se dovesse davvero avere luogo, la Grosse Koalition potrebbe dare impulsi per superare i fronti divisi fra centro e sinistra in Europa e portare avanti la Germania sul problema dell’immigrazione».

Intanto però Hans-Peter Friedrich, il ministro degli Interni, insiste che la Germania già oggi accoglie più migranti di Italia, Polonia e Grecia messi insieme.
«Dopo le tragedie verificatesi nel Mediterraneo non è sicuramente questo l’approccio giusto per affrontare la drammatica situazione. Sono l’Italia e Malta a confrontarsi con i problemi immediati dell’immigrazione. È vero che la Germania accoglie molti profughi, ma è la tipologia di migrazione ad essere critica nel Mediterraneo, con le centinaia di carrette del mare che tentano di raggiungere l’Europa in condizioni disperate».

Bisognerebbe cambiare il regolamento di Dublino.
«Oggi abbiamo bisogno di più elementi. Prima di tutto dobbiamo capire che il vero senso del regolamento di Dublino e delle nostre regole europee è proteggere i richiedenti asilo. Anche se è vero che non tutti coloro che cercano aiuto nel Mediterraneo sono dei rifugiati».

Ma non si rischia di aprire le porte incondizionatamente?
«No. La mia proposta è di proteggere almeno per una certa finestra temporale tutti coloro che scappano da guerre civili e da zone colpite ad esempio da catastrofi o terremoti. Molti di questi profughi, come i siriani, ritorneranno nei loro Paesi, come è stato per i libanesi una volta finita la guerra in Libano».

E poi?
«Oltre ad accogliere chi chiede asilo politico o, per un certo tempo, chi rifugge da catastrofi, dobbiamo essere in grado di offrire il diritto a una immigrazione legale a chi vuole immigrare. Questo è il modello verso cui dobbiamo oggi orientarci, e in fretta, in Europa».

Insomma, in Europa urge tutta una nuova politica dell’immigrazione?
«Sì, dobbiamo ammettere che l’Europa è oggi un continente meta di immigrazione. Dobbiamo fissare, con regole precise e condivise ogni anno, un certo contingente di immigrati. Da ripartire ovviamente in modo equo fra i 28 Stati membri: e così ognuno in Asia o in Africa può regolarmente richiedere di immigrare qui da noi, e verrà inserito in una normale lista: prima o poi sarà il suo turno, oppure no. Così è il sistema negli Usa o in Canada e così dobbiamo fare anche noi se vogliamo evitare altre stragi e impedire ai trafficanti, i veri criminali, di sfruttare le miserie umane». 

Il premier Enrico Letta vuole una missione militare italiana di pace nel Mediteraneo per proteggere i migranti. Le pare una buona idea?
«Certo, questa è una buona iniziativa e così si possono salvare molte vite umane».

Ma non sarebbe più facile creare, come molti suggeriscono, un cordone umanitario in quei Paesi entro cui consentire un flusso migratorio legale?
«Bisogna considerare se un’idea del genere sia praticabile. Come istituire, cioè quali forze internazionali possono praticamente, in Sudan o in Libia, creare un corridoio umanitario e mantenerlo davvero tale? Sono problemi di non facile soluzione».

E anche sulla legge Bossi-Fini è d’accordo con Letta che la vuole rivedere?
«Si tratta di una questione italiana su cui non spetta a me giudicare. Quel che è sicuro è che non risolviamo il problema dell’immigrazione trasformando in criminale chi cerca disperatamente aiuto. Né tantomeno chi presta soccorso ai profughi in situazioni disperate. Questi sono eroi, non criminali».

A maggio si terranno le prossime elezioni  europee: il tema immigrazione non porterà acqua al mulino di populisti d’ogni colore?
«Quel che le posso dire è che il numero di mail che mi inviano gli euroscettici e gli estremisti di destra, che mi vedono come il distruttore degli Stati-nazione, non è diminuito negli ultimi di tempi. Ma sono invece in aumento le mail di solidarietà di tutti quegli europei che non vogliono più tragedie come quelle di Lampedusa. La partita delle europee è ancora tutta da giocare e questo sarà solo uno dei temi da affrontare».

Ma i dati purtroppo dicono che, dalla Francia alla Grecia, dall’Olanda all’Italia, destre e populismi sono in aumento. Non le fa paura Schulz?
«Chi ha paura non deve fare politica. E chi fa politica, non può giocare con le paure della gente. Per questo è importante costruire un sistema legale che aiuti a risolvere i nodi legati all’immigrazione».

Anche perché, dato il calo demografico, senza stranieri, specie in Paesi forti come la Germania, si blocca l’economia, no?
«Non solo in Germania in tutta Europa è acuto il problema demografico di una società che invecchia sempre di più. E in questo senso l’immigrazione può essere una ventata d’aria fresca per la vecchia Europa».

Lo darebbe il Nobel per la Pace a Lampedusa?
«Mi fa piacere che pensiate che io sia così influente, ma purtroppo non sono io a decidere...».

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