Nel paese nordafricano, che pure è un buon produttore di vino, il consumo di bevande alcoliche è calato drasticamente. Perché i grandi supermercati hanno smesso di venderlo. Seguendo i dettai del nuovo governo dell'islamista moderato Abdel-Ilah Benkiran
La crescita dell’islamismo in Marocco si vede dalla bottiglia, che non si vende. L’acquisto di alcolici nei primi sei mesi del 2014 è caduto in picchiata: meno 18 per cento. Una riduzione storica e che è da addebitarsi in primo luogo all’aumento dell’imposizione fiscale voluto dal governo dell’islamista moderato Abdel-Ilah Benkiran.
Tiene la birra, - 3,6 per cento, cedono ma si salvano i superalcolici, - 10,9, mentre è un’ecatombe per il vino, - 46,14, che pure vanta nel Paese una produzione più che interessante, ben 40 milioni di bottiglie all’anno. Si produce ma non si vende, e si venderà sempre meno. Dal primo luglio la catena di ipermercati Marjane, la più importante del Paese con le sue 32 grandi superfici, ha deciso di bandire dagli scaffali tutti i tipi di alcolici.
«Per favorire la presenza delle grandi famiglie», giura il consigliere delegato Mohamed Amrani, senza voler riconoscere ragioni religiose. Marjane vendeva il 50 per cento di birra e vino di tutto il Marocco, ora ha preferito seguire il cammino segnato dai supermercati Aswak Assalam, astemi da quando nel loro capitale è entrata una multinazionale saudita. Ma Marjane è di proprietà di una holding, Sni, controllata dalla famiglia reale, che così blandisce il governo Benkiran.