Una delle leader della resistenza curda nella città siriana assediata dall'Isis ha scritto una lettera aperta al New York Times. Dove dice: "La nostra comunità democratica e secolare è l'unica capace di battere il Califfato. Aiutate la nostra causa"

Si chiama Meysa Abdo, ma il suo nome di battaglia è Narin Afrin. E' una delle comandanti della resistenza curda della città siriana di Kobane, sotto assedio da parte dell''Isis da metà settembre. Nelle ultime settimane, insieme a molte altre donne curde, ha prima assistito all'attacco del Califfato a villaggi e città curde dei dintorni (con una conseguente ondata di profughi siriani curdi verso il confine con la Turchia) e poi preso le armi per difendere la sua citta.

[[ge:espresso:internazionale:1.185377:article:https://espresso.repubblica.it/internazionale/2014/10/24/news/io-volontario-italiano-a-kobane-1.185377]]Ora, come in un duello a distanza con la sofisticata propaganda dell'Isis (ultima mossa, usare l'ostaggio britannico John Cantlie per un video reportage a suo favore) Meysa Abdo ha scritto una lettera aperta al New York Times per chiedere a tutto l'Occidente, e in particolare alle donne, di essere al fianco dei curdi di Kobane.

Per prima cosa, la comandante rivendica che il suo esercito di resistenti sta “difendendo una società democratica e secolare di curdi, arabi, musulmani e cristiani che hanno di fronte un imminente massacro” e spiega come la resistenza abbiamo mobilitato “una comunità intera: molti dei suoi leader, inclusa me, sono donne”.

[[ge:espresso:foto:1.185409:mediagallery:https://espresso.repubblica.it/foto/2014/10/24/galleria/la-guerra-dei-curdi-vista-da-instagram-1.185409]]Chi combatte in prima linea, spiega la comandante Narin, “è ben consapevole del trattamento che lo Stato Islamico riserva alle donne”. E proprio per questo, dice, i curdi di Kobane si aspettano che “le donne di tutto il mondo ci aiutino, perché stiamo combattendo per i diritti di tutte le donne, in ogni luogo”. E poi aggiunge: “Non ci aspettiamo che veniate a combattere qui (anche se saremo fiere se qualcuno lo facesse) ma chiediamo alle donne di promuovere la nostra causa nei loro paesi e di fare pressione sui loro governi perché ci aiutino”.


Meysa Abdo poi analizza la situazione militare e chiede ai governi occidentali di spingere la Turchia a tenere aperto un corridoio attraverso il quale i curdi siriani (e iracheni, come sta accadendo in queste ore con i primi 150 peshmerga curdo-iracheni in viaggio verso la città) possano raggiungere la resistenza di Kobane.


Con orgoglio da combattente, Narin Afrim conclude: “Abbiamo dato prova di essere l'unica forza in grado di battere lo Stato Islamico in Siria (…). La gente di Kobane ha bisogno dell'attenzione e dell'aiuto del mondo.

LEGGI La lettera integrale di Meysa Abdo sul New York Times