Mercoledì davanti al parlamento europeo Jean-Claude Juncker ha cercato di difendersi dalle accuse per lo scandalo LuxLeaks. Il presidente della Commissione Ue e per 18 anni premier del Lussemburgo ha negato di essersi occupato degli accordi che concedevano tasse minime a centinaia di multinazionali: «Non ho mai dato istruzioni all'amministrazione tributaria». E ai giornalisti ha ribadito: «Non c'è nulla nel mio passato che dimostri che la mia ambizione era di organizzare un'evasione fiscale in Europa». Un'affermazione subito smentita dal “Wall Street Journal” che ha pubblicato un discorso in cui Juncker si vantava di avere preso gestito trattative di questo tipo.
Nel maggio 2003 l'allora primo ministro davanti ai deputati del Granducato annunciò che le multinazionali Amazon e Aol avevano deciso di portare i loro quartier generali europei in Lussemburgo. «Abbiamo una nuova prospettiva per il futuro, il risultato di una corretta politica fiscale, di una corretta politica sulle infrastrutture ma anche il risultato di dure trattative con i manager dei due gruppi. Queste trattative sono avvenute in America, sono avvenute qui in patria e io non le ho condotte da solo».
Ancora prima delle rivelazioni di LuxLeaks, pubblicate in esclusiva per l'Italia da “l'Espresso”, l'intesa sulle tasse tra il Granducato e Amazon è stata messa sotto inchiesta dalla Commissione europea, ipotizzando una violazione delle regole antitrust. La tassazione di favore concessa dal Lussemburgo sarebbe stato un aiuto di Stato, che si è tradotto in un danno per gli altri membri dell'Unione.
Ora i file dell'Intenational Consortium of Investigative Journalists permettono anche di quantificare i vantaggi per Amazon: grazie alle deduzioni sulle royalties per centinaia di milioni di euro nel 2009 il colosso delle vendite online ha pagato per tutte le sue attività nel Continente soltanto 14,8 milioni di tasse.
Nel 2003, l'allora premier spiegò: «Amazon incassa una commissione su ogni vendita, sulla quale si pagano tributi, e su tutte le transazioni che avvengono il governo lussemburghese intasca l'Iva lussemburghese qui in Lussemburgo. Voi capite cosa può significare». Infatti ogni acquisto online fatto in Europa su Amazon, anche in Italia, si trasforma in denaro contante per il Granducato. Sottraendo risorse all'erario delle altre nazioni.
Davanti al parlamento europeo, Juncker ha dichiarato: «Non mi scuso per quello che ho fatto per il mio paese. Le autorità fiscali lussemburghesi hanno agito su base autonoma. Ma ovviamente sono responsabile dal punto di vista politico per quello che è successo». Invece undici anni fa era stato lui stesso, davanti ai deputati del Granducato, ad attribuirsi il merito dell'accordo con Amazon. Quello che ha determinato l'inchiesta della Commissione europea e che oggi dimostra il suo conflitto di interesse diretto.