Parla ?il leader della nuova sinistra spagnola: "Non vogliamo essere una colonia della Germania. Questa politica ci condanna ad essere periferia e mano d’opera da due soldi."

Pablo Iglesias (a sinistra) e Alexis Tsipras
Ama citare il padre del comunismo, “il cielo non si prende per consenso, si prende per assalto”, e parafrasare l’allenatore dell’Atletico Madrid, “dovremo vincere partita dopo partita per vincere le prossime elezioni generali”.

Trentasei anni, codino, pizzetto, nato a Vallejas, quartiere proletario di Madrid, fin da giovanissimo nella Gioventù Comunista quindi a flirtare con i movimenti sociali, consulente per il governo venezuelano, professore di Scienze politiche all’Università Complutense di Madrid, in coppia nella vita di tutti i giorni con Tania Sanchez, discussa candidata di Izquierda Unida alla regione di Madrid, conduttore de la Tuerka, un programma politico su una tv online, ospite frequentissimo di dibattiti televisivi di qualsiasi emittente, anche di estrema destra, ed infine eurodeputato, Pablo Iglesias è il volto carismatico di Podemos, la neonata formazione della sinistra radicale spagnola che sta terremotando il panorama politico ed è accreditata di quasi il 30 per cento.

Spagna
Podemos al 30 per cento fa tremare i Palazzi di Madrid
23/1/2015
Al di là delle parole rubate a Marx e al Cholo Simeone il suo ritornello ha il ritmo secco e tutto italiano della parola “casta”. «Voi italiani sapete bene cosa vuol dire casta. È un’invenzione della politologia italiana, è la privatizzazione della politica, la relazione oggettiva per cui chi decide lo fa al servizio del grande potere. E oggi l’asse destra-sinistra non spiega più il dibattito politico, a spiegarlo è la casta: il capitale contro i cittadini».

Domenica 25 gennaio Iglesias sarà ad Atene con Alexis Tsipras. Sono loro le due stelle del nuovo che avanza in politica, beninteso che avanza da sinistra, ma che guarda con molta attenzione al centro per farsi governo.

Che partita si gioca in Grecia?
«È fondamentale appoggiare Tsipras nel momento in cui rappresenta un’Europa della dignità, dei diritti, è l’unico che li rivendica, che dice che noi non vogliamo essere una colonia della Germania, della troika, mentre adesso questa politica ci condanna ad essere periferia, mano d’opera da due soldi. In Spagna i giovani sono costretti ad emigrare e gli altri a servire cañas e tapas nei bar. Dobbiamo riconquistare l’Europa per i cittadini e la riconquista parte dalla Grecia. Alexis è importante: se sarà il prossimo primo ministro, dimostrerà che si può lavorare in un’altra maniera».

[[ge:rep-locali:espresso:285513497]]La Germania parla di possibile uscita della Grecia dall’euro, la Commissione Ue scommette apertamente su Samaras. In Spagna Podemos è costantemente sotto attacco, anche dai maggiori giornali, compreso il progressista El Pais. Perché voi e Syriza suscitate tanta paura ?
«Vogliono amputare il diritto dei cittadini a scegliere e per riuscirci usano una narrativa contro il cambiamento che proietta l’idea di una presunta Europa armoniosa contro un Godzilla che viene a distruggerla. Nulla di nuovo sotto il sole: nelle elezioni elleniche del 2012 già si era messa in moto una macchina simile, alla vigilia del voto la Merkel diceva: “Spero che il governo uscito dalle urne rispetti gli impegni presi”. Questa volta il Commissario Ue all’economia Moscovici è andato ad Atene sottolineando i benefici del riscatto greco e Jean-Claude Juncker, lo stesso che ha permesso a 340 multinazionali di pagare tasse inferiori all’ 1 per cento in Lussemburgo, interferisce dicendo “non mi piacerebbe che forze estremiste arrivassero al potere” e assicurando di preferire “facce conosciute”. In gioco c’è la democrazia stessa in Europa, bisogna contrastare quest’ondata di paura scommettendo sulla sovranità dei popoli in difesa della loro dignità, usando qualcosa di semplice: la carta dei diritti umani».

Tsipras è dato primo in Grecia, voi che un anno fa nemmeno esistevate, primi in Spagna, cos’è cambiato nel suo Paese?
«Il 15 M (la sigla della prima manifestazione degli indignados, del 15 maggio 2011) ha fatto irruzione nella politica spagnola. Noi non rappresentiamo il 15M, i movimenti non sono rappresentabili, ma hanno alterato il gioco politico, hanno fatto diventare il dolore di chi ha perso il lavoro, di chi ha perso la casa, di chi lavora ma non arriva a fine mese, di chi non ha i soldi per pagarsi le cure, un problema politico e ha preteso che la democrazia, i diritti, dovessero tornare ad assere al centro del dibattito. Podemos non può rappresentare il 15 M ma ha iniziato a rappresentare questo dolore. Oggi l’asse destra-sinistra non spiega più il dibattito politico, a spiegarlo è la casta: il capitale contro i cittadini. Siamo un movimento pragmatico che cerca il potere per risolvere i problemi dei cittadini. Il cambiamento non passa per le etichette ideologiche, perché queste, come ci insegna l’esperienza dell’America Latina, permettono che comandino sempre gli stessi. Oggi in Spagna c’è una maggioranza popolare, venga da dove venga, che considera che siamo governati da una casta, si tratta di convertire questa maggioranza popolare in una maggioranza politica. La differenza la si fa con il programma: un controllo del debito, riforme fiscali per far pagare tasse ai ricchi, i diritti sociali, diritto alla salute, alla casa, all’istruzione... è questa l’agenda fondamentale di Podemos».

E come si declina, nella pratica, questo programma?
«La Spagna ha attualmente tre grandi problemi economici. Una disoccupazione al 23 per cento con un mercato del lavoro precario, in cui il 92 per cento dei contratti firmati l’anno scorso sono stati temporali, il 40 per cento di un mese o meno. Una diseguaglianza estrema. E, infine, un debito che non smette di crescere alla faccia delle politiche di austerità che dovrebbero portare all’equilibrio di bilancio e ottengono il contrario. Per contrastare questa situazione proponiamo due grandi tappe: un piano di riscatto civile, ossia una ristrutturazione del debito in modo da destinare risorse nazionali ai settori più vulnerabili e bloccare la locomotrice che va diretta verso il baratro. Questa ristrutturazione non può essere fatta come in Grecia, dove è servita solo a sottomettere ancora di più il Paese al controllo dei mercati finanziari, deve essere una ristrutturazione rigorosa e realizzabile, onesta, calibrata sulla Spagna, la quarta economia della zona euro, un’economia che a differenza di quella greca è a rischio sistemico per la Ue. E quindi, una volta bloccata l’emorragia del debito, lanciare un piano di sviluppo produttivo che ci permetta di migliorare la riscossione delle imposte, lottando contro la frode fiscale di imprese e grandi patrimoni, e creare una crescita che non impoverisca la maggioranza sociale. Dobbiamo promuovere un mercato del lavoro che si basi sull’aumento della produttività, non sui tagli salariali. Dobbiamo trasformare la nostra economia puntando non solo sui servizi, ma anche sull’economia sociale della conoscenza, sulla mobilità e l’economia verde».

Siete in pista da un anno e da allora il vostro programma, soprattutto economico, è mutato, è una marcia indietro?
«Una cosa è partecipare alle europee, definendo un programma con punti generali per l’Europa, e un’altra alle politiche, sulla base di un programma di governo. Stiamo lavorando con esperti e questi ci hanno detto che non sarà possibile portare subito le pensioni a 60 anni e creare subito un reddito minimo, ma è quella la tendenza che imporremo in caso di governo».

Cercate il voto dei cittadini contro la casta, è populismo, come qualcuno vi accusa?
«Il nostro è un programma di applicazione immediata con richiesta concrete. Chi ci chiama populisti disprezza enormemente le persone normali».

In Grecia il Pasok è quasi scomparso, in Spagna avete superato il PSOE, in Francia Hollande non è in gran forma, pare che solo Renzi, tra i rappresentanti dei partiti della socialdemocrazia tradizionale, sia in salute elettorale, cosa pensi di lui?
«Le forze politiche che lo sostengono non sembrano essere molto diverse da quelle della grande coalizione che ha portato e porta il continente in questa situazione terribile. E la trattativa con Berlusconi non è una bella notizia per i democratici. Renzi parla molto, bisogna vedere cosa farà, ma non sono molto ottimista».

Iglesias, lei si è incontrato con Beppe Grillo il 13 gennaio a Strasburgo. Avete dei punti di intesa con il MoVimento 5 stelle?
«Parliamo con chiunque voglia lavorare a difesa dei diritti sociali in Europa (all’incontro pare abbia parlato soprattutto Grillo, ndr)».