Un’isola minuscola al largo dello Yucatan. 
Una riserva unica al mondo di mangrovie, delfini d’acqua dolce, squali balena. Oggi minacciata da un mega progetto edilizio (Foto di Francesca Volpi)

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Holbox significa “buco nero” in lingua maya. Ma in questa piccola isola messicana incastonata nella riserva naturale di Yum Balam, a mezz’ora di barca dalla costa dello Yucatan, tra le acque del golfo del Messico e quelle del Mar dei Caraibi, tutto è illuminato. Le piume dei fenicotteri rosa, le mangrovie, la laguna, il mare cristallino, persino le sagome sfuggenti degli squali balena, le grandi conchiglie cangianti che la risacca deposita continuamente sulla spiaggia bianca e le stradine di sabbia delimitate da case dipinte dagli artisti che ogni aprile sbarcano con pennelli e colori: è tutto avvolto in una luce abbacinante.

Su questo paradiso terrestre, dove numerosi animali in via di estinzione e piante protette perpetuano il loro ciclo vitale, incombe però un’ombra che rischia di far saltare l’ecosistema. È il progetto di costruzione di un complesso turistico su un’area di 980 ettari lungo l’Ensenada - all’interno della riserva naturale - presentato da un’associazione di imprenditori messicani e in attesa dal 2012 del responso da parte del ministero dell’Ambiente, che deve valutarne l’impatto ambientale.

La minaccia alle aree protette del Messico è del resto latente e solo gli ingenui potevano pensare che si sarebbe fermata davanti alle pur robuste proteste degli ambientalisti. Perfino una parte della popolazione di qui - in tutto duemila anime che si spartiscono un atollo di cinquanta chilometri quadri - si è lasciata attrarre dai soldi offerti dal consorzio e ha venduto i propri terreni. Quelli che invece non hanno firmato vengono ora chiamati in modo spregiativo “los talibanos”, i talebani. Da un anno i due gruppi si guardano in cagnesco e a volte la contrapposizione rischia di diventare violenta. Per questo pattuglie di soldati armati si aggirano  tra le strade di sabbia dell’isola. Le loro camionette sono le uniche macchine che possono viaggiare a Holbox: per il resto sono ammessi solo veicoli elettrici tipo quelli usati sui campi da golf. Resta il fatto che il “progetto di sviluppo” dell’Ensenada ha diviso l’isola: l’armonia si è rotta tra la gente del posto, che vive da sempre di pesca o turismo.

Il piano per la realizzazione del progetto, che comprenderebbe anche la costruzione di tre alberghi (in tutto 832 camere), è stato proposto nel settembre 2012 dall’associazione di imprenditori “Penisola Maya Developments” e depositato assieme alla dichiarazione d’impatto ambientale. Il processo di valutazione è stato a lungo congelato, dopo le richieste di maggiori informazioni e dettagli riguardo al piano da parte delle autorità ambientali.  Lo scorso 29 maggio il ministero ha deciso di riprendere in mano il dossier e il verdetto potrebbe essere emesso a breve. Qualora i resort e le strutture annesse (come un campo da golf e diverse piscine) venissero costruiti, Holbox potrebbe perdere la sua biodiversità, protetta dal 1994. I fenicotteri, gli avvoltoi, le aquile e i falchi pellegrini che attraggono birdwatchers da tutto il mondo verrebbero disturbati dall’alterazione dell’ambiente dove nidificano da sempre. Anche le tartarughe marine, gli squali balena che hanno stabilito qui il loro santuario da maggio a settembre, e i lamantini, i delfini d’acqua dolce che vivono nella laguna, ne risentirebbero. Gli investitori invece sostengono che il progetto avrebbe un impatto solo sul 10 per cento della superficie coinvolta.

Alejandra Serrano, direttore dell’ufficio regionale del Centro Messicano di Diritto Ambientale (Cemda) dice che a monte c’è un vuoto legislativo: «Le autorità ambientali messicane non hanno mai redatto il programma di gestione dell’Area Naturale Protetta di Yum Balam. Nel regolamento sarebbero dovute comparire norme inequivocabili sul piano regolatore dell’isola e di tutta la riserva naturale. Se ci fosse, ora non dovremmo fronteggiare questo problema». Il Cemda è preoccupato perché il progetto turistico comporta anche la costruzione di canali lunghi almeno tre chilometri che potrebbero danneggiare le mangrovie e l’habitat della Laguna Yalahau, che ospita i delfini d’acqua dolce in via di estinzione. Yalahau è l’unica zona del Caribe dove ancora vivono questi mammiferi, descritti come miraggi da Gabriel García Márquez ne “L’amore ai tempi del colera”. Anche la cittadina di Chiquila, da dove partono i piccoli traghetti che collegano la terraferma all’isola, subirebbe un degrado, secondo Greenpeace.

Il nostro accompagnatore Armando spegne il motore della piccola barca prima di arrivare nella zona dell’Ensenada dove nidificano i rapaci: «Li disturberemmo», dice a bassa voce. Le mangrovie tutte attorno a noi escono e rientrano nell’acqua trasparente come ricami orditi da un gigante: la natura. Scendiamo nella zona del vecchio faro. Sulla sabbia lunare ci sono conchiglie di ogni colore: rosa, verde, viola. Ai piedi delle palme decine di noci di cocco. Sembra che mai anima viva sia passata da queste parti. Immaginare un green all’inglese con le buche da golf è un po’ surreale. Un prato che andrebbe bagnato in continuazione, sottraendo acqua dolce all’isola.

Anche la notte ha un fascino ancestrale a Holbox. I viottoli che portano ai resort attuali a forma di capanna, così come agli originali campeggi che offrono posti letto a buon mercato costituiti da barchini di legno con materasso e zanzariera, sono segnalati da migliaia di conchiglie rosa illuminate da piccoli lumicini posti al loro interno. Le silhouette dei turisti e degli indigeni - tutti rigorosamente senza scarpe - vagano nel buio come fossero prive di peso. Solo la piazza principale e i locali attorno sono ben illuminati dalla luce elettrica. Spesso su questa pista naturale i ragazzi del posto e i turisti ballano assieme per ore con i piedi nella sabbia. L’atmosfera è vagamente fricchettona e nei locali si incontrano personaggi che sembrano appena arrivati da Woodstock. Suonano e cantano al tavolo, con i gestori e le loro famiglie. Il lussuoso progetto turistico del consorzio aggiungerebbe un turismo nuovo e completamente diverso. «Temo che però perderemo i nostri aficionados perché queste due tipologie di turisti sono incompatibili», dice Marvin Perez Jimenez, che ha un bed and breakfast ed è tra quelli che hanno firmato la cessione dei terreni, salvo poi pentirsene.

Va detto che l’Ensenada è lontana dal centro abitato dell’isola e, secondo altri isolani, i turisti ricchi se ne starebbero nella loro oasi di lusso per andare in centro solo a fare shopping. I prezzi però salirebbero, inevitabilmente, e i visitatori attuali potrebbero scegliere alla fine altre mete. A Holbox oggi vanno per il suo fascino incontaminato, ma anche per la sua singolare storia: è stata una tappa delle rivoluzione cubana, a metà degli anni Cinquanta: «Ecco, vedi, queste sono le siringhe con cui il Che aveva curato i nostri nonni», sorride Marvin; poi ci mostra orgoglioso una grande bussola, il più prezioso dei regali offerti alla popolazione locale dagli 82 “barbudos” che il 25 novembre del 1956 salparono dal porto messicano di Tuxpan a bordo del Granma e si fermarono qui, dovendo fare rifornimenti e riparare la barca. «Fidel Castro e Che Guevara si sono imbarcati per Cuba da Holbox dopo essere arrivati via terra. Gli altri ribelli invece sono venuti con il Granma e hanno voluto darci la bussola della barca in segno di riconoscimento per l’ospitalità», spiega Marvin. Che possiede anche una lettera di Fidel in cui il leader nomina “rivoluzionario” l’allora sindaco di Holbox.

Il motivo per cui è proprio Marvin a custodire questi cimeli è curioso: «I rivoluzionari cubani ebbero rapporti con le donne dell’isola, compresa mia nonna. Ecco, se quello che si dice è vero, io dovrei essere il nipote proprio del Che. Spero che nell’Aldilà non gli abbiano detto che tra gli imprenditori a cui ho venduto i miei terreni c’è anche il distributore della Coca Cola», ride.

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