Parigi, la strage che vuol far tacere la musica

Al Bataclan erano di scena gli Eagles of Death Metal, una band statunitense alternativa e festaiola, tutt’altro che macabra, a dispetto del nome. Prima che scoppiasse l'inferno. Ma i ragazzi del rock si ribelleranno alla minaccia di terrore, c’è da scommetterci. E non abbasseranno il volume della libertà

Mai nella storia del rock un concerto era stato interrotto da tanto sangue giovane. Mai. E per colpa non del clima o del fato avverso, ma di una precisa volontà omicida di massa, perpetrata da perfetti coetanei. Quella di venerdì sera al Bataclan di Parigi suona come la più grande e insostenibile tragedia vissuta dalla generazione “indie”. Il loro “Friday Bloody Friday”. Ragazzi giovani e giovanissimi, educati e civili, basta essere stati una volta in un festival come il Primavera Sound di Barcellona o Porto per testimoniarlo; ventenni e trentenni tutti Instagram e mp3, All Stars e serie tv in streaming, barbetta hipster e frequenti letture, sterminati da una barbarie senza fondo. Ragazzi ben più maturi e intelligenti di quel che si pensi, e per i quali la buona musica, soprattutto dal vivo, è molto, se non proprio tutto: per loro il verbo di Elvis e prosecutori continua a essere un fatto sociale importante e aggregante, come trenta, quaranta, cinquant’anni fa.
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Come quando, correva l’anno 1969, durante l’Altamont Free Concert organizzato dai Rolling Stones a conclusione della loro tournée a stelle e strisce, ci scappò il morto: si chiamava Meredith Hunter ed era un diciottenne afroamericano che venne accoltellato dagli Hell’Angels, elevati inopinatamente al rango di servizio d’ordine. Ma in confronto alla carneficina parigina, il ricordo maudit della kermesse californiana sembra solo un innocente incidente di percorso. Anche perché le tragedie precedenti erano sempre derivate da incidenti tecnici o catastrofi naturali.

Nell’ottobre del 2014 in Corea del Sud, per esempio, mentre era in corso il live della band femminile “4 Minute”, è franata una griglia di ventilazione: quasi venti i morti.
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Il 16 giugno del 2012 è crollato invece a Toronto il palco dei Radiohead: morto sul colpo il tecnico del suono, più tre feriti gravi. Un dramma analogo è accaduto all’entourage di Jovanotti e di Laura Pausini. Nell’agosto del 2011 una tromba d’aria si è abbattuta sul Festival di Pukkelpop, in Belgio: cinque i deceduti. Nello stesso mese e nello stesso anno, ma negli States e in diretta tv da Indianapolis, un uragano ha travolto il palco di un mega-concerto country: anche lì cinque le vittime. Nel luglio del 2000 otto ragazzi hanno perso la vita dalle parti di Copenhagen mentre suonavano i Pearl Jam. Pioveva, c’era fango: i fans hanno cominciato a spingersi per arrivare vicini il più possibile ai loro idoli, ed è stata catastrofe.
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Al Bataclan, venerdì sera a Parigi, di buon ora perché nella Ville Lumière tutti i concerti cominciano sempre presto, nella nostra classica ora “happy” dell’aperitivo, erano di scena gli Eagles of Death Metal, una rock band statunitense dedita a un rock alternativo e festaiolo, tutt’altro che macabro a dispetto del nome. Il frontman del gruppo è un certo Josh Homme, leggenda del genere “stoner” (Kyuss, Queens of The Stone Age). L’attesa tra parecchi giovani parigini era quindi alle stelle. Senza contare i turisti: se vai in vacanza a Paris e sei appassionato di un certo tipo di musica, forse il primo locale che ti salta in mente è proprio il Bataclan, quello storico teatro-sala concerti- ex café chantant dal gusto orientale inaugurato ben 150 anni fa. Poi è andata come sappiamo.
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Il demone del fanatismo religioso è entrato in scena e ha deciso di colpire l’impensabile: un’inerme folla di ragazzi gentili. E così un tranquillo venerdì sera  di risate e birre e un po’ di “pogo” (il ballo “iniziatico” rock)  si è trasformato in un bagno di sangue, in un film dell’orrore dal suono orrendo. Il resto è cronaca traumatica e straziante.

Le chitarre degli Eagles of Death Metal sferragliavano da poco quando  degli altri ragazzi uguali e contrari, ottenebrati da un malinteso furore “sacro”, hanno cominciato a sparare all’impazzata, con deliberata, automatica, “illuministica” precisione, al ritornello di“Allah è grande”. Poi la presa degli ostaggi e loro liquidazione fisica uno alla volta. Gli spettatori che cercano rifugio sui cornicioni delle finestre. La band che riesce a mettersi in salvo e posta su Facebook tutta la propria disperazione. Le tre ore di inferno sordo in attesa del blitz delle teste di cuoio. L’annuncio del rinvio del concerto degli U2 previsto per questo sabato sera. L’eccidio e la perdita dell’innocenza di una generazione.

La “musica dal vivo è finita”: ecco il messaggio di terrore in bottiglia dell’Isis. Ma i ragazzi del rock si ribelleranno a questa minaccia, c’è da scommetterci. E non abbasseranno il volume della libertà.

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