«È impossibile monitorare 10, 15 mila persone 24 ore al giorno, sette giorni a settimana». Così Louis Caprioli, un ex spia francese ora a capo di una società di ricerca, spiega come gli attacchi di venerdì sera abbiano preso di sorpresa l'apparato di sicurezza francese. «Tra di loro sette mila sono musulmani radicalizzati, altri duemila sono di rientro da Iraq e Siria e poi ce n'è almeno un altro migliaio sotto osservazione. Ma seguire ogni loro movimento fisico e virtuale non è facile».
La situazione è ancora meno facile da quando i terroristi hanno appreso le mosse di contrasto dell'intelligence europea e studiato il modo per non farsi notare, a differenza di dieci anni fa. Molti non utilizzano più Internet e telefoni cellulari ma si incontrano di persona per coordinare le azioni. Un'altra strategia diffusa è quella di avere cittadini di uno stato europeo compiere azioni improvvise in un altro stato dove non sono immediatamente sorvegliati o sorvegliabili.
«Il numero degli estremisti è cresciuto con le primavere arabe quando tanti giovani si sono lanciati in aiuto di chi voleva liberarsi dalla tirannia nei Paesi del Maghreb. Con l'afflato umanitario è aumentato anche il fervore religioso e da lì il passo verso la radicalizzazione che trasforma in terroristi è breve».
Una delle debolezze dei governi europei è stata quella di sottovalutare la presenza di gruppi di salafiti sul proprio territorio e di non dare sufficiente importanza ai gruppi di religiosi islamici estremisti. Questi hanno avuto mano abbastanza libera nel reclutare giovani musulmani europei in cerca di identità e di uno scopo nella vita parlando individualmente con ognuno di loro, ascoltandoli e utilizzando la religione come strumento di risoluzione dei loro problemi.
«Noi europei laicizzati non capiamo più la religione e non siamo in grado di parlare di religione», continua Caprioli: «Così per noi è difficile sapere come contrastare il dilagare dell'estremismo. Adesso l'unico modo per sconfiggere i terroristi è distruggere con le armi il Daesh e la sua ideologia mortifera».
Sul perché i terroristi abbiano colpito i locali sul quartiere della riva destra della Senna, Caprioli non ha dubbi. «È un simbolo», spiega: «È un luogo vicino agli uffici di Charlie Hebdo, è giovane e pieno di locali alla moda per giovani di ogni provenienza etnica e sociale. I terroristi vogliono dimostrare che possono scorrazzare liberamente nelle stesse aree in cui hanno ucciso dieci mesi fa e se fino ad oggi se la sono presa soprattutto con ebrei, giornalisti e polizia adesso ce l'hanno con tutta la società francese colpevole degli attacchi in Siria e Iraq».
Il modello di attacco che hanno utilizzato è ormai consolidato: lo stesso con cui hanno colpito a Nairobi, a Mumbai, a Mosca e Bezlan. «D'altra parte il Daesh è il figlio bastardo di al Qaeda». E se non sono arrivati ancora in Italia è solo perché il nostro Paese è per il momento molto meno esposto nei bombardamenti in Siria e Iraq.