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Mondo
luglio, 2015

Referendum in Grecia, le ragioni del sì e del no

Una fila ai bancomat per ritirare il denaro
Una fila ai bancomat per ritirare il denaro

Il Paese potrebbe farcela da solo? Ma allora come mai si è trovato in questa situazione? Né l'ipocrita sicurezza del governo greco né la zona euro escono con onore da questa catena di eventi. L'analisi dell'editorialista del Financial Times

Una fila ai bancomat per ritirare il denaro
Come voterei al referendum riguardante il programma economico della zona euro, se fossi greco? La risposta, ahimè, è che sono indeciso. Se credessi che la Grecia può farcela da sola e con successo, di sicuro voterei contro il programma. Ma non potrei esserne sicuro: se la Grecia fosse riuscita a usare la propria sovranità valutaria saggiamente, non si troverebbe nella situazione in cui versa oggi. Se invece votassi a favore del programma, non saprei se l’offerta è ancora valida: la zona euro afferma che è così, ma potrebbe anche trattarsi di un bluff.

Quello che saprei per certo è che se la Grecia votasse “Sì” potrebbe andare incontro ad anni di riduzione delle spese e depressione. Ma ciò potrebbe essere sempre meglio del caos post-uscita dall’euro.
Di sicuro io mi chiederei anche se non possa esistere una via di mezzo. E infatti alcuni sostengono che sarebbe possibile restare all’intero della zona euro anche se il governo andasse in default. Tale ipotesi potrebbe anch’essa giustificare un “No”.

Nel prendere la mia decisione, deplorerei sia l’ottuso sinistrismo del mio governo, sia l’ipocrita sicurezza nelle proprie convinzioni del resto della zona euro. Nessuno esce con onore da questa catena di eventi.
Il governo di Syriza ha fallito nel non presentare un programma credibile di riforme che possa risolvere i molteplici problemi dell’economia e della politica greche. Ha preferito compiere gesti populisti. È, in poche parole, un governo terribile, nato da tempi disperati.

Eppure, anche la zona euro merita di essere biasimata, e molto, per questo stato di cose. Da quello che ama ripetere, uno non immaginerebbe mai che la Germania è stata un’inadempiente seriale nel XX secolo. Oltretutto, non esiste democrazia alcuna, Regno Unito compreso, la cui politica sarebbe in grado di superare indenne una simile enorme depressione. Ricordate? Quando la Germania patì una depressione di questa portata, arrivò al potere Hitler. Sì, Syriza è il prodotto della politica greca immatura e irresponsabile, ma è altresì il risultato di grossolani errori commessi dai creditori dal 2010 in poi e, soprattutto, dell’insistenza con la quale con vari bailout si è proceduto a salvare in extremis gli sprovveduti creditori privati della Grecia a spese del popolo greco.
In ogni caso, tutti questi errori sono costi pregressi. I greci adesso devono guardare al futuro.

Neppure questa prospettiva, però, aiuta più di tanto come uno vorrebbe. Estendere il bailout non è servito a offrire un’uscita plausibile nella ripresa: ha lasciato in sospeso un indebitamento troppo grande e, cosa più importante ancora, ha richiesto troppa austerità a breve termine. Tenuto conto della recente ricaduta, esso sembra esigere di passare da un saldo fiscale primario (al netto degli interessi) prossimo allo zero quest’anno a un’eccedenza del 3,5 per cento del prodotto interno lordo entro il 2018. Raggiungere un simile risultato potrebbe voler dire esigere provvedimenti fiscali in grado di aumentare l’equivalente del 7 per cento del Pil e di contrarre l’economia del 10 per cento.

Subito dopo un attacco cardiaco, non si può mettere un paziente sovrappeso a dieta con pochissime calorie. Alla Grecia occorre la crescita. In verità, il crollo economico spiega perché il suo debito pubblico è esploso rispetto al Pil.

Il programma avrebbe dovuto cancellare ulteriori misure di austerità fino a quando non fosse partita la crescita, incentrata su riforme volte a promuoverla, e promettere un alleggerimento del debito una volta portate quelle a compimento. Se il programma offerto è così cattivo, dovrei rischiare di votare “No”? Nel prendere una decisione dovrei riflettere a fondo su quello che potrebbe accadere. La posizione a breve termine sarebbe chiara. La Banca centrale europea ha decurtato il sostegno di emergenza dato alle banche greche, imponendo rigidi limiti ai prelievi. Alcuni sostengono che questo sia un grave errore. Altri credono che sia un incentivo per gli elettori a scegliere il “Sì”.

Se i greci voteranno “Sì”, il taglio degli aiuti della Bce potrebbe essere revocato. Ma è difficile concepire un ritorno di successo del programma della zona euro se l’attuale governo rimarrà ancora in carica. Dopo aver fatto campagna per il “No”, quest’ultimo ha perduto senza dubbio tutta la fiducia dei creditori, e di conseguenza dovrebbe nascere un nuovo governo. Che dovrebbe anche apporre la sua firma dove indicato.

Se al referendum vincesse il “Sì”, esso riserverebbe un futuro sgradevole e incerto al paese, ma quanto meno immaginabile. Un “No”, invece, porterebbe a due risultati ipotizzabili. Il primo sarebbe una reale uscita [dall’euro]: il governo greco dovrebbe introdurre una nuova valuta e convertire tutti i contratti in vigore per legge in Grecia. La nuova valuta di sicuro perderebbe enormemente di valore rispetto all’euro. Quanto valore perderebbe dipenderebbe dalla politica e dalle istituzioni (in particolare la governance della banca centrale) create dal governo.

È del tutto logico temere il peggio. Alcuni arrivano addirittura a sostenere che la Grecia resterebbe “eurizzata”. Se così fosse, il crollo nel valore all’estero della nuova valuta potrebbe offrire scarsi guadagni in termini di competitività. Per quanto mi riguarda, io sarei più ottimista: i miglioramenti nell’ambito della competitività potrebbero essere consistenti.

Il secondo risultato che si potrebbe ipotizzare in conseguenza di una vittoria dei “No” è restare nella zona euro malgrado un governo insolvente. Questo è logicamente possibile. Il sistema bancario potrebbe essere ricapitalizzato convertendo in capitale le passività delle banche non assicurate. Ciò sembra tecnicamente fattibile, anche se costituirebbe un enorme shock negativo per la ricchezza dei privati.

A quel punto la domanda che sorgerebbe spontanea è se la Bce ricomincerebbe con i prestiti di emergenza e in che misura. A me questa sembra un’opzione poco allettante, che presenterebbe tutti i problemi connessi al fatto di appartenere a un’unione valutaria, con l’aggiunta degli svantaggi legati a un default statale generale. Meglio di ciò, sicuramente, sarebbe votare “Sì”.

In conclusione, se fossi un elettore greco, dovrei scegliere tra l’incudine e il martello. L’incudine ci è familiare: si tratta delle richieste continue da parte della zona euro di sempre maggiore austerità, contro la quale il mio popolo si è già espresso nelle ultime elezioni generali. Il martello è il default sovrano e la sovranità valutaria. Ma se io fossi il Primo ministro Alexis Tsipras, penserei che una terza via esiste, ed è quella dei bailout senza fine e di poche condizioni. Sono sicuro però che egli si inganna.

E allora, che cosa sceglierei? Da persona prudente, sarei tentato di continuare a scegliere l’incudine che conosco. Ma farei forse meglio a scegliere il martello.

Traduzione di Anna Bissanti

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Copyright The Financial Times Limited 2015
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