Il Ministro degli interni inglese applicherà un giro di vite ai permessi d'ingresso e alle concessioni di asilo politico. Anche per i cittadini comunitari. Ma il vero obiettivo è far rimanere il Paese nell'Unione europea

Londra chiude le frontiere ai cittadini dell'Unione europea. Il Ministre dell'Interno britannico Theresa May ha annunciato, in una lettera scritta al Sunday Times, che il governo inglese approverà nuove regole contro l'immigrazione. Le nuove restrizioni che Downing Street intende adottare prevedono lo stop allo sbarco di cittadini europei alla ricerca di un posto di lavoro. Chi non avrà un contratto non potrà attraversare la manica per andare alla ricerca di fortuna.

Con queste misure la May intende colpire tutti quegli stranieri che, a suo dire, si trasferiscono in Gran Bretagna solo per approfittare degli assegni di disoccupazione o degli aiuti alle famiglie. Tra di loro anche molti studenti stranieri, in particolare quelli che restano nel Paese dopo aver finito i corsi. Per la ministra bisogna “rompere il legame” tra lo studiare in Gran Bretagna e il diritto a restarci e ha invitato gli studenti internazionali delle università inglesi a considerare la propria esperienza come “temporanea”.

L'ABOLIZIONE DI SCHENGEN
L'adozione di tali misure prevede l'abolizione de facto degli accordi di Schengen, che consentono ai cittadini, alle merci, ai capitali e ai servizi comunitari di muoversi liberamente all'interno del mercato unico europeo. Nonostante la Gran Bretagna formalmente non vi aderisca, essa ne partecipa ad alcuni aspetti, tra cui quelli della libera circolazione. Secondo il governo inglese esso “è responsabile della morte di centinaia di migranti che scappano dalla Siria per finire nelle grinfie dei trafficanti di esseri umani”. Per questo Londra  ha intenzione di rivedere le misure degli accordi che prevedono il libero spostamento degli esseri umani, per evitare che l'alto numero di immigrati già presente sui propri territori continui a crescere.

In Inghilterra vivono attualmente 8 milioni di stranieri regolari. I dati del Ministero degli interni parlano di 300 mila persone entrate nel Paese nell'ultimo anno, delle quali 63 mila provenienti dalla Ue e senza lavoro. Nella sola Londra risiedono circa 250 mila italiani, in tutto il Regno sono oltre 600 mila.

Nonostante la Gran Bretagna non abbia aderito alla moneta unica, essa è parte dell'Unione europea dal 1973. Ciò nonostante ha mostrato di avere una posizione contrattuale rispetto a Bruxelles che gli altri Paesi membri non hanno. L'annuncio di volere abolire Schengen, per esempio, avrebbe portato all'esclusione dalla Ue per qualsiasi altro stato comunitario. Nei confronti di Londra, invece, Bruxelles ha risposto convocando un vertice straordinario sull’immigrazione, che si terrà il 14 settembre, al quale parteciperanno i rappresentanti dei 28 Paesi dell'Unione. Una risposta 'light', che mostra come da parte delle istituzioni comunitarie sia concessa all'Inghilterra un margine di autonomia che agli altri membri è preclusa.

LE ORIGINI DELLA DECISIONE
Forte della sua capacità negoziale, il Regno Unito aveva già chiesto aiuto all’Unione europea a inizio agosto, sollecitando una soluzione sul lungo termine per frenare i flussi di migranti. “Queste persone credono che le nostre strade siano lastricate d’oro. Hanno idee irrealistiche di cosa possiamo offrire” aveva commentato il governo in una nota.

Particolarmente sentita è la questione di Calais, città francese sullo stretto della Manica, da dove migliaia di migranti africani e mediorientali salpano quotidianamente per raggiungere illegalmente le coste inglesi. Sia il governo inglese che quello francese avevano manifestato di volersi occupare del contrasto di tali flussi a tutti i costi.

Nonostante Bruxelles abbia risposto concedendo aiuti economici al governo inglese per gestire l'immigrazione, il premier David Cameron ha alzato la posta in gioco: in un primo momento ha promesso di costruire una barriera sulla Manica per fermare i flussi (“prenderemo i provvedimenti lungo i confini, inizieremo ad aiutare la Francia sulle loro coste, costruiremo recinti, metteremo più risorse e più assistenza e useremo i cani anti droga”, disse), poi ha dato il via libera alla chiusura delle frontiere ai cittadini comunitari.

LE CONSEGUENZE POLITICHE
Con l'adozione di tali misure Londra mostra di volere rispondere in primis non alle direttive di Bruxelles, ma alla diffusa e sempre più crescente opposizione degli inglesi all'immigrazione. Le statistiche mostrano infatti che ogni volta che Cameron abbia assunto posizioni anti-immigrazione i consensi verso di lui siano saliti nettamente. E vice versa. Quando infatti, nel 2014, esitò a condannare apertamente i flussi migratori, si è assistito a una fuga di voti dai verso le idee eurocritiche e anti-immigrazione dello Ukip di Nigel Farage, che costarono ai conservatori la sconfitta alle elezioni europee.

Rieletto lo scorso maggio, Cameron ha promesso agli elettori di ridurre drasticamente l'immigrazione verso l'Inghilterra, progetto che aveva fallito durante il suo primo mandato (2010-2015) durante il quale il numero degli immigrati in Gran Bretagna erano stati da record.

Maggiormente si combatte l'immigrazione, maggiori sono i consensi che si raccolgono. E Cameron ha un disperato bisogno di consensi, alla luce del referendum che si terrà alla fine del 2017, quando gli inglesi decideranno se vorranno rimanere o meno all'interno della Ue.

Cameron, da convinto europeista qual è, ritiene che i cittadini voteranno a favore dell'Europa solo se riuscirà a mostrare loro che è possibile fermare l'immigrazione pur essendo parte della Ue. Per questo è determinato a mostrare di potere conquistare alcune concessioni da Bruxelles, che restituiscano maggiori poteri a Westminster e indeboliscano di conseguenza quelli dell'Unione.

La questione cruciale, dunque, è la permanenza della Gran Bretagna all'interno dell'Europa. Cameron non ha intenzione di fare uscire l'Inghilterra dalla Ue – in quel caso la potente Confindustria britannica toglierebbe il proprio sostegno ai conservatori – e per questo l'abolizione di Schengen che ha in previsione riguarda solo le misure che prevedono lo spostamento delle persone e non delle merci, dei capitali e dei servizi.

Il primo ministro ha però bisogno di arrivare al 2017 con un forte consenso popolare, che gli permetta di convincere i cittadini a votare "Yes". C'è da aspettarsi, dunque, che nei prossimi due anni la politica inglese sarà all'insegna della lotta all'immigrazione. E della permanenza nell'Unione europea.