Il verdetto è previsto per domani. Ma, secondo quanto riferisce la Bbc, il gruppo di lavoro Onu, incaricato di dare un parere sulla condizione di Julian Assange, denunciata come «ingiusta detenzione» dalla difesa, avrebbe deciso di riconoscere le ragioni del fondatore di Wikileaks. Se confermata, questa decisione allontana la prospettiva che lasci l'ambasciata dell'Ecuador a Londra, dove è rifugiato da 3 anni, e si consegni alla polizia britannica.
Era stato lo stesso Assange ad annunciare di essere pronto a farsi arrestare laddove il parere Onu gli fosse stato sfavorevole.
Il comitato Onu per le detenzioni arbitrarie (UN Working Group on Arbitrary Detention) si pronuncerà comunque ufficialmente domani. Se la sentenza dovesse essere favorevole, come anticipato, stabilendo che di fatto si tratta di una forma di detenzione arbitraria e illegale, Assange potrebbe lasciare per la prima volta la piccola stanza di circa venti metri quadri in cui è rinchiuso dal 2012.
Quello che accadrà è comunque tutto da vedere, perché sulla testa del fondatore di WikiLeaks pende anche un mandato di arresto europeo emesso nel lontano 2010 dal procuratore svedese Marianne Ny. Nell'agosto 2010, immediatamente dopo la pubblicazione dei file segreti del governo americano sulla guerra in Afghanistan, il procuratore Ny ha aperto un'indagine su Assange per stupro, coercizione e molestie sessuali contro due giovani donne svedesi. L'indagine, però, è rimasta sempre – a distanza di sei anni dai fatti contestati – alla fase preliminare, perché Ny ha rifiutato per ben cinque anni di andare a interrogare Assange a Londra, dove si trova, per scagionarlo definitivamente oppure incriminarlo una volta per tutte e portarlo alla sbarra, e ha insistito invece sull'estradizione a Stoccolma. Estradizione a cui Assange si è sempre opposto temendo che sia solo il primo passo per l'estradizione negli Stati Uniti, in cui è in corso un'indagine su WikiLeaks per la pubblicazione dei documenti segreti del governo americano.
La paralisi giudiziaria ha intanto portato alla prescrizione di due delle accuse (coercizione e molestie sessuali). E con la prescrizione, sia le due donne svedesi sia Julian Assange hanno perso ogni possibilità che sia fatta giustizia per due delle tre accuse oggetto di inchiesta. Per la legge svedese, non è possibile rigettare la prescrizione, come ha confermato a l'Espresso la Swedish Prosecution Authority.
A rimanere in piedi è invece l'accusa di stupro, seppure Assange non sia accusato di una vera e propria violenza carnale, ma di una fattispecie meno grave di stupro, prevista dalla legge svedese: il fondatore di WikiLeaks avrebbe avuto un rapporto sessuale non protetto con una delle due donne. Prima di questo rapporto ne avrebbero avuto un altro in cui la ragazza avrebbe espresso chiaramente la richiesta di usare un condom. Questa accusa si prescriverà solo ad agosto 2020, ma non è chiaro se prima di allora il procuratore svedese Ny interrogherà davvero Assange che dal 2010 è in una situazione senza uscita: non viene scagionato, non viene incriminato, non viene interrogato, ma non può uscire dall'ambasciata di Knightsbridge per volare in Ecuador e godere del diritto di asilo.
Dal 2010, i legali di Assange chiedono che il loro cliente sia interrogato a Londra, invece che estradato in Svezia. Il procuratore Ny, però, ha rigettato ogni richiesta di interrogare Assange a Londra, fino a che, nel marzo 2015 ha accettato questa possibilità, dopo che una sentenza della Corte di Appello di Stoccolma ha censurato per la prima volta, pubblicamente, la strategia legale del procuratore: «La Corte d'Appello», recitava la sentenza, «nota comunque che l'indagine sui presunti reati è ferma e considera che il fallimento dei procuratori nell'esaminare strade alternative non sia in linea con i loro obblighi – nell'interesse di tutte le parti coinvolte – a mandare avanti l'indagine preliminare».?
“L'Espresso” ha ricostruito l'intera paralisi giudiziaria e l'impasse diplomatico che si è creato di conseguenza tra l'Ecuador, che ha dato asilo politico ad Assange, la Svezia che ne ha ordinato l'arresto a scopo estradizione per interrogarlo, e l'Inghilterra, che si dice obbligata ad arrestarlo su ordine della Svezia. La nostra ricostruzione del caso a partire dal 2010 si basa sui documenti ottenuti dall'accusa svedese (Swedish Prosecution Authority) con il “Freedom of Information Act” (Foia).
La sentenza di domani del Gruppo di lavoro sulle detenzioni arbitrarie delle Nazioni Unite, divisione dell'Onu che opera sotto l'egida dell'Alto Commissariato Onu per i diritti umani, è attesa ormai da mesi, dopo che Assange, tramite i suoi legali, ha chiesto alle Nazioni Unite di pronunciarsi sul limbo legale in cui si trova. Il Gruppo è lo stesso che si è pronunciato anche sulla detenzione illegale del premio Nobel per la Pace birmana, Aung San Suu Kyi.