Non solo Francia, il richiamo è rivolto alle città di tutto il mondo. Sarà il #globaldebout sulla scia della protesta nata oltralpe: prima i cortei, poi la piazza, ora l'occupazione. Da 70 giorni i giovani non si fermano e danno appuntamento al 15 maggio 

L'appello è per il 15 maggio: manifestazioni in città di tutto il mondo. Anche in Italia. Non solo Parigi, Marsiglia, Lione, Digione, Rennes, Nantes, Toulouse. Sarà il #globaldebout, come è già stato chiamato, il momento in cui la protesta nata in Francia contro la legge di riforma del mercato del lavoro proverà a dare l'abbrivo a una strada internazionale.

"Nuit Debout" è il movimento nato a marzo a Parigi contro un nuovo assegno alla precarietà, secondo i sindacati, staccato dal governo francese. Parole chiave: contrattazione interna alle imprese, licenziamenti economici per motivi precisi, referendum aziendali, flessibilità. Contro la riforma sono stati da prima i cortei. Poi: la piazza. Place de la République, diventata un simbolo dopo l'abbraccio nazionale in seguito agli attentati di gennaio del 2015, prima raramente attraversata dalle folle.




Ora, ha preso un nuovo volto: sulla statua al centro della grande piazza vengono appesi striscioni che chiamano all'occupazione. Perché da marzo, ogni pomeriggio e ogni sera, fino allo sgombero che arriva a lacrimogeni e manganelli a mezzanotte, i ragazzi francesi si sono presi quello spazio. Per discutere. Assemblee pubbliche, tavoli tecnici, una plenaria ogni sera, mani alzate, baracchini, musica, arte, c'è anche chi costruisce un "castello" per poter difendere meglio quell'arena ritrovata. Confronto diretto, partecipazione dal basso, protesta.

Ogni sera la polizia sgombera. Una ragazza mostra i lividi sulle gambe. Ogni pomeriggio, i giovani francesi tornano. «È qualcosa che non mi era mai capitato prima, che non credevo possibile. Ci confrontiamo su tutto. I problemi vengono discussi, analizzati. Ascolto esperienze nuove. Le questioni del lavoro, dell'economia, del genere. Le affrontiamo tutte. È la democrazia, capisci?», racconta una ragazza bionda all'amica prima del corteo del primo maggio.

A Parigi quel giorno c'è il sole. Place de la Bastille s'addensa di sigle, sindacati, bandiere, camioncini. Ma il tradizionale corteo dei lavoratori mostrerà presto l'altro abito nuovo del vento 2016 della protesta francese: un certo passo di rivolta, difficile da ricondurre alla sola richiesta di ritirare la legge. Nella capitale, come nelle altre città in cui il 28 aprile c'erano stati già grandi cortei, gruppi di giovani non si fermano alla sfilata. Ma attaccano. La polizia, soprattutto, che risponde con lanci di lacrimogeni fitti e continui, cercando di dividere i partecipanti. La folla (decine di migliaia di persone) però resta lì, non si muove.

I cori diventano presto: «Tout le monde déteste la police» («tutti odiano la polizia»). Intanto, in testa e agli angoli di strada, giovani coperti, preparati (caschi, maschere, guanti, abiti neri ­ i "black block", a ricordare Genova) si muovono, scrivono sui muri, attaccano. Accade a Parigi come in tutte le altre città in cui si avverano proteste rilevanti. Occupazioni di binari, lancio di vernice contro la polizia, scontri. Da settimane.

I 70 giorni di proteste non fermano però il governo. Per far passare la riforma, temendo le resistenze del suo stesso partito alla prova del voto, il primo ministro francese Manuel Valls ha deciso di fare ricorso a uno strumento (la legge 49.3) che permette al governo di far adottare il testo senza passaggi parlamentari. A commentare la mossa è arrivato anche Frank Underwood. L'account ufficiale della serie tv House of Cards ha scritto su Twitter al primo ministro francese Manuel Valls: «Democracy is so overrated», «La democrazia è sopravvalutata».


Valls ha risposto, ma nel frattempo ancora una volta una folla scendeva in strada contro la legge e ora, anche il suo iter d'approvazione. Ancora, il 12 maggio: pioggia e lacrimogeni, almeno 12mila persone a Les Invalides. Mentre si prepara l'appello globale.

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