Il colloquio con il professore tedesco che insegna all'Hebrew University di Gerusalemme: «Il successo di un programma politico sta nel "centro" della società. E la Kanzlerin è la sublimazione di questa politica post-moderna»

Se potesse votare direttamente il cancelliere, oggi il 53 per cento dei tedeschi sceglierebbe ancora Angela Merkel. E appena il 29 per cento si affiderebbe al suo rivale Martin Schulz, il presidente della Spd. Dal novembre 2005, con governi di diverso colore, Merkel è al potere sopra il cielo di Berlino. Nessuna crisi, neanche la più recente emergenza profughi, sembra scalfire l’enorme popolarità e simpatia che i tedeschi nutrono per la cancelliera. «Nella mente degli elettori la Kanzlerin è ormai un fantasma mitologico, un simbolo di stabilità», ?dice Dan Diner, docente di storia all’università di Gerusalemme.

A cosa si deve l’ostinata venerazione dei tedeschi per la loro Kanzlerin?
«È percepita come una cancelliera al di là dei partiti politici. Il suo successo si deve al fatto che lei rappresenta temi che parlano ai conservatori come ?ai socialdemocratici, ai verdi come ?ai giovani».

In dodici anni al potere ?si è trasformata in un mito?
«A differenza che da voi in Italia o in Francia, dove i partiti sono in crisi o dissolti, qui in Germania sono ancora molto stabili. Ma senza il fattore-Kanzlerin la Cdu oggi non raggiungerebbe mai il 40 per cento».

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Anche Gerhard Schröder sosteneva che il successo, più che in un partito ?o un programma, sta nel “centro” ?della società…
«Merkel è la sublimazione di questa politica del centro tanto che, per molti aspetti, lei svolge nella Cdu una politica socialdemocratica. Anche in questo senso ultra-partitico Merkel è in realtà una politica sempre più post-moderna».

Sarà, ma è anche una Kanzlerin europea o resta legata a interessi tedeschi?
«Non credo che Merkel sappia davvero cosa sia e significhi l’Europa. Tolta la sua retorica europeista, tutte le sue più importanti decisioni le ha prese non in una cornice europea, ma sempre guardando agli interessi tedeschi».

Non sarà proprio il suo profilo più europeo che non convince in Martin Schulz?
«La Spd è da sempre il partito-guida della socialdemocrazia europea. Ma oggi Schulz e la Spd sono i perdenti della doppia spinta di globalizzazione e politica migratoria. La socialdemocrazia nasce, nell’era Bismarck, dalla sintesi di Stato nazionale e del welfare. L’idea e la prassi di una Europa unita sono tradizioni della Cdu di Adenauer, non certo della Spd. Ed è questo il problema che ancora oggi Schulz sconta contro Merkel».

Quale problema?
«Nei comizi Schulz critica la politica migratoria ambigua e lenta della Kanzlerin. Ma più generosità nei riguardi dei migranti metterebbe in crisi il welfare e le conquiste garantite dallo stato sociale e dalla Spd in Germania. La Merkel tace o non prende posizione sul tema migranti, ma la Spd è spaccata in due: vuole più apertura sulla migrazione, ma i suoi classici elettori – operai, impiegati e insegnanti – sono i veri perdenti della globalizzazione. Schulz evoca più giustizia in Germania, ma data la situazione economica la gente si chiede meravigliata perché. Soprattutto per l’attuale stabilità economica la gente vota Merkel».

Economia a parte, qual è il significato delle prossime elezioni in Germania? Cosa c’è davvero in gioco per l’Europa?
«Né la Merkel nei suoi comizi né i suoi strateghi della Cdu ne parlano, ma negli anni Cinquanta un celebre slogan ?di Adenauer era: «keine experimente», nessun esperimento. Ecco, questa ?è la strategia di fondo della cancelliera: l’elogio dello status quo e della stabilità oggi raggiunta in Germania. La Merkel soddisfa il bisogno di sicurezza e ordine dei tedeschi, ma anche quello di continuità storica della Germania in una Europa e in un mondo in crisi».

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