
L’ex-premier della Saarland che la stessa Merkel, a gennaio, aveva nominato segretario generale della Cdu. È dall’aprile del 2000 che «la ragazzina», come la sfotteva il suo mentore Helmut Kohl, deteneva il potere dell’Unione cristiano-democratica.
Un partito - la Cdu - che 20 anni fa, dilaniato dallo scandalo dei fondi neri, rischiava l’estinzione. «Di fare la brutta fine della Dc italiana», ha ricordato la Kanzlerin nel suo discorso di addio. In cui ha rivendicato i suoi meriti, come le scelte difficili imposte ai tedeschi nei suoi 13 anni alla cancelleria.
Si deve a lei se il partito che fu di Adenauer e di Kohl è diventato molto meno conservatore nell’era-Merkel, meno macho e più liberale. Anche la Germania che, dopo la catastrofe di Fukushima, ha staccato la spina ai reattori nucleari, abolito il servizio militare obbligatorio e introdotto il salario minimo è un Paese anni luce diverso dalla Repubblica federale anni 90.
La politica, questo il credo della Merkel, è arte della mediazione; e i cristiano-democratici sono «quelli che credono nel compromesso«. Non avrà grandi utopie né entusiasmanti visioni, ma col suo pragmatismo la Merkel è diventata «die Mutter der Nation»: la mamma di tutti i tedeschi che, alle politiche del 2013, ha conquistato il 41,5 per cento dei voti. Crollando poi alle elezioni del settembre 2017 al 32,9; ed oggi nei sondaggi la Cdu arranca sul 26 per cento. È dal settembre 2015, dalla fatidica decisione di aprire i confini ed accogliere in Germania un milione di rifugiati che il partito della Merkel perde quota.
Certo, lei è ancora persuasa della bontà della sua decisione. Ma di fatto da allora i litigi con i bavaresi della Csu, specie col coriaceo ministro degli Interni Horst Seehofer, si sprecano. E la Cdu ha incassato una batosta elettorale dopo l’altra, prima in Sachsen-Anhalt, poi in Baviera e da ultimo nell’Assia.
Anche per questo il tramonto della Kanzlerin è meno roseo di quanto sembri, e la Cdu meno compatta di quanto lei dia ad intendere. La sua erede al trono infatti, Annegret Kramp-Karrenbauer, è stata eletta presidente per il rotto della cuffia: ad Amburgo solo il 52 per cento dei delegati l’ha votata. Mentre il 48 per cento ha optato per il più conservatore Friedrich Merz, il manager milionario già ribattezzato “l’Anti-Merkel”, tanto è il suo astio per la politica migratoria della Merkel. Wolfgang Schäuble, ex ministro delle Finanze e storico rivale della Kanzlerin, non ha dubbi: «Merz sarebbe stato un bene per la Cdu e la Germania».
Oltre alle europee, il prossimo anno sono indette elezioni in tre regioni dell’est, in Brandeburgo, Turingia e in Sassonia. Già ora in questi due ultimi Länder la Afd, il partito d’estrema destra, è montato ad oltre il 20 per cento.
Certo, il mercato del lavoro tira ancora in Germania e la disoccupazione è sotto al 5 per cento; ma un calo nelle esportazioni e consumi ha già fatto registrare contrazioni nel Pil. Ma più che una crisi economica o la crescita della Afd, è il crollo del partner al governo - una Spd ormai sotto il 15 per cento - che terrorizza Merkel. Per la terza volta Kanzlerin di una “Grosse Koalition” che in Germania in realtà ha fatto il suo tempo. Per Forbes, Angie sarà ancora «la più potente del mondo», ma che arrivi a fine mandato nel 2021 non è per niente scontato.