È il principale ostacolo alla nuova vittoria di Bibi. Ma non sono molto chiare le sue posizioni politiche: l'inno del suo partito si limita a dire che non ci sono più destra e sinistra

Benny Gantz
«Io e Benny siamo cresciuti a Kfar Achim, un moshav di sopravvissuti ungheresi e rumeni. Benny dava una mano ogni tanto nel lavoro agricolo del villaggio, ma i riferimenti alla gioventù passata nei campi che ripete in campagna elettorale sono più che altro un tentativo di rievocare la simbologia del pioniere sionista, capace di coltivare e far fiorire persino il deserto».

Yossi Erel, 68 anni, è un amico d’infanzia di Benny Gantz, l’ex capo dell’esercito che potrebbe impedire a Benjamin Netanyahu di diventare il Primo ministro più longevo della storia di Israele vincendo le elezioni dell’aprile prossimo.

Benny Gantz, figlio cinquantanovenne di genitori ashkenaziti sopravvissuti alla Shoah, di statura imponente, portamento aristocratico e voce stentorea, non aveva bisogno di tante presentazioni quando ha deciso di lanciare la sua sfida politica a Netanyahu. La sua fulminea carriera militare, culminata con ?la nomina a “Ramat Kal” (capo di stato maggiore) dal 2011 al 2015, lo aveva già reso una figura pubblica rispettata, ancorché mai venerata, da un pubblico israeliano sempre attento al tema della sicurezza. «Il Ramat Kal da noi è come il Papa», spiega un sostenitore arrivato in città per assistere alla sua prima uscita da uomo politico, il discorso del Tel Aviv Convention Center a fine gennaio. Un’occasione che Benny Gantz non ha perso per dipingersi come la reincarnazione del sionismo delle origini, il puro, austero ed ecumenico agricoltore-soldato, contrapposto all’ormai corrotta e smodata corte di Bibi, dimentica degli antichi mores.

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«Ho arato i campi prima con il cavallo e poi col trattore. Per 38 anni sono stato un combattente e un comandante. Ho preso decisioni dure e coraggiose, ho guidato i miei uomini oltre le linee nemiche», ha scandito in una sala decorata dai simboli vagamente marziali del suo partito. Seppur non lo abbia nominato a lungo, la sfida a Bibi riecheggiava in ogni passaggio. «Questo sarà un governo nazionale, non una monarchia, senza regali osceni e valletti di corte (un’allusione a beni di lusso, fra cui sigari e champagne, che imprenditori facoltosi hanno dato ?in dono a Netanyahu; ora rientrano nelle inchieste per corruzione che pendono come una spada di Damocle sul futuro politico). ?E ancora: «C’è già stato un re che diceva: lo stato sono io. ?Ma no. Non qui. Nessun leader è re in Israele».

Al collegio di HaKfar HaYarok, che frequentò fra i 14 e i 18 anni, Benny «si svegliava alle 4 per mungere le mucche, e alle 7.30 era in classe a studiare», racconta la sua insegnante Sarah Ran, che sembra a tratti farsi portavoce della sua campagna elettorale. Anche la figura del contadino caseario allude ai miti fondativi del sionismo della prima ora. Scriveva Amos Oz, lo scrittore israeliano mancato lo scorso dicembre: «Ma a comprare il formaggio arabo un poco si tradiva il sionismo: da qualche parte, in un kibbutz o in una cooperativa agricola, nella valle di Iezreel o fra le alture di Galilea, c’era una pioniera dalla vita dura, che forse con una lacrima negli occhi aveva incartato per noi quel formaggio ebraico - allora come avremmo potuto voltarle ?la schiena comprando formaggio straniero?».

Della sua carriera militare all’indomani della scuola di HaKfar HaYarok, Gantz ama ricordare le curve più celebri. Nel 1977 fa parte della squadra responsabile della sicurezza del Presidente Anwar Sadat durante la sua storica visita in Israele, prologo del trattato di pace del 1979. Noto è il suo ruolo nell’operazione Salomone del 1991, con cui 14 mila ebrei etiopi furono trasferiti in Israele, e nella cosiddetta “fascia di sicurezza” occupata da Israele nel sud del Libano fino al 2000, quando Gantz racconta di essere stato l’ultimo soldato a solcare il confine col Paese dei cedri prima di chiudere simbolicamente il cancello.

Dice di lui Dan Emergui, il responsabile delle sue comunicazioni radio nell’esercito: «È un uomo affidabile, pacato, autorevole ?al punto che non dava ordini, si limitava a chiedere, è uno che ?ti guarda sempre all’altezza degli occhi», ripete utilizzando un’espressione in ebraico che significa trattare l’interlocutore come un proprio pari. «Durante un appostamento in Libano, dopo 36 ore, fummo identificati dai terroristi che cominciarono a spararci addosso di tutto, compresi colpi di mortaio, Rpg: lui mantenne la calma e il disimpegno si concluse senza morti ?o feriti. A 28-29 anni era già responsabile di squadre intere ?di elicotteri e di carri armati».

Se rinomate sono le sue gesta da militare, i silenzi prolungati ?di Gantz rendono difficile inquadrare le sue posizioni politiche. L’inno del suo partito si limita a scandire «non ci sono più destra e sinistra» nel ritornello.

Le speranze di chi sognava un nuovo Yitzhak Rabin, ex generale divenuto pacifista in politica, sono però rimaste deluse fin dal primo video della campagna di Gantz, in cui si vanta per la distruzione e i morti causati a Gaza nella sanguinosa e inconcludente operazione del 2014. Rimane una grave macchia nella sua carriera, ma tanto serve per sedurre ?il pubblico israeliano, chiosano i più, anche a sinistra. Persino ?il progressista Haaretz lo ha decretato una valida alternativa ?a Netanyahu: «Possiamo fantasticare di traffico, di ospedali ?e del prezzo del formaggio, ma al dunque Israele ha bisogno ?di un leader capace di sangue freddo sotto il fuoco nemico», ?ha scritto Aluf Ben, il direttore.