Arresti, violenze, minacce. E cento comuni si dichiarano “Lgbt free”. L’organizzazione All Polish Youth: «Non vogliamo fare male agli omosessuali, ci basta che si nascondano»

Jakub Urbanik
Gli Lgbt «non sono persone bensì ideologia. E questa è peggio del comunismo», ha detto il presidente polacco Andrzej Duda lo scorso giugno, qualche giorno prima delle elezioni. E i suoi fan ne sono stati entusiasti: «I gay vogliono essere considerati famiglia? Sono spazzatura», gridava una sostenitrice del presidente. «Lgbt è sinonimo di pedofilia», spiegava un altro. «Sono l’anticristo. Sono quelli che lo prendono in c**o», dicevano altri due.

La strategia omofoba finalizzata a ottenere consenso da parte del PiS, il partito che appoggia Duda, negli ultimi due anni è riuscita con successo a seminare il panico spargendo la voce di una invasione di una presunta “ideologia Lgbt” che, a loro detta, vorrebbe imporre nuovi schemi sociali familiari pericolosi, distruggendo il matrimonio tradizionale e introducendo un’educazione sessuale nelle scuole accusata di favorire la pedofilia. Prima del ballottaggio finale del 12 luglio, al quale Duda ha vinto di misura, la finestra di un edificio di Varsavia dove abita una coppia omosessuale è stata indicata con due frecce e la scritta «qui vivono due froci del cazzo». Altri episodi di questo tipo si sono verificati in tutto il Paese.

«Quando Duda ha vinto le elezioni, pensavamo che tutto sarebbe finito visto che non c’era più uno scopo politico», spiega all’Espresso il professore di Diritto all’università di Varsavia Jakub Urbanik. «Invece dopo le cose hanno preso una piega ancora più preoccupante. I politici, con i loro messaggi d’odio nei nostri confronti, hanno svegliato una bestia che difficilmente scomparirà».

Subito dopo le elezioni, tre attiviste Lgbt sono state arrestate. Una con l’accusa di aver vandalizzato un furgoncino di un’organizzazione omofoba, le altre per aver coperto monumenti storici e religiosi della capitale con bandiere arcobaleno, infrangendo il codice penale. La più conosciuta, Margot, è stata condannata a tre mesi di prigione. Quando alcune persone, in sostegno della loro causa, sono scese in strada per manifestare pacificamente a Varsavia, la polizia ha arrestato e picchiato a caso.

«Gli attacchi contro gli omosessuali sono aumentati e mi chiedo se non sia il momento di cominciare a nascondere la mia identità», continua Urbanik, presente alla manifestazione. «Oggi mi sento in pericolo nel mio Paese. Si può percepire il crescente odio verso di noi», aggiunge Magdalena Dropek, attivista Lgbt che pure era alla manifestazione e racconta che un passante le ha gridato di «andare in chiesa a purificarsi».

In questo quadro, circa 100 amministrazioni comunali e regionali (che equivalgono a circa un terzo del territorio polacco) hanno varato norme locali per stabilire zone “Lgbt-free” o “zone libere dall’ideologia Lgbt”, con l’intento dichiarato di «difendere i valori tradizionali». In che cosa consistono queste regole? Lo spiega ad esempio la stessa Magdalena Dropek: «La mia associazione voleva organizzare una serata in uno di questi comuni. Ci hanno detto che non avrebbero organizzato “eventi ideologici”. Due mesi dopo, con fondi pubblici, hanno organizzato una conferenza omofoba».

Anche alcuni voivodati, le provincie polacche, hanno introdotto norme simili. Come quello della Piccola Polonia, che ha come capoluogo Cracovia. «È assurdo che ancora nel 21esimo secolo, a Cracovia, nel mezzo dell’Unione europea, siamo esclusi dalla comunità solo per essere Lgbt», continua Dropek.

Ma nelle campagne la situazione è peggiore. Ad esempio il comune di Wilamowice, nella Slesia meridionale, è una Lgbt-free zone dal 2019. «Non significa che non possiamo entrare o ci arrestino», spiega S?awomir Kokol, giovane attivista Lgbt della vicina cittadina di Bielsko-Bia?a. «Ma qui non ti senti il benvenuto, diciamo, e capisci subito che le autorità non sono dalla tua parte. Per venire devi essere coraggioso, insomma, di certo non puoi essere te stesso. Banalmente, è impensabile prendermi per mano con il mio ragazzo. Certo, non subiamo violenza fisica, ma conosciamo bene quella verbale. Ad esempio per strada ti senti dire che dovrebbero riaprire Auschwitz e che a noi dovrebbe pensare Hitler».

Secondo il commissario per i diritti umani polacco Adam Bodnar, queste dichiarazioni locali per costituire aree Lgbt-free «sono contro la Costituzione perché escludono un’intera comunità dall’accesso a servizi sociali e fondi o lavori. Le autorità locali non hanno il diritto di votare tali dichiarazioni», che tuttavia continuano a essere approvate.

I loro promotori sono varie organizzazioni conservatrici, la più conosciuta delle quali si chiama Ordo Iuris, un istituto di avvocati. Tymoteusz Zych, direttore dell’ufficio culturale dell’istituto, lo spiega apertamente: «Ci opponiamo all’ideologia Lgbt che vuole cambiare il ruolo della famiglia tradizionale e introdurre un tipo di educazione sessuale promiscuo nelle nostre scuole. Il matrimonio è speciale e resta l’unico ambiente sano per l’educazione dei bambini. Abbiamo i dati. È provato inoltre che chi cresce con genitori omosessuali ha meno successo nella vita. Le carte per i diritti della famiglia sono parte della libertà d’espressione e non menzionano gli Lgbt».

Hubert Sobecki, attivista Lgbt dell’organizzazione “L’amore non esclude” spiega come opera Ordo Iuris: «Sono molto influenti a livello politico e hanno molti fondi. Mandando nei vari comuni i cosidetti “esperti”, convincono le autorità locali a introdurre queste dichiarazioni».

L’espansione delle zone Lgbt-free è stata una reazione, sostiene il commissario per i diritti umani Bodnar, «all’introduzione, nel febbraio del 2019 da parte del sindaco di Varsavia Rafa? Trzaskowski, di una dichiarazione cittadina che proteggeva la comunità Lgbt e nella quale figurava anche l’introduzione di una nuova forma di educazione sessuale secondo gli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità. «La quantità di fake news diffuse su questo tema è stata incredibile», commenta Marek Szolc, membro del consiglio comunale di Varsavia. «Alcuni politici hanno pure detto che era pedofilia».

Non la pensa allo stesso modo Magdalena Czarnik, vicepresidente dell’organizzazione “Genitori che proteggono i bambini” di Cracovia: «Non ho nulla contro gli Lgbt. Ma non vogliamo che insegnino o convincano i nostri figli a provare nuovi orientamenti sessuali con la loro propaganda». Sulla stessa falsariga Mateusz Marzoch, portavoce di All Polish Youth, organizzazione nazionalista di estrema destra: «Non vogliamo arrestare gli omosessuali. Ma vogliamo che si nascondano. Sappiamo che vogliono ottenere l’adozione dei bambini per abusarne e non lo accettiamo».

A dicembre del 2019 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che condanna proprio le Lgbt-free zones polacche. E a fine luglio l’Ue ha bloccato l’erogazione di fondi per un progetto di gemellaggio a sei comuni polacchi che avevano introdotto queste dichiarazioni. Il ministro della giustizia Zbigniew Ziobro ha criticato la decisione dicendo che «l’Unione europea dovrebbe trattare i suoi cittadini in maniera eguale rispettando la libertà d’espressione».

Nonostante tutti questi eventi, molti sono convinti che la questione sia tutta politica. Come Cezary Gawris, redattore della rivista cattolica moderata Wiez: «I polacchi non sono omofobi. C’è una grande cultura della tolleranza. Il PiS però governa con metodi controversi e autoritari. Se nel 2015 ha sostenuto la sua campagna sfruttando l’ondata di rifugiati, quando hanno capito che non funzionava più hanno trovato negli Lgbt il nuovo nemico comune, affiancati dall’ala più conservatrice della chiesa cattolica. L’arcivescovo di Cracovia ha dichiarato che dopo la peste rossa, ovvero il comunismo, bisogna proteggersi dalla nuova peste arcobaleno».

La Chiesa, in tutto questo, è un attore cruciale. Come ricorda Sobecki: «Nelle zone rurali ci sono ancora molti preti che dicono ai contadini per chi votare. Ecco perché i politici hanno bisogno del loro appoggio».

«La verità è che i politici hanno dimostrato di essere pronti a tutto per aumentare il potere. Anche mettere in pericolo due o tre milioni dei loro cittadini», afferma Szolc. «Il problema Lgbt distrae dai veri problemi del Paese come la crisi economica. Non credo che i politici siano realmente omofobi. L’escalation delle ultime settimane è dovuta anche a una frattura politica all’interno di PiS e delle formazioni satelliti. Vogliono mostrare chi è più forte e usano gli Lgbt per misurarsi», aggiunge Urbanik. «Sono sicuro che tutto cambierà», conclude Dropek: «Basta non abituarsi all’odio».